giovedì 25 febbraio 2021

[Recensione] Incubi! (Martin Mystère n. 373)

Martin Mystère n. 373 - Incubi!
Storia di Alfredo Castelli
Disegni di Paolo Ongaro e Antonio Sforza

Vale la pena di leggerlo? E' bello o è basato solo sul sensazionalismo dell'evento epocale? 

Doveva succedere. Dopo aver trascorso anni e anni a revisionare sceneggiature altrui in cui Martin Mystère veniva "interpretato" nei modi più esagerati e personalizzati, Alfredo Castelli si è ritrovato lui stesso a sceneggiare una vicenda il cui vero colpo di scena ha il gusto effettistico, stravolgente e abbastanza pacchiano che era tipico delle trovate "a perdere" degli autori ospiti dell'età dell'oro, come Francesco Prosperi: il motivo è che Castelli sta "grattando il fondo del barile", come dice in questa ricca e divertente videointervista in cui discetta lungamente di Martin Mystère sotto molte angolazioni, dall'evoluzione della serie al rapporto con l'attualità, ripercorrendone la storia e citandone i punti salienti.
E, nonostante questa premessa, la storia di cui stiamo parlando è una storia che vale la pena di leggere, proprio perchè è scritta completamente da Castelli: non è solo un soggetto azzeccato e dal grande potenziale (destinato a essere vanificato comunque?) che poi è stato messo nelle mani di qualche altro autore tragicamente non portato per scrivere Martin Mystère, come purtroppo si è ripetutamente verificato per molti anni fino alla colossale delusione del n. 350. No, questa volta al timone c'è solo Alfredo Castelli, e il risultato si vede: la trama va in crescendo e ci va sul serio, invece che tergiversare con pagine e pagine dedicate ai dati di vendita delle meredine; la storia personale di Martin (come quella della serie a fumetti) non viene ignorata/dimenticata/alterata/banalizzata, ma esplorata, ricordata e rielaborata con piglio meticoloso, narrata con l'inimitabile  stile a metà tra il diario e la cronaca, declinata nei dialoghi eleganti e signorili, inscenata con personaggi caratterizzati da una maturità e intelligenza che solo Castelli e due suoi emuli sanno conferire (come sottolineato dal comportamento esemplare di Diana, che di fronte alla trasformazione caratteriale del marito si mostra salda come una roccia, capace non solo di analizzare il mutamento con spietata chiarezza ma anche di affrontarlo con logica e pacatezza, senza mai ridursi allo stereotipo di piagnucolare, o strillare, o dare in escandescenze come una donnetta da imitazione di soap opera scadente).
La venatura sensazionalistica dell'evento cardine verso cui la narrazione si dirige a rotta di collo ha il netto sapore di un'altra epoca (quella degli albi che Castelli ha cura di citare e rievocare nella storia), forse solo perchè non si riesce a fare di meglio, o forse per un preciso ritorno programmatico alle origini (ovviamente sentirete sostenere entrambe le opinioni su internet), ma quel che conta è che l'operazione funziona adeguatamente e la lettura trasporta il lettore nel surreale mondo castelliano della Zona X, dove la realtà si mescola con l'impossibile e l'allucinazione diventa indistinguibile dai fatti, tanto che per la terza volta (dopo I giorni dell'incubo o Xanadu) ci si ritrova davanti a un Martin che agisce in modo impensabile (tanto da gettare Diana contro un mobile, lasciandoci tutti esterrefatti), ma che, nello stesso tempo, risulta comunque "sempre lui": certo, ci sono gli indizi che fungono da chiave per la lettura "vera" di questa narrazione surreale, ma l'esatto modo di combinarli per ottenere la soluzione resta ignoto (è una storia in due parti), il che dà al lettore la certezza che "tutto sarà spiegato", ma anche l'incertezza di "come sarà spiegato", e quindi di cosa cambierà e cosa resterà immutato.
Che lo si ricordi o no, Martin Mystère non è un personaggio monolitico da icona immutabile del fumetto: nel corso degli anni, anche se senza clamore pubblicitario e strombazzamenti mediatici incentrati su momenti creati ad arte per ottenere visibilità, ha attraversato fasi di drastica maturazione (come ne I giorni dell'incubo o Xanadu) che lo hanno cambiato per sempre, anche se più o meno sottilmente: chi ci dice che anche questa avventura in due parti non abbia uno scopo analogo? Ma, qualunque sia l'esito, è sicuramente bello poter godere di una lettura che, nonostante sia afflitta anche da certi difetti ormai congeniti, sia capace di spingerci nuovamente a interrogarci su cosa accadrà a Martin e su quali segreti si annidino davvero nel suo passato.

