Martin Mystère n. 390 (mensile)
"Cronache marziane"
Storia: Carlo Recagno
Disegni: Fabio Grimaldi
Agosto 2022
Dopo mesi e mesi di attesa, sulla testata dell'Impossibile si torna a trattare la Storia Mysteriana del Mondo in maniera competente, articolata e approfondita: invece di tirare fuori l'ennesimo "congegno atlantideo" impossibile, di cui non viene poi spiegato alcunché, si attinge finalmente alla vasta messe di eventi e concetti che Martin Mystère ha appreso nel corso degli anni, e si articola una nuova vicenda in cui non solo emergono varie novità, ma si creano anche connessioni inedite tra i detti eventi/concetti più memorabili e amati, rinnovando così sottotrame in sospeso da tempo, oppure svelando il vero volto di personaggi storici tanto familiari quanto in realtà sconosciuti.
Nel paradosso delle migliori produzioni mysteriane, questo è un racconto atipico, ma collocato nel solco della tradizione: il Detective dell'Impossibile è presente, ma spicca per la sua assenza, in un flusso di cinque (!) diverse narrazioni parallele, che si svolgono in luoghi o epoche lontanissimi senza mai toccarsi, ma tutte unite da un elemento comune, che le riunisce definitivamente solo nel finale. Non s'è infatti mai visto un Martin così poco protagonista, eppure è già accaduto che il lettore ne sapesse più di lui alla fine della vicenda: la struttura narrativa è infatti quella dei migliori albi della collana Martin Mystère Gigante, e cioè Il segreto di San Nicola, L'isola di ghiaccio e di fuoco, Il re Rosso; la differenza sta nel minore numero di pagine, che porta Recagno a omettere la classica indagine di Martin Mystère, che fa da collante e tira le fila degli elementi cruciali. A compensare questa carenza, Recagno lo rende quindi protagonista in un altro modo, tanto inatteso quanto coerente con la sua storia personale.
La ricchezza di tematiche e di spunti del fumetto rende quasi impossibile recensirlo a fondo senza anticipare sviluppi e rivelazioni, per cui non ci resta che invitarvi a leggere l'albo e tornare qui per approfondirne gli aspetti, interrogarvi sulle implicazioni, ipotizzare le evoluzioni future, contribuire alla mappa della continuità che segue.
La guida alla continuità
Amaterasu ha pianificato la spedizione su Marte per decenni, allo scopo di salvare il mondo dalla catastrofe. Se la catastrofe è quella causata dalle armi finali impazzite (e non un'altra fresca di invenzione narrativa), allora in apparenza Amaterasu gode di una qualche prescienza relativamente agli eventi de Il segreto delle Ombre Diafane (Martin Mystère Gigante n.8), a meno che il satellite compromesso dai Fratelli delle Pleiadi non abbia davvero atteso decenni per attivarsi.
Ne La città dei Cinque Anelli (Martin Mystère nn. 196-197), l'Atlantideo Adam vede in televisione un servizio sulla spedizione marziana di Atlantide, la prima di quella nazione. Ne Gli Uomini In Nero (Martin Mystère Gigante n. 3), Adam sembra avere circa la stessa età, dopo l'armageddon atlantideo-muviano. Da questi dati apparenti, possiamo supporre che Atlantide sia molto più arretrata nel viaggio spaziale di Mu (e possiamo anche supporre che Mu abbia mantenuto segretissima la sua spedizione, per quanto sicuramente svolta in grande stile). Non sappiamo però quale sia la durata media della vita di Atlantidei e Muviani: magari Adam ha mantenuto lo stesso aspetto per decenni (lo stesso ragionamento può essere applicato ad Amaterasu, per la questione della sua presunta prescienza).
