giovedì 16 dicembre 2021

Un salto nel mystero, i vincitori

UN SALTO NEL MYSTERO, SECONDA EDIZIONE

Il primo dicembre, con la pubblicazione dei vincitori sul quarto numero del Corriere del Mystero, si è concluso il concorso artistico e letterario voluto da Amys denominato “Un salto nel Mystero”, giunto al suo secondo anno di vita.

Rendiamo quindi onore ai vincitori pubblicando anche on line l’esito del contest.


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Per valutare i disegni giunti in redazione, la giuria finale era composta da Luca Salvadei, Paolo Mignone, Daniele Busnelli, Gianluca Mattossovich e Claudio Bovino (per AMys) e da Alfredo Castelli, Giancarlo Alessandrini, Lucio Filippucci e Giovanni Talami (autori professionisti). La giuria ha quindi esaminato le opere e dopo un solido confronto ha decretato di assegnare il premio a due vincitori parimerito:

1° Ex Aequo Martin Twilight di Steve De Brevi;

1° Ex Aequo Martin e Java sulla Luna / China di Claudio Umana.

Non è stato invece assegnato nessun terzo premio.




Tra i giudizi dati riportiamo quello estremamente dettagliato di Lucio Filippucci che sintetizza il pensiero dell’intera giuria.

Con riferimento alla «cover Twilight Zone» possiamo segnalare che «la realizzazione di una copertina necessita della capacità di impatto e di incuriosire chi guarda, di sintesi, di equilibrio grafico e naturalmente di correttezza nelle anatomie dei personaggi. Questi elementi sono tutti rispettati in questa opera». 

Altrettanto lodevole è stata giudicata l’opera «Martin e Java sulla luna» che «appartiene però a una categoria diversa, quella dell'illustrazione», da qui l’indicazione, condivisa da tutti i giurati, di conferire il «premio ex equo in quanto non facenti parte della stessa categoria. In questo caso ottima l'organizzazione degli spazi ma un po’ carente nelle anatomie, per esempio il viso più grande dei caschi. Stesso discorso per la terza immagine, quella anche con Diana dove è molto apprezzabile l'impostazione ma l'anatomia sarebbe da migliorare. Per tutti vale l'encomio per l'impegno profuso e per l'amore che traspare per un personaggio che probabilmente è il più bel fumetto degli ultimi 40anni. L'augurio è che continuino ad impegnarsi così e che possano realizzare il loro sogno di diventare professionisti nel meraviglioso ( e anche difficoltoso) mondo del fumetto. Le premesse ci sono tutte.»

I due vincitori riceveranno un premio monetario di 100€ a testa, oltre a quello morale di vedere le proprie opere stampate nel Corriere e la possibilità di essere iscritti gratuitamente ad AMys per il prossimo anno.

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Molto più difficile la scelta per i racconti, pervenuti in grande numero.

La giuria finale composta da Luca Salvadei, Paolo Mignone, Daniele Busnelli, Gianluca Mattossovich, Alessandro Crestani, Emanuele Marinello e Claudio Bovino (per AMys) e da Alfredo Castelli, Sergio Badino, Andrea Carlo Cappi ed Enrico Lotti (autori professionisti) ha decretato:

1° Le frecce di san Sebastiano di Massimo Basili;

2° Libri perduti libri ritrovati di Alberto Simionato;

3° Martino Mistero, Dodici metri sotto il golfo e la magia della Sfera Metidrica di Davide Tarò.


Anche in questo caso il vincitore riceverà 100€, la pubblicazione del racconto e l’iscrizione gratuita ad AMys per il 2022.

Il secondo e terzo classificato potranno scegliere invece un libro tra quelli prodotti da AMys e vedranno le loro opere pubblicate on line e sul bollettino.


