domenica 27 marzo 2022

[Recensione] Martin Mystère n. 385: "Il potere del falco" (11)

Martin Mystère n. 385 (mensile)

"Il potere del falco" (11)
Pubblicato nel marzo 2022 da Sergio Bonelli Editore 

Storia: Carlo Andrea Cappi

La vicenda si svolge quattro mesi dopo la visita di Martin a Città del Capo, avvenuta nel 2019, come raccontato nel capitolo 8, e circa un anno dopo la visita di Erickson, avvenuta nel febbraio 2019, come raccontato nel capitolo 10.
La narrazione si concentra su New York, nei preparativi per la risoluzione della vicenda, e ancora una volta, l'ultima, tre sottotrame si intrecciano, convergendo verso il letale epilogo del prossimo capitolo.
Ignaro di essere spiato da un software che lui stesso ha installato sul suo computer, credendolo un omaggio per una recensione, Martin Mystère decide finalmente di rivelare a Diana i dettagli della sua insolita indagine intermittente sulle statuette egizie, e Diana contribuisce nell'analisi del mistero; grazie a lei, Martin giunge a conclusioni che finora ci erano sfuggite (nonostante gli indizi) sul funzionamento delle statuette e sul motivo per cui solo certe persone riescono a sfruttarli.
Contemporaneamente, C.A. Cappi rimette in scena i Guardiani del Deserto del capitolo 8 (che quindi non erano una fugace apparizione semi-comica), tramite il loro emissario a New York, il giovane Harkhuf, intenzionato apparentemente a eliminare Martin Mystère per le sue azioni blasfeme (Martin intende mostrare in televisione la statuetta di Bastet).
Balzando indietro nel tempo (ma non di molto), prima della morte dell'Uomo In Nero Harris avvenuta nel 2019 e vista nel capitolo 7, il reverendo Brian Westmoreland dei Cercatori del Paradiso fa nuovi piani per eliminare la spietata Danielle Dannay, la cui ossessione per le statuette l'ha portata a sua volta a pianificare l'omicidio di Martin Mystère.

venerdì 25 marzo 2022

[Recensione] Topin Mystére e Orobomis la città che cammina

"Topin Mystére e Orobomis la città che cammina"

Storia e arte: Andrea "Casty" Castellan
Chine aggiuntive: Luca Giorgi
Prima pubblicazione: Topolino n. 3250, 7 marzo 2018

 E' fin troppo noto come i fumetti Walt Disney italiani abbiano dato vita a una pluridecennale tradizione di parodie (abitualmente rielaborazioni di opere letterarie o di film), che ultimamente sconfinano anche nella reinterpretazione di personaggi di fantasia divenuti famosi quasi quanto Topolino nell'immaginario collettivo (è del 2018 Topo Maltese: Una ballata del mare salato, per esempio).

 Nel caso della presente topolinizzazione di Martin Mystère, però, il termine "parodia", per quanto ufficiale, è colossamente fuorviante: l'autore completo Andrea "Casty" Castellan scrive infatti una storia articolata, dettagliata, arguta, ingegnosa, creativa e mysterianamente competente come la più classica delle avventure dell'epoca d'oro del vero  Martin Mystère. E non è un caso dovuto al nomen omen (anche il dotto articolo introduttivo, presente per esempio in Disney Team n. 95, sottolinea la significativa assonanza col cognome del Buon Vecchio Zio Alfredo Castelli), ma una questione di radici comuni: tra le influenze che lo hanno formato, Castelli annovera infatti anche il Topolino avventuroso della memorabile epoca di Lloyd Gottfredson, di cui si trovano tracce e citazioni nelle sue storie Mysteriane (l'omaggio di Drusilla in Fumetti del mystero non dovrebbe sfuggire alla memoria del lettore mysteriano). Di conseguenza, Casty realizza una parodia che, per Topolino, è in realtà un ritorno alle origini (vale la pena di notare che i "veri" Topolino e Pippo, transitando in ben due sequenze del fumetto, sfiorano la rotta di Topin Mystère senza mai incontrarlo).

 E' inutile spiegare il motivo per cui questa "parodia mysteriana" è scritta appunto come una storia mysteriana tra le più classiche, in quanto è nota a tutti la vasta capacità di Casty di analizzare e dissezionare qualunque opera narrativa, per individuarne i componenti fondamentali, comprenderli, farli propri e rielaborarli in un lavoro che fonde gli archetipi a un'interpretazione fresca che è capace del paradosso di essere "innovativa nel solco della tradizione". Come detto, Casty parte avvantaggiato, perchè si tratta in realtà di lavorare con materiale squisitamente topolinesco, ma l'autore non si ferma qui, in quanto la storia dimostra che la sua comprensione della mysterianità non si limita alle connotazioni commerciali e superficiali per cui il personaggio di Martin Mystère è convenzionalmente noto ai profani (e persino ad alcuni sceneggiatori della sua serie): nella storia compaiono infatti frequenti e sottili annotazioni e rimandi all'opera mysteriana di Castelli, dalla bibliofilia alle testimonianze storiche impossibili, dal ruolo arguto di Dinni (maestra "elementare", sebbene la sua sia una scuola materna) alla fascinazione geografico-etnologica, dal pensiero laterale alla Ferrari targata BVTM, e non solo.
 
