lunedì 29 dicembre 2014

GaL #36 - Reader Mail

Get A Life (the fancomic miniseries NOT presented by Martin Mystère) presents an extra story for issues #35-36: it's Reader Mail in English.

The Crystal Skull, which is now a Crystal Skeleton, is about to read some mails from the GaL readers: which incredible continuity secrets is he about to unveil?
Algernon Mabus, Atlantis, the Weregun and more! Or is it less? And someone departs. From this universe!

Story & lettering by Franco Villa.

Want more? Here is the Get a Life! episode index.

mercoledì 24 dicembre 2014

Get a Life n. 36 - L'angolo della posta

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta l'appendice al doppio episodio uscito a Novembre: L'angolo della posta.

L'incredibile ritorno del Teschio di Cristallo (ora Scheletro) porta impensabili rivelazioni per i lettori più scaltri!


Storia e lettering di Franco Villa.
Supervisione di Luca Salvadei

In questo albo si parla di: Teschio di Cristallo, Algernon Mabus, Atlantide, Arma Mannara, cibervirus.
Non si parla invece di: storie erotiche di Martin Mystère e Diana Lombard.

Tutti gli altri episodi e l'arte extra qui: indice della serie Get A Life.

lunedì 22 dicembre 2014

GaL #35-36 - The Double Edged Gospel! (Parts 1 & 2)

Get A Life (the fancomic miniseries NOT presented by Martin Mystère) presents Parts 1 & 2 of The Double Edged Gospel! in English.

Martin Mystère is attacked by a truly threatening and fierce Angel, very different from all the Angels that Martin has met so far! And when even his Third Eye seems unable to stop the Angel, two brothers uncannily versed in the occult enters the fray!
Who are Dean and Sam, and why are they so interested in Solomon's Wisdom and Enochian Magic? The answer lies in a truly special weapon-- which can be forged only in a forgotten Iranian temple of fire!



Art by Marko Ramljak.
English edits by Zac DeBoard
Story & lettering by Franco Villa.

Want more? Here is the Get a Life! episode index.

sabato 6 dicembre 2014

[Recensione] Almanacco del Mistero 2015 - Saturno contro la Terra

Arriva sulla pagina di Martin Mystère di Postcardcult.com la recensione dell'Almanacco del Mistero 2015 - Saturno contro la Terra.
Sergej Orloff, Franz Kafka, il malvagio Rebo di Saturno, la Guerra dei Mondi di Marte, Rocketeer, lo steampunk, le gloriose "strip stories" dello storico fumetto avventuroso da Flash Gordon a Mickey Mouse, Buck Rogers, il Wold Newton Universe e chi più ne ha più ne metta. E' il nuovo capitolo di Anni 30, che inizia esattamente dove si era concluso il precedente. Riusciranno Martin Mystère, Java, Angie e amici a salvare nuovamente la Terra?

giovedì 27 novembre 2014

Get a Life n. 35-36 - Il vangelo a doppio taglio!

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta l'episodio n.35-36 di Novembre-Dicembre 2014, Il vangelo a doppio taglio!.

Nell'attesa del completamento delle tavole di "Nel segno della Zeta", ecco le prime due (di quattro) parti di una vicenda ambientata in un curioso anno 2009, nel quale Martin riceve la visita di ben tre personaggi che sembrano quasi appartenere a un altro universo narrativo. Sarà mica qualche strampalato crossover tra realtà incompatibili, con mitologie divergenti e interpretazioni della realtà in contrasto?
Cos'avranno mai in mente gli sceneggiatori per spiegare questo ennesimo Attacco di Un Angelo (manco fosse il Rebuild di Neon Genesis Evangelion) e, soprattutto, l'inqualificabile insolenza di Dean nei confronti del BVecchioZM?

La risposta è nelle carte di John Dee (quello vero) e nella sapienza di Salomone, ma un tale segreto non può che richiedere un viaggio in Iran!




Arte di Marko Ramljak
Storia e lettering di Franco Villa.
Supervisione di Luca Salvadei

In questo albo si parla di:
"Il presagio" (Martin Mystère nn. 66-67), "La vendetta di Loki" (Martin Mystère nn. 245-247), "L'impareggiabile Reeves" (Martin Mystère Speciale n. 16), Chiave di Salomone, Uomini In Nero, John Dee, Takht-e Soleyman, Zoroastrismo, Zendan-e Soleyman , Sigilli Enochiani, Lame Angeliche, Chevrolet Impala, Cacciatori, fratelli Winchester.

Tutti gli altri episodi e l'arte extra qui: indice della serie Get A Life.

martedì 4 novembre 2014

Recensione: Martin Mystére n. 335, “L’ombra di Za-Te-Nay”

Martin Mystére n. 335
"L’ombra di Za-Te-Nay"
Sergio Bonelli Editore
Ottobre 2014

Storia di Alfredo Castelli e Mirko Perniola. Arte di Franco Devescovi e Giovanni Romanini.







UN ALBO CONTROVERSO

Nella (ristretta) cerchia dei lettori di Martin Mystère che fanno sentire la loro voce in rete, il giudizio per L’ombra di Za-Te-Nay è stato mediamente (molto) negativo. Trattandosi comunque di un lavoro molto elaborato e stratificato, con un numero di autori doppio rispetto allo standard, l’AMys ha raddoppiato gli sforzi dei recensori, per coprire tutti gli aspetti di questo atteso e vituperato seguito delle vicende di Za-Te-Nay.

GLI AVVENTUROSI ENIGMI DI ZAGOR, TRAPPER DELL’IMPOSSIBILE

Di Alessio Sbarbaro

Sinceramente la storia non mi è piaciuta molto. Speravo di cambiare opinione rileggendola dopo aver “ripassato” La minaccia verde (Zagor n. 147 del 1977) e la prima storia doppia mysteriana su Za-Te-Nay ( “La scure incantata”, Martin Mystère nn. 242-243), ma l’opinione non solo non è migliorata, ma è pure leggermente peggiorata.