Da La città dei Cinque Anelli (Martin Mystère nn. 196-197) sappiamo che in Atlantide l'esistenza del Graal era di pubblico dominio, e che la sua spedizione su Marte (chiamato però Ares) non fu coperta dal segreto. Non si sa se ci fosse in ballo una "corsa allo spazio" analoga a quella USA/URSS (di certo Mu la vinse con largo anticipo, ma in segreto, e forse Atlantide la emulò malamente solo decenni dopo, quando il fatto divenne noto).
Da Roncisvalle! (Martin Mystère nn. 94-95-96) apprendiamo, tramite Merlino, che la Spada di Nuada (ma non più tale, in seguito alla rettifica del nome dei Tuatha De Danaan) fu divisa in sette spade ai tempi di Atlantide; non si precisa però quale Atlantide (o meglio, in quale epoca della sua lunghissima esistenza). Non c'è alcun flashback atlantideo nella serie in cui persone dell'epoca si dimostrano consapevoli dell'esistenza delle Spade (almeno fino a oggi).
Il Satiro Pan, visto nella notevole Il sabba delle streghe (Martin Mystère nn. 38-39-40), magistralmente illustrata da Claudio Villa, racconta di essere stato alla corte di Atlantide. Ma quale Atlantide? All'epoca dell'uscita di quell'albo, il concetto della "prima Atlantide" non era ancora stato introdotto, e quindi le sue parole sono interpretabili.
La cosiddetta "prima Atlantide" risale ad almeno 75.000 anni fa, epoca in cui le sue isole di Ruta e Daytia sprofondarono a causa dell'innalzamento del livello del mare. Se ne parla per la prima volta ne La piramide sommersa (Martin Mystere nn. 81-82-83) e si ritorna ampiamente sull'argomento ne Il Re Rosso (Martin Mystère Gigante n. 11).
Amaterasu è l'Imperatrice in carne e ossa, e non la versione cibernetica de La vera storia del capitano Nemo (Martin Mystère 69-70-71), in apparenza. Che legame avranno le due?
I misteriosi Tecnomanti della Prima Atlantide (cioè i Satiri Marziani) non sono gli stessi dell'Atlantide di 10.000 anni fa: questi ultimi sono comparsi ne I Tecnomanti (Martin Mystère n. 247), oltre che in Magic Patrol su Zona X, dove a rappresentarli c'è un tale Amon; nella serie di Nathan Never, compaiono certi Signori della Guerra Atlantidei (Warlords tradotto letteralmente?) capeggiati sempre da un tale Amon: supponendo che si tratti dello stesso Amon, si tende a considerare questi Condottieri come Tecnomanti (sebbene le loro azioni non aiutino a qualificarli). Non ci viene dato alcun elemento per capire se i due gruppi, separati da un colossale abisso temporale, siano collegati. Se un legame esiste, sembra improbabile che i secondi abbiano ereditato le conoscenze dei primi: altrimenti, Amaterasu avrebbe cercato di ricavare da loro il segreto per controllare le Spade, senza scomodarsi a spedire gente poco affidabile su Marte.
La genesi dei Doni dei Tuatha De Danaan è raccontata ne Il segreto di San Nicola (Martin Mystère Gigante n. 1). "Tuatha De Danaan" è il nome mitologico attribuito, nella nostra epoca, agli eterei e algidamente inconoscibili alieni che portarono gli Esagoni sulla Terra. Ai tempi di Atlantide e Mu, essi erano noti col nome di Kundingas, come già specificato ne Le ombre di Camelot (Martin Mystère Speciale). Per noi, però, i Kundingas sono gli alieni nanetti e panciuti, dall'aspetto tenerone e goffo, molto simile al personaggio alieno del film E.T. the Extra-Terrestrial (1982), che si fanno ingenuamente ammazzare a mitragliate dai bastardi Uomini In Nero australiani.
Non è la prima volta che ci viene lasciato intendere quanto sia vasto il potere potenziale di un Esagono integro: qui si afferma che il mondo, se le Sette Spade venissero riunite, diverrebbe completamente un altro mondo; ne L'isola di Ghiaccio e di Fuoco (Martin Mystère Gigante n. 6), abbiamo già visto come l'Esagono divenuto Anello Dei Nibelunghi possa letteralmente riscrivere la realtà.
