domenica 15 giugno 2014

[Recensione] Martin Mystére n. 333, “Il naufragio del Telemaco”




Martin Mystére n. 333
"Il naufragio del Telemaco"
Sergio Bonelli Editore
Giugno 2014


Storia di Alfredo Castelli con Enrico Lotti. Disegni di Giovanni Romanini.

Secondo la leggenda, re Luigi XVI di Francia decise di salvare la propria ricchezza dalla Rivoluzione, inviandola segretamente in Inghilterra tramite un battello che sarebbe dovuto partire da Rouen. Il battello era il Telemaco (a una prima ricerca, non abbiamo trovato documentazione in italiano in rete e ci siamo accontentati dei siti in francese). Il battello affondò prima di raggiungere il mare aperto e, quando fu recuperato da un certo Taylor, circa cinquanta anni dopo, la stiva risultò contenere solo materiali comuni.
Alfredo Castelli parte da queste premesse per sviluppare una vicenda segreta che si è svolta dietro le quinte dei già non proprio limpidi fatti storici: il Telemaco affondato nella Senna era in realtà uno specchietto per le allodole, mentre il vero vascello che portava questo nome salpò nientemeno che per le Americhe, con meta New York.
Per aumentare la simmetria, Castelli unisce a questa ricostruzione segreta anche un’altra leggenda, quella secondo cui il figlio di Luigi XVI, il delfino Luigi Carlo, dopo essere stato imprigionato dai Rivoluzionari, fu sostituito in cella da un bambino rachitico e gravemente malato, che morì al posto del nuovo re minorenne (a tutti gli effetti, Luigi Carlo era divenuto Luigi XVII). Come il tesoro del re, anche Luigi Carlo viaggiò fino alle Americhe, dove avrebbe raggiunto la maggiore età e procreato, dando vita a una dinastia parallela dei Borboni protrattasi fino ai giorno nostri (anzi, come precisa un personaggio del fumetto, si tratta dell’unica e vera dinastia dei Borboni per linea di sangue).
Oltre a ricostruire queste mitologie già note, Castelli aggiunge uno sviluppo logico che non è particolarmente sorprendente o mysterioso, rivelando che intorno alla famiglia reale Borbone (ridotta attualmente a un solo rappresentante) ruotano i discendenti della nobiltà dell’epoca, che avevano seguito Luigi Carlo nelle Americhe: si tratta di persone con nomi comuni e lavori altrettanto comuni, che però in privato usano i loro titoli nobiliari e, proprio come i loro antenati, ordiscono trame e complotti per il potere e la ricchezza, dando forma a una corte di nobiluomini straccioni, parodistica ma anche fanaticamente pericolosa.
Con l’attuale re (denominato Francesco IX) ormai gravemente malato e senza eredi, è inevitabile che gli ambiziosi nobili contemporanei ambiscano a garantirsi la successione, a qualunque costo.
Martin Mystère viene coinvolto da questo gruppo di apparenti squilibrati e, nonostante il suo scetticismo, si lascia trascinare nell’intrigo in corso, soprattutto perché questi presunti discendenti di nobili francesi sono molto informati riguardo al carico di un certo relitto di un vascello francese che, secondo il fumetto, viene ritrovato proprio in questi giorni durante gli scavi sul fiume Hackensack.
Sembra quindi che la leggenda del Telemaco giunto nelle Americhe corrisponda a verità: Martin indaga, sopravvive agli attentati dei nobili e svela il nome dell’assassino di Francesco IX, risolvendo anche l’enigma del nascondiglio degli ori di Francia. Purtroppo, le casse del tesoro del Telemaco, finalmente ritrovate in una chiesa di provincia, contengono solo sassi, lasciando tutti con l’amaro in bocca.
In una ricostruzione di fantasia che chiude l’albo, Martin ipotizza che il signor Leroux (colui che gestì l’intera fuga del tesoro e del Delfino) abbia invece portato i preziosi in Brasile, dove visse agiatamente assumendo l’identità di un mercante spagnolo; per di più, il presunto Luigi XVII transfugo era solo un trovatello che Leroux aveva spacciato per il Delfino, allo scopo di ingannare i nobili che gli avevano commissionato l’impresa.
I discendenti di quei nobili si sono quindi scannati a vicenda senza motivo, e del tesoro della corona francese non si sa né si saprà mai nulla.