Prima di lasciarvi ai testi dei tre racconti vincitori, anche per i racconti una piccola disanima è d'uopo: purtroppo, quasi tutti i racconti pervenutici, pur essendo originali e interessanti, presentavano gli stessi difetti di mancanza di attenzione e rispetto verso il proprio lavoro. Infatti, sembrano scritti di getto, senza una concreta rilettura, e per questo spesso carenti nella sintassi e, a volte, persino nella "consecutio temporum". Molti di essi erano più "bozze", spunti di soggetti, che veri e propri racconti. Si distinguono i suddetti tre, in ordine ai quali riportiamo alcune riflessioni dei giurati:

- Le frecce di San Sebastiano, ha un ottimo spunto e riesce a sviluppare una storia rapida ma coerente, una trama articolata, e con dialoghi ben costruiti, perfettamente in continuity seppure poco attinente alla magia;

- Libri perduti, libri ritrovati, parte da un incubo molto poetico e si sviluppa ancora meglio, seppure anche qui la magia sia relegata alla comparsa di un singolo fantasma;

- Martino Mistero, è un racconto apprezzabile e originale, pur non essendo in perfetta continuity mysteriana vi ci si avvicina molto.

Una menzione d’onore per Alberto Simionato che ha presentato una dozzina di soggetti.

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Nel fare comunque i complimenti a tutti i partecipanti di entrambe le sezioni, vogliamo comunque invitare tutti a continuare a impegnarsi e proseguire sulla difficile ma affascinante strada della scrittura e pittura, e di prendere il coraggio in mano come hanno fatto i partecipanti del concorso di quest'anno dandovi appuntamento all’edizione 2022 del premio. All’anno prossimo, dunque, vi aspettiamo!!!


Le frecce di San Sebastiano

di Massimo Basili


«Un'arma a raggi? Non so di cosa stia parlando.»

Nonostante fosse riuscito a dissimulare la sorpresa, Martin Mystère stava cercando di immaginare in che modo quel giovane alto, magro e dai modi melliflui che gli sedeva di fronte, nel salotto al numero 3 di Washington Mews, fosse riuscito a carpire questa informazione sul detective dell'impossibile.

Erano parecchi anni che non si serviva più del murchadna, nascosto ancora nel doppio fondo dell'acquario che gorgogliava proprio lì accanto. Martin cercava fortemente di non guardare in quella direzione.

Il ragazzo non dimostrava più di venticinque anni; azzimato, con un completo bianco un po' fuori stagione rispetto al vento gelido autunnale che stava già lambendo Manhattan.

Si era presentato un'ora prima al telefono di Martin accennando a un “mistero che l'avrebbe letteralmente paralizzato, e non solo per lo stupore”.

In realtà, Martin aveva accettato di rimandare la stesura della scaletta della sua prossima trasmissione all'ABC TV incuriosito dalla stravagante teoria sulla leggenda di San Sebastiano che il giovane biancovestito gli stava snocciolando con un marcato accento del Mississippi; in effetti, si era sempre chiesto come mai l'iconografia di Sebastiano si fosse così profondamente modificata nei secoli, fino a farlo diventare l'icona pop di oggi.

La spiegazione che ne dava il giovane sembrava davvero assurda, ne conveniva.

Ma cosa c'entrava la sua arma a raggi?

«Andiamo, professore. Inutile che neghi, sappiamo che solo lei può usare quella pistola paralizzante. In mano a chiunque altro è una scatola vuota.»

«“Sappiamo”, chi? Credo che stia cominciando ad abusare della mia pazienza, Mr. Sebastian Venable. Sempre che questo sia il suo vero nome e che la storia del suo interesse per il Santo sia autentica.»

Sebastiano era un soldato dell'Imperatore Diocleziano che nel 288 d.C. veniva punito per aver fatto proseliti al nuovo culto. La leggenda narrata nell’unica biografia arrivata ai giorni nostri, la Passio Sancti Sebastiani attribuita al monaco Arnobio il Giovane, è di un secolo e mezzo successiva ai fatti che lo vedono trafitto e martirizzato dai dardi degli stessi armigeri che aveva comandato fino a poco prima. Nei secoli successivi gli sono state dedicate diverse basiliche, costruite in occasione della fine di qualche pestilenza dai fedeli convinti che la cessazione del morbo fosse dovuta all'intercessione del Santo. Non a caso, per i cattolici San Sebastiano è il protettore da tutte le epidemie.