Susanoo ha acquisito una spada, la Kusanagi, nascosta proprio da un Tecnomante all'interno di una bestia cibernetica, nel recente Come ai vecchi tempi (Martin Mystère n. 376); nello stesso albo, è tornano in scena Sergej Orloff.
La sequenza iniziale dello scontro tra Martin Mystère e Sergej Orloff è ripresa da Il matrimonio di Sergej Orloff (Martin Mystére n. 330); quello stesso albo dava spazio all'ipotesi che Orloff non fosse stato disintegrato, ma trasferito in un carcere per la detenzione dei Muviani scomodi. Tale ipotesi è ora confermata.
Il personale Muviano della stazione marziana ha torto nel credere che la stazione sia un carcere dove far sparire i personaggi scomodi, ma nello stesso tempo ha ragione nel supporre che ne esista uno: è quello in cui Orloff si ritrova prigioniero, insieme a Muviani che presumibilmente si trovano in quello stato da diecimila anni. Lo scetticismo del Professore è quindi prova di ingenuità?
Orloff afferma di sapere come andare su Marte senza il bisogno di astronavi. Chissà a quale ingegnosa soluzioni starà alludendo, considerando il notevole andirivieni, tradizionale o meno, che è avvenuto nel corso dei millenni per varie forme di vita tra Marte e la Terra? Ne abbiamo parlato ne L'ombra di Za-Te-Nay (Martin Mystère n. 335), mentre ne La musica delle Sfere (Get a Life! n. 14) abbiamo ricostruito la possibile genesi e differenziazione della vita su Marte, andando dai batraci ai satiri, passando per gli insetti nathanneveriani.
|
Morte al varietà (Martin Mystère n. 71) |
Dulcis in fundo, Sergej Orloff chiama "William" il proprio autista, che però alla fine non ce la fa più e corregge il padrone, informandolo della verità: "Mi chiamo Wilbur, signore".
E Orloff risponde "Non è colpa mia".
Da dove giunge questo brevissimo e unico momento umoristico di una storia piuttosto cupa?
Giunge dai meandri della serie, giusto per ricordarci ancora una volta quanto Carlo Recagno la conosca bene: in Morte al varietà (Martin Mystère n. 71), infatti, Martin ci fa sapere il suo parere sul nome Wilbur.
Passando alla continuità stilistica, vale la pena di osservare come Recagno prosegua ormai da anni col suo approccio della vaghezza anonima nelle coordinate che identificano personaggi e luoghi: la base Muviana su Marte (priva di nome) è popolata da personaggi privi di nomi, e identificati dal loro ruolo (Tenente, Professore, Direttrice), proprio come sono senza nome le due zone di New York in cui Orloff incontra il suo fornitore e in cui si radunano gli Uomini In Grigio. Ad avere un nome è solo l'assistente di Amaterasu,
Sardukar (in quanto già apparso nel Martin Mystère Gigante n. 8, con un nome che giunge dalla saga di
Dune). E' enorme la differenza rispetto alle dozzine di storie newyorkesi in cui Castelli forniva indirizzo, storia del quartiere, aneddoti sui ristoranti e altri luoghi tipici, creando un'esperienza tridimensionale che imprimeva tanto la storia quanto i luoghi nella memoria del lettore. Con l'andazzo attuale, invece, tanto i personaggi quanto i luoghi sono avvolti in una foschia di vaghezza, indeterminazione e genericità; un grigio anonimato (non a caso?) che li condanna rapidamente all'indifferenza, e quindi all'oblio.