Martin Mystère affronta con divertimento questa vicenda, ironizzando spesso e volentieri sulle stramberie della moderna “corte di Francia” calata nella realtà newyorkese, fino a usare deliberatamente i titoli nei nobili coinvolti per spiazzare Java.
Castelli ricorre alla classica e apprezzata tecnica del “visitatore esaltato” che racconta una storia impossibile a Martin, per dare vita alla parte più interessante del fumetto, e cioè i flashback storici che rivelano come si sono “veramente” svolte le cose durante la Rivoluzione Francese.
La documentazione dettagliata ed enciclopedica, tipica dell’autore, si dispiega nella ricostruzione storica, con un'accurata analisi socio-politica delle forze che si agitavano a Parigi durante la Rivoluzione Francese. Per certi versi, l'accenno agli n-mila complotti che involontariamente facevano da schermo a ulteriori cospiratori sembra quasi una metafora della pletora di organizzazioni segrete contemporanee dei fumetti di Martin Mystère, le quali non si incontrano/scontrano mai finchè non interviene Martin a smascherarle una a una.
Meno dettagliata e "spiegata" è invece la geografia della narrazione presente: Castelli sembra dare per scontato che tutti sappiano che nel New Jersey esiste un fiume Hackensack omonimo della cittadina che sorge sulle sue sponde, ma forse sceglie di restare sul vago per non svelare l'inganno linguistico che porta fuori strada i cacciatori del tesoro.
La cultura di Castelli si palesa infine anche nell’abilità con cui crea una falsa pista per il tesoro, la quale conduce alle isole Barbados, salvo poi svelare tramite nozioni storiche quale sia la località che un tempo includeva nel proprio nome il termine “Barbados” (ed è giustamente questo il contributo che l’onnisciente Martin Mystère fornisce alla vicenda).

Giovanni Romanini illustra la vicenda col suo tipico stile calato negli anni 1960, che risulta abbastanza efficace nel rendere lo squallore degli ambienti della fine del 1700, ma che traslato nel presente finisce col far passare un televisore ultrapiatto per un oggetto vintage. Visivamente, la narrazione risulta monocorde e senza sorprese come la trama, rispecchiandone la scarsa vivacità con inquadrature che si mantengono omogenee dall’inizio alla fine dell’albo.
Oltre alle immancabili fisionomie che vacillano di vignetta in vignetta, rendendo dubbia l'identità dei personaggi, compaiono prospettive terribili o impossibili: a pagina 18, il marinaio che sfonda la parete alle sue stesse spalle viola ogni legge della fisica, mentre la panchina a pagina 59 permette a Martin e Rosenberg di guardarsi in faccia o di sedere a livelli diversi (è una panchina a gradoni? ad angolo?). Si potrebbero elencare numerose altre situazioni vistosamente errate, ma non ci basterebbe lo spazio.
Come nel resto della sua produzione camaleontica, Romanini mescola personaggi ufficiali illustrati con lo stile di Giancarlo Alessandrini a personaggi secondari che invece hanno le fisionomie alla Magnus.E' sconcertante il  contrasto causato dall'alternanza di vignette con disegni "linea chiara" (letteralmente identici ai lavori di Alessandrini) e vignette dense di grevi ombre che assalgono i personaggi anche quando siedono al parco in piena luce; a volte i due stili si scontrano persino nella stessa vignetta, per non parlare di quando l'abbigliamento cambia coloroe (da bianco a nero) da una pagina all'altra (l'incontro di Robespierre con "qualcuno" segue questo andazzo e a un certo punto non si capisce quasi più chi sia chi).

La copertina di Giancarlo Alessandrini è coerente col titolo, ma si rivela anche slegata dal fumetto effettivo, nel quale non avviene nessuna immersione sul fondale del fiume Hudson, non si vede mai il relitto del Telemaco, non v’è alcuna traccia del tesoro, non si riscontra ovviamente la presenza di subacquei o fauna ittica ostili e infine latitano completamente la “avventura” e l’effetto “appassionante” della caccia al tesoro che era stato promesso dalle anteprime.

Nessun commento:

Posta un commento