La storia che diede inizio a tutti nel 2002, non usando lo Zagor originale (come disse Castelli, per la contrarietà di Bonelli emersa con la storia già in cantiere), rimaneva abbastanza sul vago relativamente al personaggio “con la scure” che vi compariva, mentre la parte mysteriana dava un seguito alla vecchia storia di Pan (“Il sabba delle streghe”, Martin Mystère nn. 38-39-40, che fu ripresa poi anche da Get A Life), e si ricollegava con la saga del Countdown conclusasi solo l’anno precedente, citando pure il super-scienziato-stregone pre-Atlantideo Oduarpa, per cui era ben coordinata con il resto dell’universo narrativo.
Sul versante di Zagor, le incursioni nei temi “Mysteriosi” erano già presenti da tempo (almeno dalla saga delle Città di Cibola del 1995), ma non ancora ufficializzate.
La citazione di Martin Mystère a storie e situazioni classiche di Zagor, rivisitate con questa nuova chiave di lettura, poteva quindi essere intesa come una strizzata d’occhi ai lettori zagoriani che avessero comprato quegli albi. Il fatto che Zagor e Za-Te-Nay potessero essere due personaggi diversi (vista la distanza di 20/30 anni tra le avventure di uno e l'altro, confermata anche in questo albo) poteva poi salvare "capra e cavoli" per i patiti della continuità.

Oggi però, ben 12 anni dopo, ci troviamo con elementi mysteriani che sono da anni punti fissi nell’universo narrativo di Zagor (Altrove), e addirittura con una saga ad ampio respiro, durata più di due anni, che ha visto lo Spirito con la Scure girare le Americhe proprio sulla base di elementi presi da Martin Mystère (caccia ad un collaboratore di Altrove che cerca una base atlantidea al polo Sud, probabilmente quella citata nel Martin Mystère gigante n.3, anche se non è esplicitato); questo senza contare le citazioni di Zagor nelle Storie di Altrove.

Ma mentre Zagor può permettersi di combattere con orrori Lovecraftiano/Atlantidei al Polo Sud (e ricordiamolo, vendendo con queste tematiche, stando ai dati usciti qualche mese fa, più di una volta e mezza le copie di Martin Mystère), il Detective dell’impossibile riesuma fuori tempo massimo un seguito di una storia ormai superata, per presentarci l’ennesima rivisitazione di un classico zagoriano (che avrebbe anche potuto starci, se fosse una storia uscita a poca distanza dalla vecchia e sulla scia di questa) ed un cavatappi sorridente. Da una parte, abbiamo i cugini degli Shoggoth delle Montagne della Follia messi in un avanzatissimo avamposto di Atlantide, con tanto di archeologi posseduti, agenti di Altrove doppiogiochisti assetati di potere e la lotta contro il gelo antartico; e dall'altra abbiamo un cavatappi alieno. Che ci fa pure il sorrisino finale nell’ultima vignetta.

E a poco servono la prosa brillante, le strizzate d’occhio ai lettori (come l'excursus sulle tigri di Martini usate come tigri di Martini per allungare la storia), il fatto che anche nella serie regolare ogni tanto si ricordino di Altrove (salvo poi di fatto non usarla se non per il solito teatrino Tower-Brody-ehm): la storia comunque non si salva…. Magari riesce a non arrivare proprio allo zero, ma siamo ben lontani anche da una parvenza di sufficienza. Il colpo di grazia, ad un albo già mortalmente ferito da un cavatappi, lo danno le diverse tavole interamente copia&incollate dalla vecchia storia.

Forse è ora di abbandonare MM e seguire regolarmente Zagor: almeno lì l’azione e i temi che mi avevano fatto appezzare Martin Mystère ogni tanto li ritrovo. Ed il costo a pagina è pure inferiore.

LE STORIE NELLA STORIA

di Franco Villa

Con crescente frequenza, Alfredo Castelli propone storie di Martin Mystère scritte nello stile sopra le righe che lo caratterizza e che lo diverte, integrando le sue propensioni in un unicum da cui è difficile districarsi, visti i continui rimandi auto-citazionisti che vi si stratificano: la sua predilezione per il cazzeggio, l’amore per la storia del fumetto e dei suoi predecessori (le pulp novel), la rilettura dissacrantemente e spietatamente ironica dei suoi stessi lavoro di gioventù, la passione per l’Avventura come era intesa negli anni d’oro, la divagazione travestita da narrazione (ma subito sbugiardata), le elucubrazioni apparentemente innocue che poi costruiscono edifici dell’immaginario.
Questa volta il soggetto della storia è però di Mirko Perniola, che avrebbe voluto sviluppare ed esplorare alcuni dei punti lasciati in sospeso da La scure incantata (Martin Mystère nn. 242-243), riportando in scena il trapper Za-Te-Nay, alias la versione mysterianamente storica di Zagor, la quale implica che (quasi) tutta la produzione Bonelli dedicata a Zagor sia una libera rilettura di eventi storici relativi a un personaggio “storico” idealizzato e trasformato in un supereroe ottocentesco  [nel 2018 Bonelli annuncia una serie di crossover con la DC Comics, iniziando con Zagor & Flash, a conferma di come gli autori percepiscano e gestiscano il personaggio].
Sia Castelli che Perniola hanno sceneggiato storie per Zagor, e sembra quindi giusto che i due autori si cimentino insieme con la versione storico-mysteriana del personaggio.

Purtroppo, però, Castelli questa volta decide di esagerare e, siccome non gli riesce più di improvvisare e di tenere comunque sotto controllo una narrazione di 160 pagine, ecco che la storia deraglia in un’infinità di divagazioni sconnesse, debordanti e inconcludenti, dalle quali neppure lui riesce più a tirare le fila. Per districarsi dal groviglio creato, non gli resta che abbandonarle all’oblio e infine farsi aiutare da Mirko Perniola per imbastire un finale che faccia quadrare qualcosa. Non che la cosa in sé sia un male, nel senso che Castelli può fare ciò che vuole con la sua creatura narrativa, ma l’impressione è che un simile divertissement possa piacere ai fan storici di Castelli rimastigli fedeli sino ad oggi, ma sia letale per il lettore medio che si aspetta un altro genere di narrazione avventurosa.