Particolare menzione merita il personaggio di Piotr Gaglioff, cioè Pietro Gambadilegno in stile Sergej Orloff (completo di maschera, uncino e abiti antiquati), per gli strati di citazionismo di cui è intriso: involontariamente comico e autoparodistico (come da tradizione Disney), ma anche spietato e scaltro e propenso all'uso delle armi (vietatissime nei moderni fumetti Disney), Gaglioff si rivolge a Topin parafrasando il tradizionale "Ti ho acchiappato, Topastro" di Gambadilegno; questa locuzione, molti anni fa, fu citata da Alfredo Castelli nella guida a come si doveva scrivere un fumetto di Martin Mystère, usandola per spiegare rapidamente la deriva che il personaggio di Orloff stava subendo nella serie di Martin Mystère, dove continuava a subire cocenti sconfitte per poi tagliare la corda e tornare all'assalto nella storia successiva senza aver imparato la lezione (e diventando quindi un analogo di Gambadilegno). Centellinando la logorrea di Topin (in alcune vignette in cui gli interlocutori devono sostenere letteralmente/fisicamente i suoi verbosi baloon),  Casty ci parla anche di come Martin e Sergej siano due facce della stessa medaglia che hanno bisogno una dell'altra: per quanto chiuda la cosa umoristicamente, noi lettori mysteriani siamo fin troppo consapevoli di cosa trapelò ad Agarthi durante l'iniziazione dei due personaggi, e di come si sia effettivamente evoluto il loro rapporto.
Il mystero di turno, cioè la città che compare nell'arte di popolazioni di ogni epoca e località, dal Sudamerica degli Incas alla Toscana di Leonardo, conduce Topin e amici fino in Africa, per imbattersi in un Monolito che sembra potenziare l'intelligenza di chi vi entra (citando quindi contemporaneamente le tecnologie atlantidee spesso ipotizzate da Alfredo Castelli, ma anche il film 2001: Odissea nello spazio, altra presenza ben nota nella saga mysteriana), e infine in un'impossibile città che esiste sotto gli occhi di tutti ma passa inosservata, al cui interno abbondano tecnologie avveniristiche, ma antichissime (come gli ologrammi educativi dei defunti abitanti della città, e le sfere che custodiscono lo scibile umano suddiviso in infinite categorie). Tra topoi mysteriani come la ricomparsa di archeologi scomparsi, voltafaccia del promotore della ricerca, segreti inconfessabili, racconti nel racconto che svelano l'arcano della città, si giunge infine al nodo classico dell'abuso della tecnologia in questione, con conseguente crollo e distruzione dell'antica e idilliaca Orobomis... o forse no, perchè Casty giostra argutamente anche con questo tormentone, regalandoci una variante piacevolmente insolita.    

Tutto ciò declinato col supporto della competenza dello sceneggiatore, che nel suo lavoro garantisce solidità dell'impianto narrativo, efficienza del meccanismo logico della sceneggiatura, fluidità della narrazione, chiarezza espositiva, felice costruzione di atmosfera e tensione  alternate a ironia e leggerezza, vivacità dei dialoghi, caratterizzazione impeccabile nella definizione e nell'esposizione. Il divertimento di Casty nel narrare è continuo, tanto nella parodia quanto nei grandi momenti di invenzione del mystero e in quelli di senso della meraviglia che conducono senza sosta in territori inesplorati. L'Avventura con la A maiuscola, ricercata e vissuta sempre con il desiderio di apprendere e condividere, di usare la propria intelligenza e di stupirsi della vastità del mondo, è ciò a cui ambisce Casty, ed è sempre stato anche il motore di Castelli, "l'onnivoro della cultura": era destino che la carriera di uno si intrecciasse con l'opera dell'altro, specialmente con un retroterra culturale comune come le avventure del citato Topolino di Gottfredson.