Da (quasi) onnisciente e curioso di ogni aspetto dello scibile umano, Martin aveva già ben presenti tutte le informazioni sciorinate dal giovane ospite. Quel che invece ascoltava per la prima volta sembrava uscire da uno sceneggiatore di fumetti a corto d'idee.

«Ha capito bene: sto dicendo che la facoltà di difendere dalle malattie associata a San Sebastiano viene da molto più lontano rispetto a Diocleziano. Mi riferisco alla guerra tra due civiltà antichissime che si sono distrutte a vicenda all'incirca 8000 anni prima di Cristo, lasciando in giro qualche reperto di tecnologia avveniristica così compromettente da costringere la mia organizzazione a farlo sparire ogni qual volta un archeologo ficcanaso rischiava di portarlo alla luce.»

Martin cominciava ad allarmarsi per come stava evolvendo la discussione.

Nondimeno, era convinto che Venable facesse parte dell'ala più moderata della temibile setta contro cui combatteva da parecchi anni; per questo aveva deciso di stare al gioco, anche se cominciava a pentirsi di averlo incontrato in assenza del suo amico Java.

«Adesso che abbiamo scoperto le carte, mio giovane Uomo in Nero, sono ancora più curioso di sapere a cosa vi serve il mio murchadna e anche cosa c'entra San Sebastiano con Atlantide e Mu.»

Venable trattenne a stento un sorriso compiaciuto.

«Vede, caro professore, quel che intendo è che il mito di San Sebastiano trasfigura delle suggestioni che risalgono alla tecnologia utilizzata dai popoli atlantidei e muviani. Mi riferisco in particolare a un “sarcofago” che per forma e funzioni potrebbe assomigliare a un moderno apparecchio per la TAC, ma in più permetteva a chi vi si posizionava all'interno di guarire da ogni malattia grazie all'irradiamento di milioni di raggi laser.

La memoria di questo ritrovato medico si è tramandata per secoli, nonostante il cataclisma che ha spazzato via entrambi i continenti. Possiamo dire senza ombra di dubbio che in Occidente si è trasferita, tra le altre cose, nel mito di San Sebastiano, anche se in questo caso ha perso consistenza via via che il Santo veniva raffigurato dagli artisti più vicini ai giorni nostri. Le frecce sono un'allegoria dei raggi laser dell'apparecchio in questione.»

L'uomo gongolava, visibilmente soddisfatto dell'effetto ottenuto sul detective dell'impossibile, sempre più ammaliato dall'esito del racconto.

«Diavoli dell'inferno!»

Martin aveva cominciato a perdersi nelle abituali riflessioni ad alta voce, dimenticandosi della presenza sempre più preoccupante dell’Uomo in Nero.

«Ora che mi ci fa pensare: nelle prime raffigurazioni paleocristiane come quella di San Pietro in Vincoli a Roma il nostro Sebastiano è un uomo maturo e barbuto, vestito in uniforme militare. Se ricordo bene c'è una pala del Trecento fiorentino dove invece è trafitto da così tante frecce da sembrare un puntaspilli. Poi, via via che ci avviciniamo alla pittura del Rinascimento, le frecce conficcate diminuiscono, così come le ferite sul corpo del Santo. Che nel frattempo ringiovanisce di quadro in quadro ed è sempre più svestito ed ammiccante, come nel dipinto di Guido Reni conservato a Genova dove sembra disinteressarsi alle due frecce che ha in corpo e si volge verso l'alto con sguardo languido. Insomma, è chiaro che dalla sofferenza che avvicina a Dio dell'iconografia medievale siamo passati a un'estasi quasi erotica. L'equivalente maschile di una Santa Teresa del Bernini, per intenderci.»

