venerdì 25 marzo 2022

[Recensione] Topin Mystére e Orobomis la città che cammina

"Topin Mystére e Orobomis la città che cammina"

Storia e arte: Andrea "Casty" Castellan
Chine aggiuntive: Luca Giorgi
Prima pubblicazione: Topolino n. 3250, 7 marzo 2018

 E' fin troppo noto come i fumetti Walt Disney italiani abbiano dato vita a una pluridecennale tradizione di parodie (abitualmente rielaborazioni di opere letterarie o di film), che ultimamente sconfinano anche nella reinterpretazione di personaggi di fantasia divenuti famosi quasi quanto Topolino nell'immaginario collettivo (è del 2018 Topo Maltese: Una ballata del mare salato, per esempio).

 Nel caso della presente topolinizzazione di Martin Mystère, però, il termine "parodia", per quanto ufficiale, è colossamente fuorviante: l'autore completo Andrea "Casty" Castellan scrive infatti una storia articolata, dettagliata, arguta, ingegnosa, creativa e mysterianamente competente come la più classica delle avventure dell'epoca d'oro del vero  Martin Mystère. E non è un caso dovuto al nomen omen (anche il dotto articolo introduttivo, presente per esempio in Disney Team n. 95, sottolinea la significativa assonanza col cognome del Buon Vecchio Zio Alfredo Castelli), ma una questione di radici comuni: tra le influenze che lo hanno formato, Castelli annovera infatti anche il Topolino avventuroso della memorabile epoca di Lloyd Gottfredson, di cui si trovano tracce e citazioni nelle sue storie Mysteriane (l'omaggio di Drusilla in Fumetti del mystero non dovrebbe sfuggire alla memoria del lettore mysteriano). Di conseguenza, Casty realizza una parodia che, per Topolino, è in realtà un ritorno alle origini (vale la pena di notare che i "veri" Topolino e Pippo, transitando in ben due sequenze del fumetto, sfiorano la rotta di Topin Mystère senza mai incontrarlo).

 E' inutile spiegare il motivo per cui questa "parodia mysteriana" è scritta appunto come una storia mysteriana tra le più classiche, in quanto è nota a tutti la vasta capacità di Casty di analizzare e dissezionare qualunque opera narrativa, per individuarne i componenti fondamentali, comprenderli, farli propri e rielaborarli in un lavoro che fonde gli archetipi a un'interpretazione fresca che è capace del paradosso di essere "innovativa nel solco della tradizione". Come detto, Casty parte avvantaggiato, perchè si tratta in realtà di lavorare con materiale squisitamente topolinesco, ma l'autore non si ferma qui, in quanto la storia dimostra che la sua comprensione della mysterianità non si limita alle connotazioni commerciali e superficiali per cui il personaggio di Martin Mystère è convenzionalmente noto ai profani (e persino ad alcuni sceneggiatori della sua serie): nella storia compaiono infatti frequenti e sottili annotazioni e rimandi all'opera mysteriana di Castelli, dalla bibliofilia alle testimonianze storiche impossibili, dal ruolo arguto di Dinni (maestra "elementare", sebbene la sua sia una scuola materna) alla fascinazione geografico-etnologica, dal pensiero laterale alla Ferrari targata BVTM, e non solo.
 
Particolare menzione merita il personaggio di Piotr Gaglioff, cioè Pietro Gambadilegno in stile Sergej Orloff (completo di maschera, uncino e abiti antiquati), per gli strati di citazionismo di cui è intriso: involontariamente comico e autoparodistico (come da tradizione Disney), ma anche spietato e scaltro e propenso all'uso delle armi (vietatissime nei moderni fumetti Disney), Gaglioff si rivolge a Topin parafrasando il tradizionale "Ti ho acchiappato, Topastro" di Gambadilegno; questa locuzione, molti anni fa, fu citata da Alfredo Castelli nella guida a come si doveva scrivere un fumetto di Martin Mystère, usandola per spiegare rapidamente la deriva che il personaggio di Orloff stava subendo nella serie di Martin Mystère, dove continuava a subire cocenti sconfitte per poi tagliare la corda e tornare all'assalto nella storia successiva senza aver imparato la lezione (e diventando quindi un analogo di Gambadilegno). Centellinando la logorrea di Topin (in alcune vignette in cui gli interlocutori devono sostenere letteralmente/fisicamente i suoi verbosi baloon),  Casty ci parla anche di come Martin e Sergej siano due facce della stessa medaglia che hanno bisogno una dell'altra: per quanto chiuda la cosa umoristicamente, noi lettori mysteriani siamo fin troppo consapevoli di cosa trapelò ad Agarthi durante l'iniziazione dei due personaggi, e di come si sia effettivamente evoluto il loro rapporto.
Il mystero di turno, cioè la città che compare nell'arte di popolazioni di ogni epoca e località, dal Sudamerica degli Incas alla Toscana di Leonardo, conduce Topin e amici fino in Africa, per imbattersi in un Monolito che sembra potenziare l'intelligenza di chi vi entra (citando quindi contemporaneamente le tecnologie atlantidee spesso ipotizzate da Alfredo Castelli, ma anche il film 2001: Odissea nello spazio, altra presenza ben nota nella saga mysteriana), e infine in un'impossibile città che esiste sotto gli occhi di tutti ma passa inosservata, al cui interno abbondano tecnologie avveniristiche, ma antichissime (come gli ologrammi educativi dei defunti abitanti della città, e le sfere che custodiscono lo scibile umano suddiviso in infinite categorie). Tra topoi mysteriani come la ricomparsa di archeologi scomparsi, voltafaccia del promotore della ricerca, segreti inconfessabili, racconti nel racconto che svelano l'arcano della città, si giunge infine al nodo classico dell'abuso della tecnologia in questione, con conseguente crollo e distruzione dell'antica e idilliaca Orobomis... o forse no, perchè Casty giostra argutamente anche con questo tormentone, regalandoci una variante piacevolmente insolita.    

Tutto ciò declinato col supporto della competenza dello sceneggiatore, che nel suo lavoro garantisce solidità dell'impianto narrativo, efficienza del meccanismo logico della sceneggiatura, fluidità della narrazione, chiarezza espositiva, felice costruzione di atmosfera e tensione  alternate a ironia e leggerezza, vivacità dei dialoghi, caratterizzazione impeccabile nella definizione e nell'esposizione. Il divertimento di Casty nel narrare è continuo, tanto nella parodia quanto nei grandi momenti di invenzione del mystero e in quelli di senso della meraviglia che conducono senza sosta in territori inesplorati. L'Avventura con la A maiuscola, ricercata e vissuta sempre con il desiderio di apprendere e condividere, di usare la propria intelligenza e di stupirsi della vastità del mondo, è ciò a cui ambisce Casty, ed è sempre stato anche il motore di Castelli, "l'onnivoro della cultura": era destino che la carriera di uno si intrecciasse con l'opera dell'altro, specialmente con un retroterra culturale comune come le avventure del citato Topolino di Gottfredson.

L'arte è azzeccata quanto la storia, inevitabilmente, capace com'è di momenti di grande suggestione, per la regia e la composizione delle vignette, e di stupore, per la grandiosità delle evocative e/o titaniche vignette del monolito, dell'ingresso a Orobomis, delle mirabili tecnologie automatiche che tengono in vita la città e via di visionaria spettacolarità.

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