L'arte è azzeccata quanto la storia, inevitabilmente, capace com'è di momenti di grande suggestione, per la regia e la composizione delle vignette, e di stupore, per la grandiosità delle evocative e/o titaniche vignette del monolito, dell'ingresso a Orobomis, delle mirabili tecnologie automatiche che tengono in vita la città e via di visionaria spettacolarità.

mercoledì 16 marzo 2022

[Recensione] Martin Mystère n. 385: "L'ombra di Michelangelo"

Martin Mystère n. 385 (mensile)
"L'ombra di Michelangelo"

Storia: Francesco Matteuzzi
Arte: Michela Da Sacco
 
 Ritorno alle origini, ma sul serio? Ai "vecchi tempi" (che ogni lettore baserà sul proprio primo incontro con Martin Mystère), un fumetto come il presente sarebbe stato probabilmente considerato un normale riempitivo, sulla falsariga di Sulle tracce dell'invisibile od Obiettivo Apocalisse, anche se più curato. Forte è infatti la tentazione di liquidarlo come una pedissequa esecuzione di uno schema consolidato, che accorpa meccanicamente gli stilemi storici di Martin Mystère. Ma fermarsi a un giudizio così superficiale sarebbe un triste errore, per due vistosi motivi, che vanno oltre il già di per sè rilevantissimo "ritorno alle origini" tanto auspicato da una certa fetta di lettori (e finora concretizzatosi solo malamente, con storie che hanno sì ripreso elementi storici o comunque della continuità, ma quasi sempre in modo posticcio e sterile).
 Segnali di stile Il primo motivo, dopo lo spavento degli ultimi albi, è che in tempi gramissimi di deriva mysteriana, tra scopiazzamenti di film e libri, o storie insensate completamente prive di mystero, bisognerebbe "baciarsi i gomiti" all'arrivo di uno sceneggiatore che non solo dimostra di conoscere una mole di elementi fondamentali della serie, ma li utilizza anche, magari andando in parte contro le indicazioni di una redazione che favorisce le storie di "azione", lineari nella narrazione e rassicuranti nei blandi e dozzinali contenuti. Il secondo motivo è che, all'utilizzo della cosiddetta continuità della serie, si unisce qui anche una chiara qualità di scrittura, che va oltre la scansione narrativa atta a risolvere la trama di turno: nel lavoro di Matteuzzi, sceneggiato in modo fluido e accorto, troviamo dialoghi arguti e pertinenti, caratterizzazione coerente e una quantità di annotazioni interessanti e stimolanti, che si succedono con buon ritmo. Se per certi aspetti, come l'uso consapevole dell'universo mysteriano, o certe battute brillanti sui vizi di Martin, la competenza di questo "nuovo arrivato" è tale da far pensare a un contributo della redazione, per altri è impossibile che non si tratti di "farina del suo sacco", visti i contenuti e i livelli di lettura della narrazione, non tutti immediati come si penserebbe. Non va trascurato il livello stilistico di cui l'autore dà prova, evidenziato per esempio dal silenzioso parallelo tra i piccioni e Michelangelo nella prima sequenza del diario (tutto affidato al versante artistico). L'impegno nel costruire una impalcatura fantastorica di matrice mysteriana appare anche in piccoli dettagli mai esplicitati dai dialoghi, come la conformazione del corridoio di accesso alla serra degli alberi della conoscenza: il tunnel mobile con apertura anteriore, infatti, imita struttura e movimenti di un serpente, rientrando quindi implicitamente tra gli elementi reali che concorsero a costruire il mito del paradiso perduto. 
 Michelangelo, Uomo in Nero
Come da tradizione dell'opera mysteriana di Alfredo Castelli e Carlo Recagno, la doppia sequenza ambientata del 1500 (narrata dall'immancabile diario) e dedicata a Michelangelo Buonarroti non è mera cronaca, ma una libera rielaborazione degli eventi, che ci elargisce un raro e accurato spaccato dell'esistenza passata degli Uomini in Nero, nonché della complessità pratica della loro filosofia. Certo, tutti noi appassionati sappiamo dell'esistenza di Falchi e Colombe nell'organizzazione, ma raramente ne abbiamo visto il conflitto in modo esplicito, e per di più in un'altra epoca, dove i mezzi, la società e il modo di pensare erano diversi. In questa faida interna degli UiN, la figura di Michelangelo si innesta con coerenza storica e culturale, a dimostrazione del talento dell'autore (che non si è limitato a macinare lo stereotipo del personaggio storico che nasconde un grande segreto e lascia in giro indizi per svelarlo): Michelangelo è infatti un affiliato della Confraternita (così si chiamavano gli UiN nel passato), perchè è bramoso di accedere alle conoscenze scientifiche perdute che essa custodisce, ma nello stesso tempo non vuole essere vincolato a nascondere queste conoscenze, neanche per la motivazione della presunta protezione  dell'umanità: in questa descrizione si riflette la figura storica del personaggio, servitore della Chiesa Cattolica per necessità, ma anche "neoplatonico" ricercatore della conoscenza e propugnatore della diffusione della stessa, nonché di quella libertà di pensiero che era tanto sgradita al dogma cristiano (come ben spiegato nell'albo, in riferimento allo studio dell'anatomia umana).