Venable annuiva euforico.

«Non ci siamo sbagliati sul suo conto, professore. Anzi, in tutti questi anni l'abbiamo sottovalutata: lei è davvero un uomo dalla cultura smisurata. Tuttavia, mi vedo costretto a confessarle che il nostro interesse per l'apparecchio medico muviano non è di natura scientifica.»

Martin ignorò la lusinga e lanciò all'Uomo in Nero un'occhiata sconfortata.

«Certo, me l'aspettavo. Vuol farmi credere che esista ancora qualche esemplare funzionante di questo “sarcofago”? Immagino che vogliate entrarne in possesso.»

Il giovane abbassò lo sguardo, fingendo imbarazzo con studiata teatralità.

«Ne siamo già in possesso, professore. Un esemplare in perfette condizioni è stato rinvenuto l'estate scorsa al largo di Honolulu, durante le operazioni di recupero di un aereo cargo che era precipitato da quelle parti. Per fortuna, il fatto che sia stato ritrovato in acque territoriali americane ha facilitato le cose: è bastato ungere un po' i funzionari della Federal Aviation Administration e della Guardia Costiera, nulla di complicato.»

Martin non riuscì a nascondere un moto di stizza.

«Avrete messo a tacere anche giornali e tv, presumo, dato che non ricordo di aver letto di nessun reperto archeologico sottomarino scoperto di recente. Veniamo al dunque, Sebastian: cosa vuole da me, esattamente?»

L'ospite ormai sgradito si voltò per guardare in faccia il detective dell'impossibile. Adesso aveva il viso stravolto da un'espressione maligna.

«Vogliamo il suo murchadna, professore. Abbiamo scoperto che l'apparecchio medico si attiva soltanto con una “batteria” costituita da un altro dispositivo muviano, del quale siamo sprovvisti. Sappiamo che il suo ex amico Sergej Orloff possiede l'unico altro murchadna esistente sulla Terra; ma come sa, Orloff al momento risulta scomparso nel nulla. Visto che la sua arma a raggi è svanita con lui siamo stati costretti a disturbare lei, professor Mystère.»

Martin era fuori di sé dalla rabbia, tuttavia cercava di mantenere la calma per non indispettire il suo infido ospite. Sapeva di doversi aspettare qualche reazione violenta, nonostante in quel momento non sapesse proprio come potersi difendere.

Dando per scontato che i compari armati dell'Uomo in Nero fossero appostati nelle vicinanze, neppure l'arrivo provvidenziale del suo possente amico neanderthaliano avrebbe potuto tirarlo fuori dai guai.

Martin cominciò a pensare a come raggiungere lo smartphone che aveva malauguratamente dimenticato nello studio.

«Voi Uomini in Nero mi conoscete da troppo tempo: come potete illudervi che vi consegni il murchadna di mia spontanea volontà? A meno che non intendiate rendere di pubblico dominio l'apparecchio muviano. Se quel che dice è vero sarebbe una svolta epocale per l'umanità. Ci pensa? Il cancro, Ebola, la malaria, l'Aids, il devastante Covid-19 sarebbero sconfitti!»

Il giovane sorrise beffardo mentre fissava Martin con malcelato disprezzo.

«Adesso ci sta sottovalutando lei, professore. Non abbiamo nessuna intenzione di diffondere una tecnologia che potrebbe cancellare le malattie mortali per miliardi di persone e di conseguenza aggravare notevolmente la sovrappopolazione mondiale. Diciamo che preferiamo mantenere lo status quo e favorire piuttosto l'esigua minoranza della classe dirigente che ha bisogno di mantenersi in perfetta salute per meglio governare i conflitti del nostro pianeta.