E' tutto finto, ma è finto bene
Il mystero del sosia di Orloff
 
La prima cosa che salta all'occhio di questo albo è che si tratta di una vecchia storia, rimaneggiata per inserirla in un arco narrativo più ampio.
Che sia vecchia (come sfugge allo stesso Castelli nell'intervista già citata), lo si vede da quanto è tecnologicamente datata, e lo stesso Travis lo fa osservare, parlando dell'assurdità di usare un internet cafè in tempi moderni per spedire una email senza farsi rintracciare (narrativamente ciò farebbe parte di un piano per irretire un Martin tecnologicamente arretrato; eppure si tratta dello stesso Martin che, fino a due mesi prima, glorificava internet e l'iperconnettività garantita dai congegni portatili, dai quali non si staccava mai). Di certo, non è una storia così vecchia da risalire ai tempi dell'Orloff dal volto deturpato, sebbene una persona con questo aspetto compaia al funerale del presunto Java (ma questo ve lo spieghiamo noi nell'immagine qui inclusa).
Che sia una storia riciclata è evidente pincipalmente dalle tavole disegnate da Sforza, artista che in parte corregge le tavole dell'ormai usuratissimo Ongaro (specialmente ridisegnando i volti di Martin) e che soprattutto aggiunge materiale che sembra estraneo alla narrazione portante originale (la sequenza sudamericana, che rimanda al seguito della storia, ma no solo).
Ma l'evidenza del riadattamento è notevole anche nell'impianto narrativo di una vicenda che, in origine, sembra essere stata pensata come storia autoconclusiva in cui un nemico di Martin, particolarmente versato in tecnologie impossibili e avveniristiche, decide di vendicarsi di lui facendogli credere di essere diventato il capo di tutto ciò che dovrebbe detestare (diciamo "dovrebbe" perchè da anni Martin adotta la stessa logica degli Uomini In Nero): il sospetto che la psicosi di Martin sia un'elaborata finzione deriva dall'assurdità (ribadita più volte) dell'indagine con cui Martin risale fino alla casa di mister Smith, ma anche dal fatto che tutti i disturbi di Martin (caratteraccio, vuoti di memoria, incubi) avvengono in parallelo all'arrivo dei nuovi vicini (che passano una settimana o giù di lì a "ristrutturare" l'appartamento, per andarsene come sono arrivati, quando Martin viene condannato all'ergastolo, cioè finisce permanentemente lontano dall'appartamento dove è stato allestito il macchinario che lo ha fatto sprofondare nella psicosi). Una colossale incongruenza caratterizza la ricostruzione in questione, facendoci pensare appunto che sia una falsa ricoostruzione, e che quindi Martin debba renderse prima o poi conto, proprio notando questo errore: si afferma infatti che Martin è un Uomo In Nero a causa degli eventi di Moha Moha (Martin Mystère nn. 35-36), ma  nelle note personali di Smith si afferma anche che questo Smith esisteva già ai tempi de Gli Uomini in Nero (Martin Mystère n. 1), cioè due anni prima della sua presunta nascita nella mente schizofrenica di Martin.
Se volete un precedente autorevole di storia rimaneggiata fino a stravolgerla per integrarla in un discorso più ampio, citiamo Il caso Majorana (Martin Mystere nn.191-192), dove però c'erano due artisti di calibro stellare come Pino Rinaldi e Lucio Filippucci: fu l'inizio del Ciclo del Countdown, che si protrasse per due anni e che Castelli ci riepiloga proprio in Incubi!.
Tornando al mystero del fumetto in esame, è indubbio che, se Smith fosse davvero un alter ego di Martin, ciò spiegherebbe anche i vaneggiamenti, i comportamenti balordi e le dimenticanze che Martin manifesta ormai da anni nella serie regolare, insieme al suo comportamento sempre più smaccatamente scettico nonostante le sue esperienze passate (ne abbiamo parlato in varie recensioni), ma questa sembra più che altro una colossale coincidenza extradiegetica. E' anche vero che, se di finzione si tratta, bisogna spiegare chi è quello Smith tanto simile a Martin: l'unico albo citato in maniera non esplicita in questa storia (infatti nelle note non compare) è La grande truffa (Martin Mystère n. 226), vicenda che metteva in scena un sosia di Martin, cioè quel Peter Forman che fu ospite de I mysteri di Mystère, come il signor Blackman ha cura di menzionare dopo essere stato colto in fallo a guardare i filmati di un reality show sui sosia delle celebrità. Che Smith sia Forman? Oppure questo indizio ci deve solo far capire che non è stato Java a morire, ma un suo sosia proveniente dalla famiglia Yokum dei monti Appalachi (famiglia tratta dalla striscia a fumetti di Li'l Abner)?
E che dire della mente malvagia che si cela dietro questo piano? Altre due storie non citate apertamente in questo albo sono Il delitto di Martin Mystère (Martin Mystère nn. 27-28) e Fumetti del  Mystero (Martin Mystère nn. 274-275), in cui gli Uomini In Nero utilizzano una tecnologia atlantidea telepatica per convincere Martin di essere un assassino (e anche qui c'è la pesante presenza di un classico del fumetto a strisce statunitense): è difficile pensare che il nemico di Incubi! sia nuovamente lo stesso, considerando anche l'inutilità di vendicarsi di Martin invece che eliminarlo (e diciamoci la verità: perchè mai gli UiN dovrebbero fare la sciocchezza di togliere di mezzo un alleato così prezioso, allineato alle loro politiche ormai da anni?). C'è, d'altro canto, un nemico storico di Martin che lo odia e che ha goduto nel vendicarsi ripetutamente di lui in molto elaborato e tormentoso, attraverso tecnologie avveniristiche e impensabili: non serve menzionarlo, vero?
Un altro motivo per pensare che questa storia sia stata a lungo tenuta nel cassetto è l'argomento letterario del dottor Jekyll e di mister Hyde: ne auspicammo l'avvento molti anni fa, sulla defunta mailing list, notando come, dopo il vampiro e il mostro di Frankenstein, mancava proprio il caso della persinalità malvagia di Louis Stevenson. Possibile che Castelli sia stato colto da questa ispirazione solo in tempi recenti, dopo le tante escursioni letterarie che si concedeva ai tempi d'oro della serie? 