Rispetto a
Come ai vecchi tempi (Martin Mystère n. 376), il comparto artistico presenta qualche miglioramento, specialmente nella gestione dei volti (la sproporzione tra i lineamenti e la dimensione della faccia, per esempio, è qui molto meno frequente, anche se non scomparsa); continuano a non convincere, invece, le figure umane impegnate nelle scene d'azione (nel
flashback di apertura, il Martin Mystère che aggredisce Orloff sembra avere la spina dorsale spezzata), mentre quelle statiche sono dignitose. Convincono di più gli sfondi e le ambientazioni, forse per via della maggiore gestibilità digitale di questo comparto visuale.
Il fumetto come lettura dell'attualità
Non era certo solo Alessandro Manzoni a raccontare l'occupazione spagnola nella Milano del 1600 per criticare quella austriaca della propria epoca.
Brevemente, il racconto ci spinge a credere che Orloff sia finito proprio su Marte, nella base Muviana, in quanto destinata a essere trasformata in un carcere. In seguito, la Direttrice e il Professore smantellano questa interpretazione, almeno a parole. Ma, siccome questo fumetto è fortemente incentrato sugli strati di menzogne e finzioni che il potere tesse dietro una facciata di rispettabilità, in tutte le epoche, e dato che noi non sappiamo davvero cosa ne fu della base Muviana su Marte dopo il fallimento della missione, non possiamo escludere che i suoi ampi spazi ora ospitino le innumerevoli celle del carcdre Muviano viste nel ricordo di Orloff (e anticipato ne Il matrimonio di Sergej Orloff). Non è chiaro se la Direttrice sapesse dello scopo della spedizione (cercare il segreto dei Satiri Marziani) o se anche a lei fosse stato tenuto nascosto da Amaterasu (che afferma che è un segreto noto solo alla sua famiglia): se Amaterasu ha mentito una volta alla Direttrice, può averlo fatto anche due volte (tenendole segreto che la base sarebbe stata riciclata come carcere); se la Direttrice non era una pedina, ma una complice della ricerca del segreto dei Tecnomanti, e quindi mentiva al personale (abbiamo visto oggettivamente come ha proibito l'accesso alla Città di E'd'n), può anche lei averlo fatto due volte (non rivelando che la base sarebbe divenuta un carcere). Tutte le ipotesi sono buone, perché questo fumetto ci insegna che il Potere giustifica il proprio operato a ogni costo, ricorrendo a qualunque mezzo e vantando nobili obiettivi dietro cui si nasconde invece l'interesse personale del'autoconservazione. Di conseguenza, i ribelli avevano ragione sia sulle menzogne dei loro capi, sia sulla faccenda del carcere (che infatti esiste): però, come analizzeremo in seguito, non hanno avuto la lucidità per giungere alle conclusioni corrette.
Gli Uomini In Grigio di Buenos Aires sono comparsi ne Il libro di sabbia (Martin Mystère nn. 154-155), ma qui non li vediamo mai in scena. Infatti, il gruppo che agisce a New York è quello dei Rosa+Croce (Rosenkreutz) di Contrappunto, scherzo e fuga (Martin Mystère Special n. 12): costoro si autodefiniscono adesso come Uomini In Grigio, mentre nello Speciale parlavano più genericamente del "non-colore" grigio che caratterizza il loro grandissimo potere, quello invisibile e inarrestabile degli anonimi funzionari delle strutture statali di tutto il mondo. I bibliotecari di Buenos Aires si presentano a Martin come un'organizzazione che ha il solo scopo di custodire l'Aleph (l'oggetto che mostra tutto l'universo, futuro compreso, a chi lo osserva): anche loro dichiarano di essere funzionari che agiscono dietro le quinte, usando la definizione "Uomini In Grigio" in riferimento al termine di eminenza grigia. I Rosa+Croce, oltre ad avere "sezioni" in tutto il mondo (tra cui quella di Buenos Aires, apprendiamo ora), hanno un diretto Superiore che è analfabeta e vive come un senzatetto, ma hanno anche un Controllore (la stessa persona?) che decide certe loro mosse (per esempio, l'interazione con Altrove è vietata senza esplicito permesso).