Si è già costituito un comitato ristretto che ha stanziato decine di milioni di dollari per mettere a regime l'apparecchio muviano. Per avere il suo murchadna siamo disposti a offirle una grossa somma, e per grossa intendo quella che potrebbe sistemare lei e la sua famiglia per il resto dei suoi giorni.»

Martin si alzò dal divano e fulminò Venable con un'occhiata.

«Mi sbagliavo. Non mi conoscete affatto, altrimenti non osereste farmi una proposta del genere. Non posso accettare per nessuna ragione al mondo. Il denaro non mi interessa, la mia vita va bene così com'è.

È chiaro che a questo punto mi aspetto da voi un piano B meno conciliante.»

Come fosse caricato a molla, il giovane Uomo in Nero balzò in piedi estraendo una Beretta dalla tasca interna della giacca candida, puntandola contro il detective dell'impossibile.

«Speravo di non dover arrivare a tanto, Mystère. Mi consegni la sua arma a raggi, sa benissimo che non esiterei a sparare.»

Martin avvertì soltanto un sibilo e il tintinnio dei vetri rotti del finestrone caduti sul pavimento. Ci mise qualche istante a rendersi conto che qualcuno aveva sparato a Venable, che adesso giaceva accasciato sulla poltrona con un piccolo foro bruciacchiato in mezzo alla fronte.

La voce di Chris Tower lo scosse dallo shock.

«È un piacere rivederti in buona salute, Martin. Mi dispiace non essere arrivati in tempo per salvare anche questo povero ragazzo.»

Il comandante della base di Altrove aveva fatto sfondare la porta dell'appartamento da un nutrito gruppo di militari delle squadre speciali, che adesso invadevano il soggiorno con i mitra spianati.

«Chris?» Martin tornò lucido ma s'incupì subito dopo, guardando con aria interrogativa prima il corpo inerme del giovane e poi il suo ex compagno di università.

«Vuoi dire che non siete stati voi?»

Dal diario di Martin Mystère: «Dovrei offendermi, Martin, ma lascio perdere, vista la situazione». Chris Tower risponde sempre così quando finge di risentirsi per le mie critiche ai metodi un po' sbrigativi di Altrove. Stavolta aveva ragione lui, anche perché me la sono cavata per un soffio solo grazie al suo intervento, sebbene indiretto.

Il mio murchadna era finito al centro di un complotto internazionale legato al ritrovamento del dispositivo medico muviano, che sembra esistere davvero come aveva raccontato il defunto Venable. Il quale si chiamava davvero così ed era realmente appassionato del mito di San Sebastiano, così come tutta la sua famiglia da generazioni. Peccato che il ragazzo sia stato di recente cooptato da una fazione particolarmente feroce degli Uomini in Nero, ormai diventati la milizia di una cricca di miliardari senza scrupoli preoccupati che il ritrovamento dell'apparecchio medico muviano potesse essere reso pubblico.

Non so come lo abbiano convinto ad avvicinarmi, sta di fatto che il suo omicidio per mano dei suoi complici – che forse temevano parlasse troppo – è stato del tutto inutile: gli Uomini in Nero possedevano già un'arma a raggi da usare come “batteria”, precisamente quella che avevano sottratto al corpo dell'agente di Altrove Ramani, ucciso sotto ai miei occhi venticinque anni fa.

Mi ero completamente scordato di quel murchadna, a differenza dei miei nemici di sempre che per ingordigia intendevano impossessarsi sia del mio che di quello conservato ad Altrove, strappato a Sergej in occasione della dolorosa avventura del 1996.

Il controspionaggio della base funziona, per nostra fortuna, tanto che Chris e i suoi non ci hanno messo molto a smascherare l'infiltrato degli Uomini in Nero che voleva il raggio di potenza un tempo innestato nel braccio bionico di Orloff; l'hanno interrogato e hanno saputo appena in tempo del pericolo che stavo correndo.