Non disturbare il religioso Inusitatamente, infatti, Matteuzzi riporta in scena un tema che scomparve dalle pagine di Martin Mystère molti anni fa, dopo la figuraccia rimediata dall'infantile manicheismo narrativo de Il teatro della memoria, e le imbarazzate scuse di Xanadu, mutandosi nella quasi militanza de Il numero della bestia: la critica al dogmatismo religioso, che per sua stessa natura deve soffocare o incanalare la ricerca, l'espressione, la creatività, l'istruzione. A decenni da Maghi e computer, ci ritroviamo miracolosamente (!) con un autore mysteriano che nuovamente, e senza incorrere in autocensure preventive, osa dare voce alla ragione di Michelangelo, che dichiara apertamente che la divinità, di qualunque religione, è mero frutto della mente umana.
 Arte per l'arte
Come per i testi, anche per il versante artistico c'è un nuovo ingresso nell'universo degli autori mysteriani, e Michela Da Sacco viene subito messa alla prova con una storia che richiede ambientazione urbana moderna, ricostruzione rinascimentale "in costume", scene d'azione, celebri sculture e affreschi (per i quali non è sempre facile ricorrere a qualche scorciatoia digitale) e infine la temibile tecnologia avveniristica e "diversa" delle scomparse civiltà di Atlantide e Mu. Nel complesso il risultato è più che discreto, con parecchi momenti felici (soprattutto nei primi piani), ma anche un po' di vignette "tirate via", specialmente nei panorami dove il rigore tecnico cede il passo alla fretta. 
 Arriva l'Europa Non tutto fila alla perfezione neanche sul versante narrativo, comunque, un po' per i limiti delle 80 pagine di fumetto, un po' per i dettami della redazione (che a quanto pare esige una certa quantità di "azione"). Ecco quindi che dall'organizzazione francese di Le Centre (ma con una sfilza di riferimenti a Chris Tower tali da far pensare che la sceneggiatura originale parlasse invece di Altrove) arrivano due personaggi che sono lo stereotipo della quota rosa/etnica obbligatoria, a cui si contrappongono, in ben due improbabili schermaglie, tre Uomini In Nero incredibilmente imbranati, forse in quanto maschi bianchi, o forse in quanto Europei e quindi capaci solo di fare la voce grossa e minacciare sanzioni, salvo poi vedersele ritorcere contro e fare retromarcia quando l'avversario reagisce con la forza.
 Che paura, la continuità Ma si tratta decisamente di un aspetto estremamente marginale, su cui è facile sorvolare: le sparatorie da cui gli eroi escono sempre illesi sono all'ordine del giorno sin dai primi dieci albi della serie; anzi, a ben guardare, fanno parte del citato ritorno alle origini.
Intanto, un'altra tradizione si ripropone con la comparsa dell'ennesimo compagno di studi di Martin, incredibilmente arzillo e giovanile, nonostante sia suo coetaneo (ma come abbiamo spiegato qui, è una situazione normale, perchè l'universo narrativo di Martin Mystère non è il nostro, per quanto gli somigli, bensì quello in cui Atlantide è esistita diecimila anni fa, ed è quindi regolato da diverse leggi). Ma c'è ben altro a radicare questo albo in maniera solida nelle fondamenta della serie, e non è certo l'ennesimo macchinario antidiluviano (Atlantideo o Muviano?) che potrebbe autodistruggersi nel finale, nè la battuta autoironica con cui Martin accompagna questa osservazione.
Il segreto di Robin Hood
 Stiamo parlando della continuità narrativa, quella vera, che non viene neanche esplicitata con le note, e che comunque funziona: qualcuno potrà aver notato che la conoscenza assoluta fornita dal "fico atlantideo" coincide con il Databank Universale di Jaspar, e quindi con l'Akaschi (come spesso abbiamo spiegato su queste pagine, spingendoci a narrarne le origini secondo noi), ma solo un lettore ci ha scritto per spiegarci che i computer biologici vegetali della serra antidiluviana, con cui gli scienziati di diecimila anni fa sembrano interagire tramite un macchinario meramente tecnologico, sono una copia artificiale (e imperfetta) degli enigmatici alberi della conoscenza visti ne Il segreto di Robin Hood (Almanacco 2005), i quali erano macchinari biologici di possibile matrice aliena, molto più antichi delle stesse Atlantide e Mu e disseminati in tutto il mondo.