Castelli trasforma l’albo in un fumetto dentro il fumetto (con il solito richiamo ai libri dentro i libri di Umberto Eco), decidendo di rileggere il suo stesso racconto La minaccia verde (Zagor n. 147 del 1977), cambiandone certi dettagli (gli umani infettati diventano zombi) ma soprattutto dissezionando spietatamente le tecniche narrative “furbastre” dell’epoca ("la tigre di Martini"). Come è tipico di Castelli, le cose si intrecciano, e la dissezione del passato diventa disamina del presente, mentre contribuisce a sviluppare la trama fantastica dell’albo. E’ un peccato che, però, l’occasione vada sprecata: la vicenda rielaborata del La minaccia verde non confluisce direttamente nella trama portante, in quanto si omette di collegare il virus direttamente ai profughi Marziani che “dormono” a Yellow Peaks, e la sottotrama si perde quindi per strada, diventando a tutti gli effetti un riempitivo (o “tigre di Martini”). E’ una dimenticanza dovuta alla fretta con cui la vicenda è stata conclusa, nonché la prova della crescente difficoltà di Castelli di tenere insieme una trama non progettata nei minimi dettagli sin dall’inizio? La scelta geografica che unifica le due minacce fa propendere per questa ipotesi.

Come è inevitabile, i tormentoni di Castelli si mescolano a quelli di Martin Mystère, che qui si ritrova a deridere un maniaco del complotto per poi indagare proprio sulle fantasie di quest’ultimo, non senza aver citato i suoi assillanti problemi di ritardi con le consegne ed esigenze di Diana (problemi ironicamente assenti, per una volta).

Tipica e impagabile cifra di Castelli è anche il suo inimitabile metodo del racconto nel racconto, che a pochi scrittori riesce di gestire senza annoiare: puro Castelli mysterioso è infatti il resoconto che la signora McQuiver fa al telefono delle stranezze del marito, in un crescendo di impossibile che si insinua subdolamente nella realtà quotidiana di una coppia qualsiasi, richiamando le atmosfere di Ai confini della realtà e delle esperienze editoriali horror del giovane Castelli stesso. Non a caso, nella rubrica finale, emergono proprio i racconti di Ambrose Bierce ed H.P. Lovecraft, in riferimento alle suggestioni dietro La minaccia verde. A questa caratteristica Castelliana si unisce, necessariamente, l’amore di questo autore per i dialoghi elaborati, dal lessico curato e puntiglioso, esaustivi nel narrare una articolata vicenda seguendone e chiudendone tutte le diramazioni logiche, con la pacatezza e sobria signorilità che Castelli sceglie di conferire ai suoi personaggi.

Sembra invece farina del sacco di Perniola il coinvolgimento della organizzazione governativa segreta di Altrove, che è molto marginale nella sezione del presente, ma offre parecchi intriganti agganci con la continuità ottocentesca definita dalla collana Storie di Altrove: a sorpresa, Martinez (Cico) si rivela essere un agente di Altrove, alle dipendenze dell’energica direttrice “Papà”, suggerendo ancora una volta che l’Altrove delle pagine di Zagor sia una versione romanzata della vera Altrove.
A questo punto, diventa impossibile non chiedersi come Perniola avesse concepito il soggetto originale, dato che l’autore ha dichiarato sul suo blog di aver voluto tirare le fila di tutti gli elementi inspiegati della finta dime novel che era L’ascia incantata: non ci resta che augurarci che Perniola legga questo appello e renda pubblico detto soggetto (oppure lo riutilizzi per una terza parte della saga, da realizzare in tempi ragionevoli).

Nella vicenda, Za-Te-Nay finisce col collaborare a sua volta con Altrove, ma solo come manovale, nel recuperare il relitto di un’astronave aliena: Castelli si auto-cita ancora una volta, avendo infatti già affrontato il tema della misteriosa airship del 1896 (e del suo recupero) in La città dei cinque anelli (Martin Mystère nn. 196-197).

Sorprendente, nel suo oscillare fra scienza e magia, è il metodo con cui Altrove ha ricostruito la configurazione della suddetta astronave: tale metodo è addirittura in grado di ipotizzare l’aspetto del l'agghiacciante Pilota-Cavatappi, pur non disponendo di alcun elemento per farlo! Castelli cita anche l’interocitore, già menzionato en passant nella vicenda di Ettore Majorana, sebbene lo scopo di ciò ci sfugga (allude ad altro?).

Il finale della vicenda, oltre a cambiare drammaticamente sul versante artistico (a Devescovi subentra il paleozoico Romanini), subisce anche un mutamento di stile narrativo, confermando la nostra ormai già ribadita impressione che Castelli non riesca più a improvvisare con l’efficacia di un tempo: come già detto, Perniola gli deve infatti subentrare per creare un finale accettabile a una vicenda che ha fatto piazza pulita (o quasi) del suo soggetto originale.
Le due narrazioni di presente e passato vengono fatte riconfluire in modo precipitoso, che lo stesso Martin definisce “un contentino”, ma hanno l’accortezza di riflettere, senza dichiararlo, sulle implicazioni delle rivelazioni che questa nuova vicenda comporta. Alludiamo al fatto che Za-Te-Nay, contrastando Virus nel controllo della Scure, ha di fatto lavorato a favore degli invasori alieni, potenzialmente molto pericolosi per la nostra civiltà.
Il folle Virus, invece, nonostante i suoi modi di fare spietati, risulta aver sempre svolto il ruolo di difensore del nostro pianeta, cosa coerente con la sua natura di Genius Loci: Castelli e Perniola, pur avendo tolto a Za-Te-Nay la patina di eroe assoluto, gestiscono bene la sua contrapposizione all’ambiguità del Genius Loci, entità elementale dedita a ogni costo alla difesa del nostro mondo, qualunque sia il prezzo da pagare per difenderne le forme di vita nella loro interezza.
Controverso Deus ex machina della vicenda è il folle alieno cibernetico “Cavatappi”, il cui aspetto surreale e deliberatamente comico permette a Perniola di paragonarlo al Disneyano Edi, mentre Castelli inscena spassosi duetti con Java e si diverte a spiazzare tanto Martin Mystère quanto i lettori, facendo comparire il “Cavatappi” dal nulla quando più è necessario. Insieme al Genius Loci/Warden/Virus, Edi è ciò che tiene insieme la vicenda, almeno per ciò che conta nella sua unità narrativa: le domande che ci poniamo nella sezione dedicata agli errori potrebbero infatti essere semplicemente il materiale per un possibile seguito. [E' anche vero che, anni dopo, in Chimere, Castelli sfodera nuovamente un piccolo alieno dall'aspetto completamente demenziale, per i disegni del solo riciclatore di arte altrui, suggerendo una agghiacciante tendenza che non ha più nulla a che fare con l'ironia].
Non a caso, l’albo si chiude con la possibilità che Za-Te-Nay possa ricomparire in futuro: come già detto, ce lo auguriamo, fosse solo per affrontare davvero gli altri enigmi di Bird Center rimasti irrisolti (quelli elencati alla fine dell’avventura precedente). E ci auguriamo anche che questa volta Castelli lasci fare tutto il lavoro a Perniola.