Da parte mia, non sopporto che l'élite più ricca e spregiudicata la faccia franca ancora una volta a scapito dei diseredati della Terra: Tower mi ha assicurato che indagheranno sul “sarcofago” muviano e spero vivamente che grazie a quel marchingegno possa esserci una soluzione definitiva per la pandemia che sta mietendo così tante vittime. 

Martin chiuse il documento e spense il computer, riandando col pensiero all'ipotesi di Venable su San Sebastiano. Per dirla tutta, non la trovava del tutto peregrina: nel corso della sua carriera si era imbattuto in vicende molto più incredibili e strampalate.

Gli apparve per un attimo anche l'ultima immagine del ragazzo, che per ironia della sorte era morto in una posa non troppo dissimile dall'iconografia del Santo del quale portava il nome e che suo malgrado ne aveva causato la tragica fine.

Martin decise che gli avrebbe reso omaggio dedicando una delle prossime puntate di Mystère's Mysteries of the Past alla leggenda di San Sebastiano.


Libri perduti, libri ritrovati

di Alberto Simionato

"Martin lo vide da lontano.
Un grande cancello in ferro battuto.
Chiuso come una tomba.
‘Efesto’ gli sembrava di leggere in cima.
Con due ‘e’ però così strane.
Unico ingresso alla tenuta.
Abbracciata da mura di cinta inospitali.
Guardò il cielo nuvoloso con occhi arrabbiati.
Il sole lo ricambiò.
E lui giù ad ammirare le foglie cadute.
Ristoro i suoi occhi.
Chiusi per la troppa luce.
Riaperti al sentire la ruggine bagnata del cancello.
Ora vede la magione.
Infinite edere imprigionano finestre chiuse.
E la porta d'ingresso.
Chiusa com’era il cancello.
Ma il biondo ha buona memoria.

Guardare il cielo accorcia le distanze.
Alza il viso alle lacrime estive.
E al riabbassarlo può entrare in casa.
Non si volta a guardare la porta.

Non gli importa.
E venuto per Lei.
Che scende le scale.
E lo guida nello Studio.
Dove l'hanno assassinata.
Mentre leggeva serena.
Un libro con poche parole.
Il regalo di una madre.
Martin la guarda com'era.
Nella poltrona imbottita.
Di fronte al fuoco.

Giocare con le immagini.
Dal libro alle ombre.
Dal fuoco alle pareti.
Mani che continuavano il racconto senza scrivere.
Dove la sua voce non poteva.
Mai, fin dalla nascita.
Era felice di inventare.

Ma un vento improvviso arriva.
Anche Martin ora lo sente.
Le nubi lontane sono arrivate.
Le finestre esplodono di vento.
Come quella sera lontana.
Quando lei vide quello che non doveva.
E fu vista.
Lei capì.
Dal libro alle pareti.
Ma non fu capita.
Dal fuoco alle ombre.
E di lei rimase solo il libro.
Venduto e rivenduto.
Il regalo di Laura lo portò nelle sue mani.
Ed ora che Martin lo apre, la immagina.
Nella poltrona imbottita.
Una bimba che legge una fiaba.
Una fiaba senza lieto fine.
La sua fine.
Chiude il libro con un moto di rabbia.
E spegne il vento.
Infinite edere imprigionano di nuovo finestre chiuse.
No.
Non può essere impossibile.
Martin riapre il libro.
Guarda il caminetto spento.
Il trucco è sempre lo stesso.
Gli occhi al cielo.
E poi la magia.
Il fuoco stavolta non la brucia.
Anzi, le sue ombre sembrano aiutarla.
Passi incerti i primi.
Più sicuri i seguenti.
Ed eccola di fronte a lui.

Le dice il suo nome.
Le restituisce il libro.
Lei lo prende e lo abbraccia a sé.
Lui le sorride.
Lei gli sorride.
Poi torna nel fuoco.