Il segreto di Robin Hood
La simmetria tra gli alberi delle due storie non si ferma alla funzione comune di raccolta dei dati di tutto il pianeta: il legno degli alberi de Il segreto di Robin Hood, anche se trasformato in carta, dava a chi lo maneggiava la facoltà di accedere a ogni genere di informazione, sebbene senza impazzire; ne va da se che l'ingestione di un frutto di uno questi alberi, sebbene artificiali come il fico, deve avere un effetto molto più drastico e radicale (sebbene la follia non sia l'esito certo: l'UiN che mangia il fico, infatti, sembra impazzire, ma viene ammazzato senza darci di sapere come si sarebbe evoluto effettivamente). Ne Il segreto di Robin Hood, inoltre, si cita l'analogo talento di Jaspar, e dato il suo legame con l'Akaschi e quindi con gli Esagoni che raccolgono informazioni sin dall'alba dei tempi, il cerchio si chiude.
Ma non è finita qui: chi volesse rileggere quella storia, orma divenuta un classico, troverà anche altre analogie e simmetrie con L'ombra di Michelangelo, a partire dalle diatribe interne tra gli Uomini In Nero dell'epoca di Robin Hood, in una delle già citate e rare sequenze del passato in cui questa organizzazione viene descritta come qualcosa di più complesso della immutabile e immortale congregazione di maniaci del potere e assassini dotati di un pensiero unico, granitico e immutabile.
 Citazioni involontarie La vicenda si chiude, ancora una volta, con Martin Mystère che sposa la filosofia degi Uomini In Nero, e collabora con essi per nascondere per sempre il lascito atlantideo-muviano, e precludervi l'accesso ai suoi simili: curiosamente, è un finale che richiama Topolino e il cavatappi di Tuzco, da noi segnalato solo pochi giorni prima dell'uscita de L'ombra di Michelangelo.
 Il futuro e il passato
 Sembra opera della redazione la sibillina allusione alle verità sconosciute sugli uomini di Neanderthal, e in particolare sulla specie di Java: come già in passato è accaduto nella serie, potrebbe essere un indizio di importanti sviluppi che avranno luogo durante il quarantennale della serie. Di segno temporalmente opposto è invece il riferimento a quei libri di Martin Mystère in cui si parla di Atlantide: si affronta qui, e si spiega in modo accettabile, il fatto che lo "scetticone per partito preso" è afflitto da questa colossale contraddizione di essere anche un fautore della favola delle civiltà antidiluviane autodistruttesi diecimila anni fa. Finalmente, dopo troppe storie di implicito rinnegamento (o addirittura di manifesto disinteresse), Martin torna a riconoscere questo aspetto fondamentale del suo personaggio, quando afferma di presentare la cosa come un'ipotesi, e lascia al collega/amico la libertà di credervi o meno.   
 Il ritorno della curiosità Matteuzzi ci restituisce quindi il piacere di rileggere e riscoprire angoli dimenticati della saga mysteriana, in una storia che si finge autoconclusiva, per non spaventare quelle anime semplici che soffrono di epistassi non appena compare una didascalia di riferimento a un altro albo. Ma lo sceneggiatore non si ferma qui: con il suo uso accorto e misurato (a causa del numero di pagine?) dei dettagli storici più stuzzicanti, ci spinge a documentarci in rete, facendoci quindi ritrovare anche il piacere tutto mysteriano di documentarci per approfondire. Ecco quindi che andiamo alla ricerca di informazioni su il fico come Albero della Conoscenza, ma anche sull'origine dell'interpretazione del dio creatore come un cervello, per scoprire che il primo studio in merito, An Interpretation of Michelangelo's Creation of Adam Based on Neuroanatomy, è statunitense e risale al 1990; nella stessa pagina troviamo anche un prezioso approfondimento sul contesto culturale in cui si muoveva Michelangelo, e apprendiamo così come l'artista fosse partecipe dell'elitario pensiero neoplatonico e ne abbia probabilmente tradotto i concetti in certe sue opere; capiamo quindi quanto è ben studiata e circostanziata la summenzionata idea di Michelangelo come Uomo In Nero pentito (li ha frequentati in quanto gruppo che ha accesso a informazioni elitarie, e ha tradotto dette informazioni in arte). E se questo non è un riportare la serie di Martin Mystère ai tempi d'oro dei suo memorabili fasti, cos'altro lo può essere? E ritorniamo così all'argomento con cui avevamo aperto questa recensione, chiudendo il cerchio per nostra soddisfazione.

