Sergio Bonelli Editore
Aprile 2015
Storia di Alfredo Castelli ed Enrico Lotti.
Aprile 2015
Storia di Alfredo Castelli ed Enrico Lotti.
Arte di Giulio Camagni.
Un albo splendidamente narrato e fascinosamente illustrato con un tratto che si distacca meravigliosamente dall’ingessata corte degli imitatori dello stile di Giancarlo Alessandrini, “Le astronavi di Carlo Magno” non offre in realtà alcunché su Carlo Magno, e deve la sua bellezza suggestiva agli elementi narrativi coinvolti, e alla compattezza della narrazione, mentre trova il suo punto debole nella scarsa consistenza della trama vera e propria .
Il finale beffardo, assai tipico di Alfredo Castelli, conferma che l’intera vicenda di 160 pagine è stata solo un divertissment alla Zona X (non ristampato), ma anche così, è valsa la pena di perdersi in questa vicenda, grazie al fluire quasi magnetico di una narrazione agile, dalla forma elegante, sobria e pacata.
Per inciso, Castelli ci fa riflettere (non dichiaratamente) su come la sua scrittura, che richiede un appagante impegno da parte del lettore, si ponga deliberatamente agli antipodi della frenesia della fruizione moderna, che è veicolata da internet, dalle piattaforme sociali e dai congegni mobili, e che prevede invece un’esperienza istantanea, consumabile in pochi secondi e senza sforzo alcuno, oltre la quale passare ad altro.
Dopo essersene usciti con un'affermazione come questa, bisogna sentirsi simili a un lento dinosauro che fa i conti con i più agili mammiferi? Sicuramente sì: l’evoluzione (tecnologica) va dove le pare, senza guardare in faccia a nessuno, e certamente non si preoccupa di chi non riesce ad adattarsi. Ai dinosauri resta però il diritto di esporre la propria visione critica di questo mutamento, anche perché chi ne è coinvolto non sembra sempre in grado di discernerlo.
Digressioni alla Martin Mystére a parte, “Le astronavi di Carlo Magno” è quindi un riempitivo leggero, da godersi per alleviare le spiacevolezze di un viaggio in treno, per esempio. O almeno lo sarebbe, perché qualcuno (in redazione?) ha pensato bene di innestare nei soli dialoghi di questa storia una serie di fuorvianti e inutili collegamenti posticci e pretestuosi ad altre avventure di Martin, i quali finiscono con l’ammazzare definitivamente la già non inattaccabile coerenza interna della storia.
Se gli alieni giungono nell’anno 810, e se il loro obiettivo è la conquista della Terra, perché mai la loro lingua è simile all’atlantideo di novemila anni fa? E che importa che una “pila a energia del livello zero” sia stata vista da Martin in un laboratorio Atlantideo della Sardegna? (A quale si allude, fra l’altro?)
Che collegamento c’è tra due epoche così diverse e remote, ai fini di questa vicenda? Nessuno, perché è un inserimento di “continuità” posticcio e malaccorto, per di più effettuato solo a livello di dialoghi, come già abbiamo visto accadere in almeno un altro paio di albi recenti.
Certo, si può fare lo sforzo di GaL – “Antartide: Ora Zero”, fumetto online che ha colto gli effettivi punti di collegamento tra questo albo e una doppia avventura precedente, per renderli tutti e tre intriganti tasselli di una più vasta vicenda ad ampio respiro. Addirittura, si potrebbero creare ulteriori collegamenti con il successivo “L’inventore di miti” (Martin Mystére n. 339), ottenendo un trittico di storie “cosmiche” nella miglior tradizione della serie. Ma sembra una fatica inutile, se ciò resta confinato nell’ambito delle speculazioni dei fan, senza nessuna traduzione concreta in un fumetto ufficiale.
Chi può dirlo, però? Magari questa storia ad ampio respiro che includa quelle presentate finora è davvero in preparazione, nonostante ci sia ormai un numero eccessivo di precedenti che fanno pensare l’opposto. L’impressione abituale, infatti, è che il potenziale di queste implicazioni sfugga, e in questo “Le astronavi di Carlo Magno” gli innesti suonano davvero forzati, tanto che lo sviluppo della trama lo conferma prendendo una direzione completamente diversa, e finisce poi in burla, restando sempre e comunque completamente indifferente agli “indizi”, cioè a quegli elementi chiave che uno sceneggiatore dissemina nella vicenda perché il lettore li colga e perché giochino un ruolo nella risoluzione finale. (Lo ribadiamo: qui, invece, questi stessi "indizi" non solo vengono ignorati, ma la loro esistenza contesta la soluzione finale).
Come già detto, il valore di una storia di Martin Mystére si misura anche dal piacere di ripensare a posteriori a com’è stata strutturata, per meglio goderne il disegno e apprezzare come tutto torni (o comunque si rifaccia a un preciso progetto dell’autore). Sapere che questo fumetto contiene parti che vanno ignorate, perché esso non risulti insensato, equivale purtroppo a uccidere il piacere di una seconda lettura, e lo condanna all’oblio.
Eppure, anche così, non si può fare a meno di osservare che è scritto e disegnato così bene...