Che stavolta non la brucia.
Martin guarda il soffitto, e si volta.
Sa già che dietro di lui il fuoco è spento.
Spento da due secoli.
Neanche la cenere è rimasta.
Esce.
La magione è bagnata di lacrime.
Ma il cielo è finalmente sereno.
Solo ora Martin vede bene lo stemma sul cancello.
Efesto?
No.
Ma quasi.
Fuoco.
Si.
Ma infernale.
Come quello che sente alle sue spalle.
Che brucia la porta.
Che brucia la magione.
Che brucia..."


- Martin Jacques Mystere! Sveglia!
La voce di sua madre era dolce con lui anche quando lo rimproverava.
- Sono le 10 e tu devi ancora riordinare la stanza come avevi promesso ieri sera!
Uno sbigottito oneironauta sbucò da un groviglio di lenzuola. Lo sguardo vagò per qualche istante nella sua stanza super ordinata di adolescente sui generis cercando cosa poteva aver provocato la richiesta appena ricevuta. Rassegnatosi, Martin guardò sua madre che scoppiò a ridere ed uscì.
Fece per scendere dal letto quando di colpo gli tornò in mente il sogno che aveva appena fatto.
E quell'insegna su tutto preponderante, anche sulla triste storia della bimba che aveva visto troppo.
Un insegna sbagliata.
Una ‘e’ era strana, storta ma non abbastanza, quasi una ‘i’ piegata dalla rabbia.
Mentre l'altra ‘e’ era allargata da sembrare grande, ma non lo era.
Un mistero quindi.

E lui amava i misteri perché risolverli era come decifrare il linguaggio segreto del mondo.
Fece per prendere il libro che sua madre gli aveva regalato la sera prima sulle ombre cinesi, il libro del sogno, ma non era sul comodino dove era certo di averlo appoggiato.
Al suo posto c'era un altro libro che gli aveva regalato sempre sua madre sul mito di Efesto. Come segnalibro, la carta di un gioco da tavola, raffigurante la lettera ‘M’, proprio accanto al titolo quasi a volerlo cambiare in "MEfesto e le sue magioni infernali".
- No, non è Efesto. È M..efe..isto...
Poi capisce e sottovoce lo dice.
- Mefisto.
Quel nome tornerà altre volte nella vita dell'allora giovanissimo Detective dell'Impossibile, ma per quel giorno, per quel tempo, non ci pensò più.

-


Diana entrò nel suo ufficio al Centro di Accoglienza posando  la giacca vicino alla porta.

Quando si girò e la vide ebbe un tremito.

Una bambina seduta era davanti alla sua scrivania e la guardava sorridendo.

Diana si riprese subito dalla sorpresa e, anche lei sorridendo, le chiese.

- E tu chi sei?

Si abbassò sulle ginocchia per farla sentire più a suo agio vedendo un adulto alla sua altezza.

Le labbra della piccola si mossero, ma nessun suono andò a formare una parola.

Visto lo sguardo interlocutorio di Diana la bambina, che teneva stretto in grembo un libro, fece una serie di gesti con una mano.

Quei gesti non erano estranei a Diana.

Erano simili al linguaggio per sordomuti usato da Java, solo forse un pò più imprecisi, come se "parlassero" un inglese del secolo scorso.

- Eve. Ti chiami Eve.

La piccola annuì, felice di essere stata compresa.

- Io mi chiamo Diana.

E nel pronunciare il suo nome lo disse anche coi gesti.

Poi vide sopra la sua scrivania un plico di documenti. Si alzò e andò a prenderlo. Erano atti del Tribunale che affidava Eve al Centro. Diana alzò lo sguardo e vide Mary, la sua assistente, uscire in fretta dall'infermeria e dirigersi verso il suo ufficio. La piccola Eve notò la cosa e Diana colse come una sua ritrosia al vedere Mary avvicinarsi. A quel punto, a gesti, fermò Mary prima che entrasse facendole capire che da lì in poi avrebbe gestito lei tutta la situazione con Eve.

Mary annuì, perplessa.

Diana diede un’occhiata al dossier.