 E il resto? Non ce ne siamo dimenticati. La rubrica di Fantasmagoria ci propone quello che da sempre auspichiamo: un arricchimento del fumetto, in sintonia con esso, invece che un disperato tentativo di rimediare alla povertà dello stesso, come accade da troppo tempo. Bonelli Kids è erratamente una ristampa, ma comunque attuale. Zio Boris continua a sbeffeggiare l'attualità, e curiosamente chiude con un virus Covid femmina che mostra le tette, riallacciandosi al risguardo di apertura di Carlo Velardi, dove invece è una scultorea Diana a mostrare i suoi marmorei seni senza veli (mentre Java ha un'opportuna foglia di fico), sicuramente un fanservice per ingraziarsi quei vecchi lettori bavosi che non osano usare internet per certe cose. E nel risguardo c'è anche Orloff, di cui non si può più ipotizzare un "ritorno", dato che ce lo troviamo tra i piedi mensilmente. Per il penultimo capitolo de Il potere del falco, dove i nodi vengono al pettine quando Martin comincia a trarre conclusioni e dedurre fatti finora inediti, presenteremo una scheda a parte. La copertina, che abbiamo lasciato per ultima per chiudere il cerchio, è già coinvolta nelle celebrazioni dei primi quarant'anni di Martin Mystère che iniziano ad aprile 2022: l'affresco a cui sta lavorando Michelangelo, infatti, è una libera reinterpretazione della copertina di Martin Mystère n. 1, con un Martin seminudo (in mutandoni) ma armato di Murchadna, e fronteggiato dal ben noto cobra in primo piano (cobra che nel n. 1 non s'è mai visto, nè tanto meno alcun rettile fu combattuto con l'arma a raggi in quella storia; vale la pena di sottolineare che Michelangelo illustrò anche il serpente tentatore, nella Cappella Sistina, dando consistenza al concetto di questa evocativa copertina).