L’ARTE

L’arte di Franco Devescovi, adeguata allo stile ufficiale della serie, rielabora come sempre la ligne claire di Alessandrini a modo suo, insistendo sul versante realistico della raffigurazione di personaggi, spazi, volumi e architetture (dove invece Alessandrini spinge per una maggiore astrazione, almeno nelle sempre più rare tavole della sua produzione in cui è solo la sua mano a intervenire dall’inizio alla fine). Deliberatamente retrò, come nella vicenda originale, sono le architetture e le tecnologie marziane, mentre la “buffoneria” della sceneggiatura di Castelli si traduce nella raffigurazione disneyana dell’Esploratore Alieno (detto infatti “Cavatappi”) e nelle impagabili espressioni facciali dei personaggi. Da segnalare la possibile citazione grafica di un elemento molto caratteristico dell’opera di Enrico Bagnoli (quando Warden protende le mani verso la signora McQuiver).
Un declino netto si manifesta purtroppo quando Romanini subentra a Devescovi, con un eccesso di linee molto più marcate e di ombreggiature abbastanza incoerenti, che contrastano nettamente con le forme Alessandriniane dei personaggi (completamente diverso è infatti l’uso che Alessandrini e Devescovi fanno delle ombre). Poco convincenti risultano anche le tecnologie marziane e le fisionomie dei Satiri in stasi, confermando la difficoltà di Romanini a gestire qualunque elemento visivo che vada fuori da quelli quotidiani della realtà, siano essi i Satiri o gli Ja-Gen-Oh (il che non è l’ideale per una serie come Martin Mystère).

GLI ERRORI

La compresenza di due sceneggiatori e gli interventi affrettati per rispettare le date di consegna (testimoniate anche dall’intervento di un secondo artista) hanno confuso le idee al supervisore, o almeno così sembra. Sorvolando sulla famigerata vignetta della telefonata in cui si vede un personaggio sebbene sia un altro a parlare, ecco un elenco di altre sviste di vario tipo.

Alle pagine 11-12, l’astronave che precipita ha l’aspetto di quelle della flotta dell’antico esodo Marziano, ma dovrebbe invece essere quella più piccola dell’Esploratore.

Alle pagine 25-28, invece, si rimedia (!) a un errore relativo alla vicenda originale di Za-Te-Nay: i flashback marziani “ristampati”, infatti, offrono didascalie che risultano più coerenti con la narrazione visiva, includendo i passaggi che nell’albo originale mancavano (probabilmente per via di tagli di pagine malaccorti mirati a chiudere la vicenda proprio nell’ultima pagina del secondo albo su cui fu pubblicata).

Martin deride ancora una volta lo squilibrato paranoico che si presenta a descrivergli l’ennesimo complotto “governativo”. E’ vero che questa volta Martin lo fa in modo signorile e distaccato, ma è anche vero che nelle sue trecento e passa avventure si è trovato spesso e volentieri in pericolo di vita, proprio per essersi impegolato in indagini relative a veri complotti gestiti da criminali legalizzati, con gli stessi metodi descritti dal suo visitatore Abrahmson. Se n’è dimenticato?
Castelli rimedia comunque a questa contraddizione obbligatoria (Martin DEVE essere scettico e posato) confermando la veridicità dei fatti ricostruiti da Abrahmson.

Sia Castelli che Perniola dimenticano che alcuni dei Satiri Marziani hanno vissuto alla corte di Atlantide, e uno di loro è giunto fino ai tempi nostri (Il sabba delle streghe, Martin Mystère nn. 38-39-40). Come mai nessuno di loro (i Satiri, non gli autori) si è dimostrato ostile né ha tentato di liberare gli esuli di Yellow Peaks? Peccato che nessuno dei due sceneggiatori legga Get a Life!, dato che La musica delle sfere (ripresentato in PDF) ripropone proprio l'argomento delle civiltà marziane, riconnettendole agli "yeti" che vennero da Atlantide e ampliando il discorso alle specie marziane viste in Nathan Never.
Va notato comunque che i poteri di condizionamento mentale dei Satiri sono equiparabili a quelli del loro simile visto nella vicenda de Il sabba delle streghe.

Warden, appena rinato dopo l’esperienza Virus, contatta Za-Te-Nay per fargli cercare una certa arma: nessuno dei due ricorda che la Scure era il loro oggetto del contendere, e Virus crede addirittura che essa sia a Yellow Peaks. E’ vero che la scure si auto-occulta, ma è vero che Virus sapeva dove essa fosse.

Come noi ben sappiamo, la scure passa di mano in mano sino a Ron McQuiver: è curioso che “Cico” Martinez, agente di Altrove, non l’abbia consegnata alla base segreta. Forse l’ha considerata innocua, dopo la sua disattivazione.