Cosa accadrà?

Come si risolverà la faccenda, nel prossimo albo? Martin è davvero il capo degli Uomini In Nero? Oppure è davvero solo tutta un'elaborata finzione? Se il sosia di Java è morto al suo posto, dov'è Java e perchè se ne è andato? Java sta forse lavorando per smascherare il nemico senza nome? E Martin, che vuole restare in prigione a prescindere (secondo Travis, per farsi del male), ha forse capito tutto e sta organizzando una contromossa? La morte del giovane Yokum è stata dettata dal caso (o dal Destino), come anche la sua somiglianza con Java?
In che modo lo Scheletro di Cristallo parteciperà alla soluzione di questa crisi?
Cosceneggiatore del prossimo albo è Carlo Recagno, e nelle tavole di anteprima appare il Teschio di Cristallo che impone a Martin di decidere, cioè di scegliere: è difficile non pensare all'Anello del Nibelungo che ne L'isola di ghiaccio e di fuoco pose Sergej Orloff nella condizione di scegliere tra due diverse vite per se stesso, riscrivendo letteralmente la propria vita.
E vale anche la pena ricordare che Java (e con lui Diana) morì già una volta ne I sentieri del destino, e fu sempre Martin a scegliere di correggere la realtà per impedire il luttuoso evento. In termini ben più modesti, anche Le dieci tribù prospettò l'esigenza di sventare un'incombente futuro in cui Diana sarebbe stata ammazzata (e a questo proposito, vale la pena di ricordare l'elettromagia di Gerard Henry che permetteva di scorgere le trasmissioni del futuro).
Il leggendario Teschio di Cristallo comparve in una storia intitolata Il teschio del destino (Martin Mystère nn. 11-12), e il signor Smith ha portato alla cameriera un ricordino che sembra provenire proprio dalla regione della Piramide dello Scheletro di Cristallo (e Travis menziona a un certo punto una donna uccisa per rubarle una collanina): e se la vera origine di Smith non fosse quella narrata nei suoi diari? E se Smith fosse invece un'emanazione dello Scheletro di Cristallo, che ai tempi di quella non-avventura forgiò un qualche legame con Martin? 
All'insegna del ritorno alle radici, ricompari in scena l'arma a raggi, il Murchadna: si tratta di un mero contentino per i lettori nostalgici, o di un preludio a una genuina volontà di riprendere le fila delle tematiche atlantideo/muviane tanto amate dai lettori quanto accantonate dagli autori negli ultimi venti anni (magari solo per dare retta alle lettere che arrivavano in redazione lamentandosene)?
  