venerdì 11 marzo 2022

Parallelismi, antitesi e prefigurazioni: Topolino e il cavatappi di Tuzco

Dal nostro inviato in casa Disney, in attesa della recensione di Topin Mystère e Ourobomis la città che cammina, ecco una sconcertante rivelazione: come raccontato ne Il cavatappi di Tuzco, il "vero" Topolino è l'antitesi del succitato Topin Mystère. Vi presentiamo... il Topo In Nero!

E' il 1975. Lo scrittore e artista Romano Scarpa porta Topolino e Pippo in Perù, tra fascinose rovine e una mirabile natura selvaggia, sulle tracce di un tesoro Inca custodito da un meccanismo attivabile solo con un "cavatappi", retaggio dell'antica civiltà. Nel finale dell'avventura (dove non tutti i personaggi sono ciò che sembrano), Topolino risolve l'enigma per individuare il tesoro e prende una decisione che (non) lascia troppo stupiti i lettori del moderno Martin Mystère: è meglio lasciare tutto dov'è e mantenere il segreto.

(Sì, Scarpa ha anticipato Alfredo Castelli non solo per il Topo Mysteriano In Nero, ma anche per il cavatappi)

mercoledì 9 marzo 2022

Get a Life! Speciale 2: Mark Ignaro


MARK IGNARO

di Collettivo Sophie Mutter

1961.
"Confermo esito missione. Kruscev ha sganciato la bomba in accordo col governo statunitense per eliminare una volta per tutte la maledizione di Ymir".
La notizia proveniente dall'apparecchio radio, su frequenza criptata, non sconvolse più di tanto i due Uomini in Nero all'ascolto.
-Hai capito, Luke? Chi l'avrebbe mai detto. - 
-Beh, Frank. L'Operazione Odino è in corso già da diverso tempo. - 
La giustificazione non sembrò così convincente all'Uomo in Nero Frank.  
-Bah, bubbole. Cooperiamo col nemico, adesso? La prossima volta forniremo le armi ai suoi alleati afgani? -
-Che ti prende, Frank? Sei un Uomo in Nero, prima di tutto. -
-Già, ma sono anche americano. Tu no, forse? -
-Siamo Uomini in Nero. Agiamo per il bene dell'umanità. -
"Pronto? Mi sentite?"
La voce, calda pur nell'eco gracchiante della radio, intervenne provvidamente ad interrompere un discorso già sentito.
-Parla pure, Mark. Che altro si dice, lì a Mosca? -
"Ora che l'Operazione Odino può dirsi conclusa, non sembrano aleggiare altre minacce. Kennedy ha svolto il suo compito e Kruscev ne è parso soddisfatto."
-Bene, Mark. Credo tu possa rientrare a New York. Riprenderemo contatto con te alle 21. -
CLIC
-"Bene, Mark". Bravo, leggi le tue veline russe, Mark. -
-Piantala, Frank. -
-Perché lo abbiamo assunto, questo qui? E' capace soltanto di riportare ovvietà. Certo, che Kruscev è soddisfatto! Ha fatto tutto quel che voleva, e noi lo abbiamo seguito come cagnolini per anni! Prima Eisenhower, poi Kennedy... che delusione! Non è per questo che li ho votati. -
-Perché, voti ancora? -
-Sì, Luke. Voto ancora. Sono un povero fesso che crede ancora nei veri valori: la conquista, l'accaparramento di risorse, la concentrazione di potere. Mi spieghi a cosa serve essere una setta segreta che abbraccia l'intera umanità? È impossibile da controllare! E infatti ecco falchi, colombe, cajelle e mignacche. Prima della guerra avevamo ancora un certo margine di manovra, ma ora? Questa globalizzazione imperante ci ha come paralizzati. E pensa se non ci fossero i due blocchi! -
-Il Documento Lambda non riguarda gli Uomini in Nero, lo sai. D'altronde il Documento promuove l'idea della "guerra fredda" proprio per dare l'impressione che il mondo non sia ancora del tutto unito. Altrimenti ragionerebbero tutti come te. -
-E sarebbe meglio! Adam non avrebbe voluto tutto questo! Niente Altrove, niente sua controparte sovietica, niente sedicenti Uomini in Nero pacifisti e idealisti, come quel Mark Mystère, i cui rapporti sembrano scritti dal governo di turno, tutti precisione e pignoleria! Ma fai il burocrate, allora! Vai a fare lo statale! -
L'Uomo in Nero Luke cominciò ad apparire spazientito, dinanzi al ribollire del suo collega, e non poté trattenere un inarcarsi di sopracciglia.
-Calmati, Frank. O mi agito e mi viene la pancreatite. -
-Non mi dire che mi devo calmare! Non mi calmo! Sono stanco di osservare questo mondo svilirsi e ammosciarsi verso un inevitabile appiattimento! Adesso che faranno, i due K.?? Andranno all'Onu a braccetto? Li guarderemo recitare i loro copioni sapendo che stanno mentendo a tutti?? Ci accontenteremo delle briciole del loro bipolarismo fasullo, sperando di non trovarceli tra i piedi tra uno scavo archeologico e l'altro? E ogni volta dovremo chiedere il permesso a l'uno o all'altro, per fare i nostri comodi? -
-Tanto siamo sempre noi, a comandare... -
-Ma davvero ci credi?? Ti facevo meno ingenuo, my old chap! Ma non vedi che lo prendiamo nelle chapètt? Quale ruolo abbiamo avuto nella vicenda di Ymir? Te lo dico io: nessuno! Questa storia deve finire! Noi siamo la Storia! -
-Massì, adesso vedrai che Sullivan prenderà il comando... -
-Per Sullivan è ancora presto, signori. Ma ci stiamo lavorando. -
La terza voce giunse all'improvviso, di soppiatto, come se, in realtà, fosse sempre stata lì.
-Signor Olsen! Che onore averla qui. -
-Le vostre urla si odono fin dall'altro capo del corridoio. - 
Oscar Olsen apparve al contempo contrariato e divertito. Era solo un'impressione, o quello che si palesava sul suo volto era un velato sogghigno?
-Ma non avete tutti i torti. Sappiate che condivido le vostre preoccupazioni. E, con me, le condivide la maggioranza del Direttivo. -
-G-grazie, Signore. Ma noi stavamo soltanto..-
-ZUT! Cosa fatta capo ha.- Oscar Olsen si concesse una breve pausa a effetto. Nonostante la sua giovane età, disponeva già di grande potere e influenza, di una autorevolezza all'interno dell'organizzazione che sembrava irradiarsi fisicamente dalla sua figura elegante e atletica. Gli interlocutori non potevano evitare di ascoltarlo in silenzio, sgranando gli occhi come se fossero al cospetto dell'incarnazione dell'archetipo di un Uomo In Nero. Ogni sua parola, soppesata e misurata, colpì Luke e Frank con la forza di una profezia e di un'esplosione. -Sappiate che la finta pace tra i due blocchi sta per ricevere un duro colpo. Abbiamo preparato un piccolo spettacolo. Tra qualche mese, al più un anno, se ne vedranno i frutti. Quanto a Mark Mystère, è un povero ingenuo, un idealista roso dai dubbi dopo 10 anni di militanza, se si può chiamare "militanza" l'averlo circuito per tutto questo tempo. È ignaro di essere soltanto una pedina tra le tante. E, sempre tra un anno, l'ignaro Mark sarà ancora più ignaro... gli faremo un bel lavaggio del cervello. Una "amica" del nostro sodalizio si è detta disponibile. Perciò, abbiate fede, miei cari sottoposti! E non guardate al domani con sospetto, ma con il pensiero laterale di chi sa come rigirare il mondo a proprio piacimento. Tutto chiaro? -
-Sissignore! Meno male che Oscar c'è! -

FINE

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KUNSTKABINETTE

 Buongiorno a tutti i vaccinati. Visto che il titolo Fantasmagoria era già preso, la nostra rubrica di approfondimento ruba il nome a un'altra delle passioni dei due BVZ, e giusto per non ripetere Wunderkammer per l'ennesima volta, ecco che abbiamo scelto un suo sinonimo, Kunstkabinette. Preparatevi quindi a una dissezione del racconto che avete appena letto (l'avete letto, vero?), dalla cui carcassa estrarremo le mostruose meraviglie della continuità che vi si nascondevano striscianti.
 
 Essendo gli autori di Get a Life! a corto di senso dell'umorismo, essi non sono in grado di rinunciare a stendere racconti genuinamente comici, ma debbono sempre infilarvi note amare e tediosa continuità. Pensate: in questo striminzito raccontino, hanno inanellato ben tre riferimenti alla vasta produzione mysteriana.
 