I Satiri Marziani si erano già risvegliati a Yellow Peaks ai tempi di Za-Te-Nay, come lo stesso Warden afferma. Ma poi? Forse si sono poi nuovamente assopiti perché la Scure si è disattivata.

I tempi della sequenza finale non quadrano, perché l’auto di McQuiver appare parcheggiata (da tempo) in una zona vicinissima alla caverna che ospita il modulo alieno dei Satiri, ma nelle pagine precedenti abbiamo visto lo stesso McQuiver compiere un percorso a piedi di almeno due giorni per giungere alla meta, dopo aver abbandonato il veicolo.

A pagina 152, Martin si chiede chi avesse interesse a non risvegliare gli alieni. Dovrebbe invece chiedersi il contrario.

domenica 26 ottobre 2014

Get a Life n. 34 - Nel segno della Zeta (parte 1)

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta l'episodio n.34 di Ottobre 2014, Nel segno della Zeta (parte 1).


Un nuovo sorprendente artista porta Martin Mystère e Java in California, a indagare su un mystero "ispanico" che coinvolge la ricca e potente famiglia Plain, uno dei loro eredi e un'enigmatica esperta di belle arti. Per non parlare degli spettrali Uomini Carbonizzati del folklore locale! Cosa contiene mai il diario di un monaco vissuto un secolo fa, per risvegliare forze così sinistre non appena esso viene ritrovato nella missione spagnola di San Fernando Rey?



Per la prima volta, arte di Lucas Ferreira Santos
Storia e lettering di Franco Villa.
Supervisione di Luca Salvadei e Cristian Di Biase.

Ringraziamo il forum Comicats per la pagina dedicata a GaL!

Tutti gli altri episodi e l'arte extra qui: indice della serie Get A Life.

sabato 18 ottobre 2014

Copertina a colori - "Furto d'identità digitale"

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta la copertina dell'episodio n.26 di Febbraio 2014, Ciò che non è morto (parte 2).
Chi salverà Martin Mystère dall'annientamento della sua realtà virtualizzata, fatta di dati anagrafici, riserve finanziarie e accesso alle telecomunicazioni?



Per la prima volta: arte di Vincenzo Antronico.
Concetto di Franco Villa.

Indice della serie Get A Life.

mercoledì 15 ottobre 2014

[Recensione] "Coloro che vivono di morte", Storie di Altrove n. 17

 STORIE DI ALTROVE n. 17
Settembre 2014
“Coloro che vivono di morte”
Storia di Carlo Recagno
Arte di Antonio Sforza, con la collaborazione di Giovanni Romanini

 DOTTOR CHI? VOYAGER DOVE? OSCAR COSA?

 “Coloro che vivono di morte” non vivono davvero di morte, perché è solo una diceria messa in giro da qualcuno. La trama da loro ordita contro il governo degli Stati Uniti non è una trama ma un rituale di espiazione, e non è rivolta contro il governo degli Stati Uniti, né contro nessun altro obiettivo significativo: si tratta “solo” di vendicare il peccato involontario del presidente James Garfield, che durante la guerra fece sterminare quell’antico popolo sotterraneo dall’aspetto spaventoso. Oscar Wilde, che non è un agente di Altrove ma solo un simpatizzante, non risolve davvero la faccenda, ma si limita a un assist che consente agli agenti di Altrove di limitare i danni tramite constatazione amichevole (come dice Riccardo Nicole’ sulla mailing list del BVZM).
Dopo esserci rinfrescati la memoria riguardo allo scopo della pubblicità (vendere) e a come essa sia congegnata per ingannare senza mentire apertamente, possiamo rileggere questo albo accantonando le false aspettative che la suddetta pubblicità aveva subdolamente ingenerato in noi. E ci accorgiamo così che “Coloro che vivono di morte” è equiparabile a certi episodi “umanistici” di serie tv di fantascienza che rifiutano quel modo di intendere l’avventura come sensazionalismo spaccone, pseudo-militarista e violento. Al giorno d’oggi, tutti menzionano subito Doctor Who, come pietra di paragone, ma anni fa si sarebbero invece nominati Star Trek: Voyager o Star Trek: Deep Space Nine, e ancora prima invece sarebbe stato citato Spazio: 1999 (la prima stagione, intendiamo).
Sebbene in modo meccanico e privo di guizzi, anche questo albo offre tutti gli elementi obbligatori per Storie di Altrove, dalla “vera” ispirazione per le opere future del personaggio storico di turno all’evento storico che nasconde un retroscena mysterioso, passando per le (ridotte) donne nude e le comparsate citazioniste nella base di Altrove.

Carlo Recagno tocca il tema dell’omosessualità di Oscar Wilde con sobrietà e accortezza, riuscendo a bilanciare le contrapposizioni della vita e delle scelte obbligate di Wilde, che per tutto l’albo non nasconde nulla ma nello stesso tempo non vuole neanche gridare ai quattro venti ciò che lo renderebbe vittima di un linciaggio. Non che ciò lo ponga al riparo dall’ira vendicativa della folla, la cui ignoranza superstiziosa individua (come sempre) le cause del proprio disagio nella minoranza diversa, sacrificabile in quanto incapace di difendersi. Insieme alla conversazione finale tra Olimpia e Wilde, e alla caratterizzazione del celebre scrittore, si tratta probabilmente del momento meglio riuscito dell’intero albo. Per inciso, il timore xenofobo verso una minoranza di diversi è curiosamente un tema cruciale di “L’ombra di Za-Te-Nay” (Martin Mystère n. 335), albo che esce pochissimo tempo dopo il presente SdA.