In un mondo devastato da una crescente crisi ambientale, economica, delle materie prime, bellica, idrica, alimentare e climatica, che sta ampliando senza sosta il numero di persone che vive sotto la soglia della povertà, i grigi burocrati dei Rosa+Croce si preoccupano opportunisticamente di castigare qualche nazione troppo aggressiva con i vicini o di tutelare i diritti civili. Nel primo caso, agiscono ignorando non solo le varie guerre in corso nel globo, o le persecuzioni di certe minoranze, ma soprattutto i costanti abusi degli Stati Uniti d'America (in cui costoro sembrano identificarsi, anche se di provenienza internazionale), i quali sapendo di essere protetti dalla geografia, organizzano da decenni sanguinosi colpi di stato in Sud America e innescano conflitti militari in Asia ed Europa, allo scopo di frantumare le alleanze commerciali a loro sgradite e rafforzare quindi la propria economia. Nel secondo caso, badano principalmente agli interessi dei ceti sociali abbienti, ignorando invece i diritti sociali dei ceti più poveri, che vengono progressivamente azzerati, dopo decenni di lotte per essere trattati dignitosamente nel mondo del lavoro e mantenere pubbliche risorse fondamentali come l'acqua e la sanità. L'agire dei Rosa+Croce è la descrizione più onesta del potere costituito, che non si basa sulla democrazia, ma sull'economia, ed è guidato solo dall'interesse ad autotutelarsi, mantenendo ordine e stabilità per il proprio ceto (o nazione) con ogni mezzo. Qual è la differenza, sembra chiederci il racconto, tra il dispotico impero di Amaterasu (che è una dittatrice: i suoi cittadini sanno e accettano che lei elimini gli oppositori senza curarsi dell'opinione pubblica; segretamente, ella fa costruire un intero carcere per neutralizzare per sempre i personaggi scomodi; infine, noi lettori sappiamo che essa darà il proprio volto al cardine cibernetico della Guerra Senza Tempo) e gli attuali governi pilotati neanche troppo discretamente dai poteri economici, nascosti dietro le facciate di una democrazia riservata solo ai ceti abbienti? Il discorso dei Rosa+Croce, che autodefinendosi "Uomini In Grigio" forse si illudono di differenziarsi da quelli In Nero perché orientati all'ordine e all'equilibrio, li accomuna invece a loro, dato che implicitamente richiama le conclusioni a cui giunge Martin nel classico Caccia all'uomo (Martin Mystere nn. 67-68-69), in un ritratto molto accurato della nostra epoca.
L'occhio sinistro di Rama sostiene implicitamente una vecchia teoria secondo cui Martin Mystère e Sergej Orloff sarebbero geneticamente eredi diretti di un singolo antenato Muviano.
La forma dell'oggetto Muviano recuperato da Altrove, nonché la modalità del suo arrivo e il "pericolo" che custodisce ricordano un oggetto simile che Morgana usò per invadere Altrove ne Il Cavaliere Verde (Martin Mystère Special n. 11): ci si aspetterebbe quindi una maggior cautela da parte del personale della base. Tra questi, vediamo il comandante Chris Tower, l'anziano mago Aldous Morrigan e l'assistente Brody (che ripete solo il suo tormentone, "ehm").
Amaterasu-O-Mikami afferma che il segreto dei Satiri si trova nella loro città su Marte. Sembra improbabile che i Satiri/Tecnomanti abbiano sviluppato la tecnica di controllo degli Esagoni sulla Terra, per poi riportarla sul morente Marte (da cui erano fuggiti per salvarsi la vita). Però ciò significherebbe che, prima di giungere sulla Terra, i Satiri già erano a conoscenza dell'esistenza e del funzionamento dei cosiddetto Doni dei Kundingas. Dobbiamo dedurne che su Marte esistevano oggetti simili, ma con una storia diversa (perché sappiamo che quelli Terrestri sono mutati in seguito a un'avaria che ha messo fuori gioco il loro strumento di controllo)?