Il ritorno della parola proibita ucciderà la serie?

Per anni e anni, anzi, per quasi due decenni, la continuità in Martin Mystère è stata trattata come una bestemmia, possibilmente con critiche corredate da quel giusto tocco di superficialità che consiste nell'usare il corrispondente termine inglese per menzionarla, quasi come se il lettore medio italiano non parli italiano e non sappia usare l'equivalente italiano del termine inglese (che ha esattamente lo stesso significato), e senta il bisogno di ripeterlo come un pappagallo solo perchè tutti lo usano in rete (curiosamente, l'approccio diametralmente opposto a quello di Martin Mystère, noto per pensare con la propria testa ed esprimersi con ricercata accuratezza e forma). La redazione scansava le didascalie coi rimandi e puntava a storie autoconclusive, ignorando le trame in sospeso da anni, perchè vigeva la regola per cui il mitico "lettore occasionale", cui bisognava puntare a tutti i costi, era mentalmente così debole da essere colto da un aneurisma ogni volta che gli si ricordava che il personaggio Martin Mystère aveva un'esistenza antecedente a quanto narrato nell'albo tra le sue mani.

Intanto, i lettori diminuivano, e la colpa era tacitamente della continuità, sulla base di non si sa quali dati (le lamentele che arrivavano per posta, forse, come lascia intendere Castelli nella già citata intervista, dove afferma di aver fatto sposare Martin e Diana perchè gli arrivavano lettere di critiche per la relazione "da concubini" dei due personaggi? Ma nessuno considerava che le lettere, come le lamentele in rete, provenivano dai lettori assidui, e non da quelli che invece abbandonavano la serie, nè da quelli occasionali? Davvero nessuno aveva presente il pregiudizio di sopravvivenza e l'effetto deleterio che comportava il dare credito solo alle critiche presenti in quelle lettere?). A peggiorare la situazione, i presunti critici fumettistici della rete attaccavano e mortificavano l'opera degli autori che portavano avanti il discorso della continuità, sulla base dell'incontestabile criterio universale che la cosa li infastidiva, e usavano una durezza che sfiorava la violenza verbale per imporre che Martin Mystère abbandonasse la propria fisionomia per diventare invece un dozzinale fumetto d'azione  scopiazzato da film e libri e serie televisive di moda in quel momento (ma guai se qualcuno degli appassionati invece osava criticare gli autori graditi alla critica, perchè in quel caso, qualunque critica era etichettata come insulto gratuito). Si giunse al desolante momento in cui Castelli chiese esplicitamente a questa gente di non occuparsi più di Martin Mystère.
Il danno, però, era fatto: Castelli, anche per altri motivi, non scriveva più,  e se lo faceva, dedicava una quantità smodata di pagine all'azione fine a se stessa, secondo la ricetta della redazione che voleva svecchiare il concetto di Martin Mystère proponendo un dinamico prodotto moderno; Recagno era passato a produrre storie il più possibile autoconclusive, senza alcun legame con altri albi, e con una documentazione e un'inventiva ridotte al minimo sindacale. E intanto i lettori diminuivano, ma si continuava ad affermare che questa era la formula per salvare la testata.
Passavano gli anni, i lettori continuavano a calare, e quindi si tentava la carta della strizzata d'occhio ai lettori storici, nella speranza di ricondurli all'ovile; ma il modo era inadeguato, con rimandi sbagliati alla continuità, riferimenti inseriti a caso, idee di Castelli sceneggiate da terzi che non avevano idea di come scrivere una storia mysteriosa (e sembrava che la conoscenza delle storie cruciali della serie si limitasse all'aver guardato i disegni).