Ma se la gestione di un personaggio così difficile si conclude positivamente, altrettanto non si può dire dell’altro elemento cruciale della storia, che Recagno non riesce a realizzare in modo convincente e coerente, producendo una sequenza finale che indebolisce ulteriormente una trama già esile e traballante.
I “cattivi” di turno (gli esseri chiamati Ja-Gen-Ho) si atteggiano a perfetta incarnazione dello stereotipo dell’entità maligna, con risate sataniche e sinistre minacce e vanterie malvagie di ogni genere, ma nel finale si rivelano essere invece anime in pena che perseguono (spietatamente) il loro obiettivo ma senza voler fare male a nessuno se non è necessario; rileggendo l’albo alla luce di questa rivelazione, il modo in cui gli Ja-Gen-Ho sono sceneggiati risulta ancora più illogico, non solo per i loro dialoghi, ma anche per le azioni. 
Due esempi su tutti: per tenere alla larga Olimpia dalla cittadina dove si nascondono, le forniscono le coordinate della stessa; per spiegare a Oscar Wilde che hanno bisogno di lui, gli annunciano che è caduto in trappola.
Pretestuoso risulta anche lo scopo degli Ja-Gen-Ho, e cioè svolgere un rituale che scade (guarda caso) proprio quando Oscar Wilde fa il suo tour negli USA, e che richiede di distruggere fisicamente una cittadina che non ha nulla a che fare con l’evento che essi vogliono espiare, e che ha la sola disgrazia di essere vicina a un bosco dove soldati statunitensi (provenienti da tutta la nazione, quindi) hanno sterminato gli stessi Ja-Gen-Ho.
Implausibile è anche che gli Ja-Gen-Ho conoscano questo rituale così preciso per dare requie alle loro anime in pena: se ne intendono perché hanno già subìto altri genocidi in precedenza?, ci si chiede.
Gli Ja-Gen-Ho parlano di una “vergogna” da cancellare, ma, almeno nella nostra ottica umana, risulta difficile capire di quale vergogna si tratti. Questo popolo è stato sterminato: non dovrebbe provare sensi di colpa. 
Indigesta è la velocità con cui l’intera faccenda viene attribuita alle azioni di anime in pena che non riescono ad andare oltre: solitamente, un’affermazione così paranormale e indimostrabile viene quanto meno presa dagli sceneggiatori con le molle del più sarcastico scetticismo; questa volta invece è un assunto trattato come se fosse una situazione quotidiana.
Per finire, il potere che gli Ja-Gen-Ho sfoggiano da morti è impressionante e apparentemente senza limiti: difficile credere che appartenga alla stessa specie che i soldati di Garfield hanno sterminato a colpi di fucile. 

Sicuramente è possibile spiegare e circostanziare tutte queste situazioni, che allo stato attuale appaiono come facili scorciatoie narrative, ma la giustificazione della mancanza di spazio non può essere addotta in tutti i casi citati. E’ infatti vero che l’albo esce con 20 pagine in meno (a prezzo invariato), ma è anche vero che esso si apre sprecando spazio in abbondanza, con una lunga sequenza, quella ambientata in Louisiana, che risulta poi completamente riempitiva (salvo minimi agganci puramente formali con la vicenda del non-complotto).  


MITOLOGIA NATIVO-AMERICANA

Come spiegato nella rubrica di coda dello SdA, “Coloro che vivono di morte” fanno parte della variegata mitologia nativo-americana, i cui numerosi elementi di base sono declinati in infinite varianti a seconda della tribù che li ha fatti propri e rielaborati.
La particolare struttura narrativa del popolo indigeno antecedente all’umanità, che emerge dalle viscere della Terra per giudicare e sterminare un sonnolento borgo moderno di umani “bianchi”, è stata usata anche da John Byrne in un episodio decisamente unico del suo memorabile ciclo su Fantastic Four. Stiamo parlando di “Wendy’s Friends”, cioè il n. 239 del volume 1 di Fantastic Four, un albo del 1982 che mostra sorprendenti affinità con questo SdA del 2014.

Nelle 22 pagine di ”Wendy’s Friends”, Byrne invia i F4 nello sperduto e isolato borgo di Benson, in Arizona, dove entità arcane simili a versioni in miniatura degli N’Garai stanno causando eventi che terrorizzano a morte la popolazione. Lo stile della vicenda richiama da vicino la narrazione del telefilm culto Ai confini della realtà. La narrazione è paradossalmente ricca di dialoghi, ma asciutta e mirata a causa del formato del comic book statunitense; l’arte è quella curatissima del periodo migliore di Byrne; insieme, questi due aspetti conferiscono una potente efficacia visiva e una notevole coerenza narrativa all’intera vicenda. 
Come nelle leggende nativo-americane, in cui il “piccolo popolo” preferisce rivelarsi a bambini e anziani, anche i non-N’Garai di Byrne stabiliscono un rapporto privilegiato con una piccola bambina mezzo-sangue (e quindi rappresentante degli indiani d'America, un popolo non corrotto come i “bianchi” europei).
 Il loro scopo, apparentemente in reazione agli abusi genitoriali subìti dalla piccola, si rivela essere il “giudizio ciclico” degli abitanti di Benson, declinato in modalità arcane e “cosmiche”: infatti, come viene ipotizzato dalla celebre e mysteriana archeologa Ruth Efford, in seguito a scavi archeologici letteralmente degni di questo nome, la regione di Benson era già stata giudicata e drammaticamente “purgata” ben diecimila anni fa da questi non-N'Garai (che sterminarono i nativi di quell’epoca, chiunque e qualunque cosa essi fossero); ora l’evento si ripete, ma il giudizio, che è non-ostile, ha un esito diverso, offrendo infatti la possibilità di redimersi agli abitanti di Benson che sopravvivono alla prova.
La vicenda si conclude su questa nota, accompagnata da un esodo quasi completo della popolazione, salvo pochi “eroici” cittadini che non vogliono fuggire. Comunque sia, tutti loro sono stati “toccati” dal giudizio, e ciò offre la speranza di un cambiamento in meglio delle loro vite.

Se i F4 incarnano la squadra steampunk di Altrove, la studiosa europea Ruth Benson gioca invece il ruolo del letterato Oscar Wilde, mentre gli n’Garai sono ovviamente una versione più arcana degli Ja-Gen-Ho, i cui scopi e modi risultano davvero imperscrutabili e inconoscibili in quanto alieni al nostro modo di pensare.