La sottotrama della paranoia del personale della base Muviana su Marte è una metafora dell'ebete egoismo contemporaneo di anti-mascherinisti e antivaccinisti, realizzato sulla falsariga dei telefilm di moda in questi anni, e cioè in modo molto diretto e un po' superficiale, oltre che in economia di logica. Se la metafora regge infatti per la costruzione di una risibile fantasia paranoica complottista (a cui qui viene data una solida causa: lo stress psicologico di un isolamento che si protrae da mesi e non sembra mai avere fine), quando si passa agli obiettivi dei Ribelli, invece, deraglia sgangheratamente: infatti se, sulla Terra, ci fu la palese apoteosi dell'individualismo menefreghista senza confini di chi voleva continuare a farsi i propri porci comodi, infischiandosene delle conseguenze sugli altri, su Marte invece (pianeta notoriamente morto, come gli studiosi protagonisti della storia sanno da decenni) che comodi si possono fare, una volta all'aperto tra sassi e sabbia? L'obiettivo dei Ribelli, che vogliono riunirsi alle loro famiglie e per questo diventano tali, avrebbe dovuto essere quello di impossessarsi di una nave spaziale e tornare sulla Terra, non di scappare nel deserto senza acqua né viveri né bar né discoteche né palestre (eccetto le inutili rovine della Città dei Satiri, vecchie di sessantacinquemila anni circa). E ancora: chiaramente, questo personale era stato addestrato per vivere su Marte, e apparentemente ha edificato l'intera base in quelle condizioni ostili e la faceva funzionare quotidianamente, per cui si trattava di uomini preparati e competenti e consapevoli del contesto: com'è che nessuno sulla Terra ha mai pensato di sottoporli a un'opportuna valutazione psicologica per stimarne le capacità di tenuta mentale in un ambiente così alieno e isolato? O, in altre parole: come li hanno selezionati, col sorteggio? A voler essere possibilisti, l'intera sequenza è spiegabile con il contagio da parte di qualche forma di vita microscopica indigena, che ha esasperato l'ossessione dei ribelli fino a portarli a una follia priva di qualunque logica. Narrativamente, c'è un precedente: anche gli astronauti Atlantidei sono destinati a subire mutazioni velocissime, biologicamente inspiegabili se non si suppone un'interazione con le forme di vita locali o con altri agenti (come quello da noi ipotizzato ne La musica delle sfere).
Alti e bassi di Fantasmagoria
I Mysteri di Mystère si occupa con entusiasmo tipicamente Castelliano della letteratura d'anticipazione dedicata a Marte nel 1800 e nel 1900, e dedica uno spazio denso di informazioni alla particolare figura della spiritista Hélène Smith, che nel fumetto intreccia le proprie vicende con quelle di Sergej Orloff (e non ne abbiamo fatto parola finora, tanto per dimostrare quanto sia impossibile riassumere tutti i contenuti di questo albo). Smith viene già citata da Carlo Recagno, con il suo vero nome, ne L'impareggiabile Reeves (Speciale Martin Mystere n. 16), Catherine-Elise Müller (con il secondo nome storpiato in Elsie): questo Speciale e il libretto allegato sono infatti dedicati ai linguaggi mysteriosi. Ci chiediamo quindi da quanti anni Recagno avesse in mente questa storia.
Bonelli Kids e Zio Boris si dedicano rispettivamente ai megaliti di Stonehenge e alle maratone televisive di Enrico Mentana viste dalla spiaggia, con discreta efficacia.
Ci dispiace per Andrea Carlo Cappi, ma il capitolo di turno del romanzo Zona Y ci lascia indifferenti: purtroppo, il tema delle realtà virtuali (o vite parallele, o quale che sia il meccanismo che porta Martin a vivere un'avventura nei panni del Kit Carson storico nel Vecchio West, con i suoi amici e nemici come comprimari) non è tra i nostri preferiti.