 La "maledizione di Ymir" e l'Operazione Odino arrivano dall'albo Il segreto della mummia (Martin Mystère n. 206 bis); in quell'albo venimmo a conoscenza di un patto stipulato nei tardi anni 1950 da Dwight D. Eisenhower, 34° presidente degli Stati Uniti d'America, e Nikita Sergeevič Chruščëvnei (o Krusciov, o Kruscev), segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, e proseguito fino al 1961, quando i sovietici lanciarono una bomba atomica sui resti di una non meglio precisata arma batteriologica (il fantasioso Martin ipotizzò trattarsi di un'astronave aliena, ovviamente). In quell'anno, il Presidente degli Stati Uniti era divenuto John Fitzgerald Kennedy; costui mantenne gli impegni presi dal predecessore senza problemi. Ora, come forse avrete sentito dire recentemente in qualche talk show politico, nel 1962 - solo un anno dopo gli eventi succitati - tra gli USA di Kennedy e l'URSS di Kruscev si arrivò a sfiorare la guerra atomica. Erano dementi? (cit.) 
 
Ma in precedenza, un altro tassello della cosmogonia mysteriana aveva già messo in discussione la natura stessa della "guerra fredda", stabilendo l'esistenza di fortissimi legami di cooperazione segreta tra le due superpotenze mondiali: si tratta dell'episodio Il Documento Lambda (Almanacco del Mystero 1991), in cui si racconta di come, al termine della Seconda Guerra Mondiale, i tre vincitori (Stati Uniti d'America; Unione Sovietica; Regno Unito), subito dopo la Conferenza di Yalta (o Jalta), stipularono un accordo segreto che vincolava i due blocchi, occidentale e orientale, a collaborare in modo permanente e costruttivo al fine di mantenere gli equilibri e salvaguardare il pianeta. L'accordo, ratificato col nome di Documento Lambda, non doveva però essere rivelata al mondo: com'è noto, "la concorrenza genera progresso", o perlomeno soldi; i due blocchi avrebbero quindi dovuto fingere di essere costantemente in ostile competizione. Capito, amici lettori? La Guerra Fredda è stata un'invenzione!
 Le due superpotenze scelsero, come base operativa di questo super-governo collettivo occulto, una struttura artificiale sotterranea segreta, collocata nello stretto di Bering. Il racconto afferma che questa struttura fu realizzata da una antichissima civiltà, forse con lo scopo di costruire un rifugio a cui sopravvivere a un disastro incombente. Il racconto non lo dice apertamente, ma tutto lascia pensare che si tratti dell'armageddon dell'epoca atlantideo-muviana; di conseguenza, questa struttura dovrebbe essere opera di uno dei Centri di Civiltà dell'epoca, forse proprio la Civiltà Glaciale citata ne Il diluvio di fuoco (Martin Mystère nn. 58-59-60).
 Come dichiara Alfredo Castelli per bocca di Martin Mystère, Il Documento Lambda sarebbe da intendersi come un racconto immaginario (nel senso che non farebbe parte della Storia dell'universo mysteriano). Ma questa presunta natura fittizia della vicenda ha tutto il sapore di una copertura di comodo: la verità è probabilmente che Martin Mystère, all'epoca molto più idealista e meno conservatore di quanto lo sia divenuto negli ultimi decenni, apprese davvero questa rivelazione storica da Chris Tower, e nonostante la richiesta di mantenerla segreta, decise in definitiva di essere fedele alle proprie convinzioni e diffonderla comunque, ma riformulandola come una ipotesi da narrativa fantastorica, per rispettare la lettera del patto con Tower.
 
 Ma se Il documento Lambda è reale, si pone allora un ulteriore quesito: come si conciliano le due versioni della Storia?
 Qual era il confine tra realtà e menzogna?
 E quali effetti hanno avuto questi segreti su chi vi aveva accesso, come, ad esempio, gli Uomini in Nero, sicuramente coinvolti nella creazione di un'ennesima sovrastruttura occulta mirata a controllare i destini delle nazioni? Fra questi, lo ricorderete di sicuro, militò anche un certo Mark Mystère. Come senz'altro non ricorderete, fu Get a Life! (La prima volta di Mark) a rivelarne la doppia affiliazione alla consorteria, la prima delle quali raccontata in Voci dal passato (Martin Mystère n. 325), e la seconda risalente proprio al 1962. Di recente, Mark è anche stato rivisto in azione in qualità di UiN nel romanzo a puntate Il potere del falco.
 
 Sempre in tema di Uomini In Nero, quel tizio che compare alla fine del racconto, Oscar Olsen, è un habitué di Get a Life!, ed esordisce proprio nel succitato La prima volta di Mark: nell'ambito del'organizzazione dei "Distruttori di Biblioteche", non ce ne risulta uno che ne incarni l'ideale più letteralmente di lui (i motivi di questa sibillina affermazione sono esposti in Un Martin per tutte le stagioni).  

 Il titolo della nostra storia, invece, potrebbe rimandare ad un certo personaggio di recente finito al centro di diverse polemiche politiche e televisive. Oppure no. Scegliete voi. Siete lettori speciali e vaccinati.