ALTRE CITAZIONI

 Recagno ha già illustrato le citazioni “effettive” nell’intervista sul sito Bonelli, per cui noi ci limitiamo a un po’ di annotazioni marginali.

Episodio di Fantastic Four a parte, Oscar Wilde ironizza sulla scarsa originalità dell’idea della “società bene” che in realtà è un covo di mostri: quasi un richiamo a Society: The Horror di Brian Yuzna.

Olimpia parafrasa invece Bruce Banner (di The Incredible Hulk), col suo famoso “non fatemi arrabbiare: non vi piacerei quando sono arrabbiato”.

La squadra steampunk di Altrove, forse l’unico elemento di novità di questo albo, utilizza un rilevatore di presenze ectoplasmiche che richiama l’improbabile e artigianale detector usato dai fratelli Winchester del telefilm Supernatural.

La mostruosità indiana delle paludi che intrappola Olimpia (e chi è che riesce a “stordire” Olimpia, colpendola banalmente sulla nuca?) è presentata da Recagno come un elemento Lovecraftiano, ma la sensazione del lettore ignorante è che potrebbe essere qualcosa di più, come un’astuta citazione di una qualche oscura vicenda horror Bonelliana tratta da pubblicazioni western dei vecchi tempi, oppure anche un accenno a una qualche idea tenuta in serbo da Recagno: purtroppo la mancanza di connessioni significative tra questa lunga sequenza e la trama portante impedisce di azzardare altre ipotesi sulla sua presenza nell’albo.

L’emersione di arcani piloni dal terreno (in questa variante ricoperti di pittogrammi tipicamente nativo-americani) è un luogo comune veramente abusato della narrativa fantastica, ed è difficile trovare una specifica fonte di ispirazione. Sorprende un po’ che si parli del loro scopo di conduttori di energie geomantiche: si tratta di un elemento fondante della mytologia mysteriana, solitamente condannato al limbo dal restyling della serie regolare.

A pagina 76 compaiono: uno scienziato celebre il cui nome non ci sovviene; il protagonista del Garage Ermetico di Moebius (vignetta 2), Van Helsing (versione Castelli), Lon Chaney e un altro che a sua volta non sappiamo identificare (Lupin?). 

Nelle scene ad Altrove, non abbiamo individuato il Murchadna indicato da Recagno nell’intervista, ma sicuramente sono visibili il ritratto del Comandante Mark e la Time Machine del primo film basato sul romanzo di Orwell, oltre che un enigmatico Cubo che potrebbe giungere da Hellraiser.

Purtroppo Recagno si è fatto sfuggire l’occasione di dare un senso mysteriano alla faccenda del “limite dei venti anni” che vincola l’immaginario rituale degli Ja-Gen-Ho: non sarebbe stato nulla di plausibile al di fuori delle pagine di MM, ma sarebbe valsa la pena di associare questo intervallo di tempo ai venti anni de “La maledizione di Annabel Lee” e al ciclo ventennale che segna il ritorno dei Kundingas sulla Terra (come notato nella 'Mailing List' del BVZM dall’utente Cristian Di Biase).

Sulla mailing list del BVZM, infine, Recagno ha anche raccontato che il titolo di lavorazione di questa storia, apprezzato da Castelli, era “Wilde, Wilde West”.

L’ARTE

 L’arte di Antonio Sforza si dimostra molto gradevole e fluida, quando e dove l’autore riesce a completare matite e chine, creando atmosfere tenebrosamente suggestive e raffigurando intriganti e dettagliate fisionomie di personaggi nuovi e vecchi.
La collaborazione di Romanini citata nei credits consiste in chine complete di una ventina di pagine più chine degli sfondi di molte altre pagine, con un netto contrasto tra queste e i primi piani curati da Sforza nelle stesse pagine (da notare la goffaggine di vignetta 3 di pagina 59). Certe sequenze, però, sembrano anche disegnate, oltre che inchiostrate, da Romanini, nonostante quanto detto da Recagno nell’intervista già citata.
E’ possibile che Romanini abbia quindi contribuito a rifinire le bozze a matita di Sforza, completando quindi le matite e imprimendovi il suo marchio: il risultato è meno stridente di quando Romanini imita lo stile di Alessandrini sulla serie regolare, ma non è tra i più felici.
O forse l’effetto è meno marcato perché Sforza è un disegnatore nuovo per l’universo Mysteriano e le sue caratteristiche grafiche non sono ancora divenute abbastanza familiari all’occhio da saper riconoscere all’istante un suo emulo.
Restano comunque le differenze tecniche, che saltano all’occhio nelle tipiche limitazioni di Romanini, e soprattutto nella sua difficoltà a gestire in maniera fluida la grafica di ciò che esula dalla quotidianità, che si tratti illustrare in modo credibile le tecnologie avveniristiche di Altrove (o di Marte) o una creatura non umana (dagli Ja-Gen-Ho ai Satiri). Il suo apporto al volume non è indifferente, e visto il numero ridotto di pagine e il prezzo elevato dell’albo, influisce sulla qualità complessiva dell’acquisto in modo significativo.


 IN CONCLUSIONE

 Sebbene i singoli elementi di questo albo siano tutti interessanti e ricchi di potenziale, dall’idea di base all’arte, ognuno di essi è viziato da una qualche lacuna di fondo, che insieme alle altre concorre a dare un’idea generale di incompletezza da “vorrei-ma-non-posso”, impedendo quindi il raggiungimento di una sufficienza dell’esecuzione. E, ci spiace essere venali, ma l’aver pagato un prezzo pieno per un lavoro con queste lacune contribuisce non poco a questo giudizio negativo.

lunedì 13 ottobre 2014

Matite per la copertina "Furto d'identità digitale"

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta le matite della copertina dell'episodio n.26 di Febbraio 2014, Ciò che non è morto (parte 2).