Arriva il 2021. Viene annunciato Incubi! (Martin Mystère n. 373), in cui si anticipa già nelle anteprime la morte di Java: cosa già successa a Java e pure a Diana, e trucco già utilizzato per Dylan Dog, e quindi difficilmente efficace se lo si vuole sfruttare per aumentare le vendite.  Infatti è uno specchietto per le allodole, la scena è sbrigativa e l'albo ripercorre invece i momenti storici della vita di Martin Mystère, per leggerli in una nuova ottica. E cosa succede?
Succede che l'albo sparisce dalle edicole e bisogna penare per trovarlo. Succede che la rete va in fermento, e la storia viene commentata non solo sul forum e sulla pagina Facebook degli appassionati del personaggio, ma anche in altri forum di fumetti, e con vigore. Succede che gli stessi lettori che tacevano da anni, ora si spaccano la testa per comprendere la fondatezza delle rivelazioni di Incubi!. Succede che, sebbene nell'albo le didascalie dei rimandi siano state messe nella rubrica di coda (sempre nel timore di causare l'aneurisma ai lettori delicati di cervello), i lettori corrono a leggerle e a sviscerarle (e trovano pure l'errore nel riferimento a Il destino di Atlantide, e discutono pure di quello). Succede che conoscenti che ignorano gli albi di Martin Mystère da decenni si rivolgonono a chi scrive questa recensione perchè hanno assistito al fermento in rete, e chiedono se valga la pena di comprare l'albo. Insomma, il fatto che Castelli sembri intenzionato a riprendere in mano le fila della vita di Martin Mystère, tornando a parlare di quegli eventi che vanno dal n. 1 della serie fino a quando la brutta parola continità fu letteralmente congelata, fa materializzare i lettori, e li stimola a partecipare alle discussioni sull'albo: guarda un po', il risultato opposto di ciò che si è andato predicando per decenni.

I precedenti

Chiudiamo con una carrellata di vignette dedicate ai momenti in cui Martin Mystère ha mostrato indizi della sua presunta doppia personalità (o, come scriverebbe Stephen King, momenti in cui il signor Smith fa capolino). Per maggiori dettagli sui singoli momenti della vita di Martin Mystère, dal 1982 a oggi, che hanno potenzialmente svolto un ruolo cruciale nella sua presunta doppia vita, vi invitiamo a leggere il documento segreto che il nostro blog presenta in esclusiva: il diario di Smith.

Ne La vita segreta di Diana Lombard, è Diana a descrivere un Martin dalle due facce quasi in contraddizione tra di loro.

 
Nella già citata Xanadu, è Martin stesso a svolgere una spietata autoanalisi del proprio modo di essere.
 
 
E infine, per la prima volta in una storia non scritta da Castelli, cioè Il sorriso venuto dal passato (Martin Mystere nn.101-102),il precedente più curioso: Martin si irrita fortemente per la teledipendenza di Java, promettendo ritorsioni, mentre in un appartamento vicino due malintenzionati lo stanno spiando.
Diana complice di Smith?


Il futuro

La recensione de Il ritorno della Dea (Martin Mystère n. 374) è disponibile in un formato insolito: è infatti un fumetto, corredato di rubrica, che spiega tutti i punti deboli di questa vicenda, utilizzando famosissimi elementi della Storia Mysteriana su cui nessuno si era mai fermato a riflettere. E' Eterno ritorno (Get a LIfe! n. 61).
E non è finita qui!
Dopo aver letto I suoi primi 40 anni (Martin Mystère n. 386), tornate qui e leggete il racconto che svela tutta la verità sulla natura di Smith: Speciale n. 3: I primi 40 anni di Smith.


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