Dedicata alla sequenza che vede Martin Mystère e Diana Lombard schiacciati da eventi burocratici privi di consistenza fisica, ma letali come la caduta di un macigno, questa copertina segna il temporaneo trionfo del Grande Vecchio dell'Apocalisse, le cui risorse finanziare gli consentono di annientare l'identità anagrafica, l'uso delle telecomunicazioni e l'accesso alle riserve finanziare di chiunque gli vada a genio, cancellandolo letteralmente dall'esistenza moderna!

Per la prima volta: arte di Vincenzo Antronico.

Concetto di Franco Villa.





Indice della serie Get A Life.

mercoledì 8 ottobre 2014

Studio per Ultimate Oscar Olsen

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta uno studio di personaggio per "Un Martin per tutte le stagioni".


Oscar Olsen è un Uomo In Nero aggressivo e rivoluzionario, che già ai tempi dei parrucconi conservatori degli anni 1950 cercava nuove vie per consolidare il potere della sua setta, come Mark Mystère ha scoperto in La prima volta di Mark.
In quanto diverso dagli altri UiN, Oscar non ha esitato a imboccare strade che lo hanno condotto a una evoluzione inattesa. Le geometrie orientaleggianti della sua corazza "demoniaca" non sono casuali, e nell'universo di Martin Mystère "oriente" può significare una sola cosa.
Sarà infatti questo (quale?) l'argomento del maxi-episodio "Un Martin per tutte le stagioni", vicenda che chiuderà il secondo e più ambizioso arco narrativo di Get a Life!, risolvendo l'accenno fatto da non-Drusilla, Kunanjun e il Latore di Idee nel succitato episodio dedicato a Mark Mystère.

Get a Life! - Indice degli episodi

lunedì 6 ottobre 2014

La saga del Lampadario 2.0 (Get a Life nn. 3-4)

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, ripresenta gli episodi n.3 e 4, La vendetta del Lampadario e La progenie del Lampadario (ovvero Martin Mystère n. 12ter), con il rifacimento integrale di titoli e balloon, per il motivo che tutti ormai ben conoscono e che sarà pubblicato a novembre 2014.

I vicini di casa di Martin Mystère sono Evelina ed Elmer Morgan. Ma un tempo erano Ann e John Jones, mentre i Morgan erano solo una micidialmente noiosa coppia che possedeva lampadari orribili e scattava migliaia di noiose fotografie di vacanze in Messico, da mostrare sotto forma di diapositive agli ignari amici.
Cosa c'è alla base di questo scambio di identità? E' un errore degli autori, oppure si tratta di androidi atlantidei appartenenti a Tupac e di creta magica dei Golem?
Gli Uomini In Nero e le forze di Altrove tenteranno di rispondere alla domanda, scoprendo che il mystero abita letteralmente nell'appartamento davanti a quello di Martin Mystère!





Arte di Seb.
Storia e lettering di Franco Villa.
Supervisione di Luca Salvadei.

In questo albo si parla di:
Martin Mystère n.11, "Il teschio del destino", Martin Mystère n.12, "All'ombra di Teotihuacan", Martin Mystère n.275, "Colpevole di omicidio", Sheila Norton, Antonietta Fernandez, la Spada-Ebdecaedro, i coniugi Morgan, La casa dalle finestre cieche.

Tutti gli altri episodi e l'arte extra qui: indice della serie Get A Life.

martedì 30 settembre 2014

GaL #33 - The Woman Who Stripped for the Voynich

Get A Life (the fancomic miniseries NOT presented by Martin Mystère) presents The Woman Who Stripped for the Voynich in English.

It's the real secret of the Voynich Manuscript, which held more secrets than just a "simple" Doomdsay Machine controlled by an A.I. who believed itself to be god!
Whatever Martin Mystère did to stop that device, it was not enough-- now it's up to Travis "DoubleTee" Travis, who will have to travel to the Hollow Earth and learn the secret of the Yin to that A.I.'s Yang. And only the assistence of the most naked woman who ever graced the saga of Martin Mystère will give him the chance to triumph!



Story & lettering by Franco Villa.
Proofreading by Zac DeBoard

Want more? Here is the Get a Life! episode index.

mercoledì 24 settembre 2014

Get a Life n. 33 - La donna che si spogliò per il Voynich

Get A Life, la serie NON presentata da Martin Mystère, presenta l'episodio n.33 di Settembre 2014, La donna che si spogliò per il Voynich .

Il mystero del Manoscritto Voynich è già stato svelato da Martin Mystère: si trattava del codice informatico per programmare l'Intelligenza-Artificiale-col-complesso-di-dio che avrebbe attivato l'ennesimo satellite capace di distruggere il mondo.
Tale Intelligenza fu prima cortocircuitata da Roger Bacon e poi definitivamente distrutta da Martin Mystère, che usò lo stesso trucco usato da Bacon. Ma come mai lo stesso trucco ha avuto effetto diverso, la seconda volta? E' proprio vero che l'I.A. è andata distrutta?
E ancora: possibile che il Manoscritto Voynich avesse solamente quel segreto da offrire? E tutte le sue mysteriose illustrazioni allusivamente alchemiche? E le leggende sui suoi tre possibili estensori, nonchè le bizzarre traduzioni parziali che circolano tra gli studiosi?
L'ispettore Travis sta per trovare tutte le risposte, e affronterà anche un altro mystero, a insaputa di Martin: quello delle donne che si presentano nude a casa del Detective dell'Impossibile per arrapare i lettori che non sanno ancora usare la funzione Cerca Immagini di Google!



Storia e lettering di Franco Villa.
Supervisione di Luca Salvadei e Cristian Di Biase.

In questo albo si parla di:
Martin Mystère n. 167, "Obiettivo Apocalisse", Speciale Martin Mystère n. 30, "Il segno di Venere", Il giardino del diavolo, Leonardo da Vinci, Ruggero Bacone, Girolamo Cardano, la Terra Cava, John Stojko, Intelligenza Artificiale , Grande Opera, Yin e Yang, Tex Avery.

Tutti gli altri episodi e l'arte extra qui: indice della serie Get A Life.