L'unico dato certo su Eve era il nome.

Strano, ma non infrequente.

Si rassicurò un po' con l'esito della visita fatta alla piccola dal medico nel quale Eve risultava in buona salute. Era confermato che era sordomuta dalla nascita.

Stava per parlarle quando fu questa a prendere l'iniziativa scendendo dalla sedia e dirigendosi verso di lei col preciso intento di sedersi sulle sue ginocchia.

Un attimo dopo le due donne stavano girando sulla sedia ridendo assieme.

Ad un certo punto Eve le fece cenno di fermare la sedia girevole e le indicò una foto sulla scrivania.

Raffigurava Diana, Martin e Java.

Diana le indicò col dito Java e poi, a gesti, le disse il nome.

Eve si girò, annuì e poi tornò a guardare la foto.

Indicò Martin e, a gesti, ne disse il nome.

Diana rimase di stucco.

Stava per voltarsi per guardarla in viso quando la bimba la anticipò e, scesa dalle sue ginocchia, si voltò e con un gesto gentile mise il suo libro vicino alla fotografia indicando Martin.

Diana stava per chiederle spiegazioni quando Mary bussò alla sua porta. Dal vetro si vedeva che era qualcosa di serio.

Disse a gesti ad Eve che sarebbe tornata subito, la prese e mise sulla sua sedia dove la bimba ricominciò a giocare al girello.

Fu Mary a parlare per prima.

- Diana, scusami, ma abbiamo i test  pianificati e ci serve che tu sia presente.

- E’ vero! Scusami, ma la piccola mi ha distratto e me ne sono scordata.

Mary la guardava come senza capire.

- Di che bambina parli?

Diana, sorpresa, disse.

- Eve, la piccola che ci ha affidato il Tribunale.

Nel dirlo Diana si girò, ma a parte la sua sedia che girava vuota non c'era altro segno di vita nella stanza. Sopra la scrivania, dove non c'era più alcun dossier, c'era il libro lasciato da Eve appoggiato alla foto di lei con Martin e Java.

Si intitolava "Efesto e le dimore infernali".

 

-

 

Dopocena Diana raccontò a Martin il suo strano incontro con Eve.

Lui la ascoltò in un silenzio quasi religioso e quando Diana disse il titolo del libro Martin aprì gli occhi come se si fosse svegliato da un sogno.

Si aspettava che a quel punto Martin le chiedesse il libro ma lui si alzò senza dire nulla ed entrò nel suo studio.

Lei lo seguì e lo vide cercare qualcosa nella sua libreria.

Dopo diversi minuti di infruttuosa ricerca Martin si arrese, si voltò e le chiese.

- Hai aperto il libro?

- No, mi era sembrato che Eve volesse che lo facessi tu. Perché me lo chiedi? E poi, cosa stavi cercando fra i tuoi di libri?

Martin le fece un sorriso dolce e le chiese di andare a prendere il libro di Eve.

Diana lo porse a Martin che però le disse.

- Aprilo tu, per favore. E leggi la dedica a pagina 5.

Diana lo assecondò.

- "Al mio adorato Martin, per la sua ricerca di Storia."

Diana si fermò, un lacrima improvvisa le scese sul viso e cadde sulla pagina aperta vicino al nome della madre di Martin.

- È tuo.

Riuscì solo a dire prime che altre lacrime arrivassero.

- Si.

Confermò Martin.

- E’ un regalo di mia madre. Quando mi sono trasferito qui credevo di averlo perso. Poco fa ho ricontrollato. Poteva essere solo il mio viste le circostanze.

Cercando di riprendersi un pò Diana gli chiese chi fosse Eve e quali fossero le circostanze a cui si riferiva.

- Imparo solo ora il suo nome. Per me è stata solo una bimba in un sogno di quando ero giovane. Mia madre mi aveva regalo un libro di fiabe per bambini sordomuti che li aiutava a fare delle ombre cinesi. Lei voleva che capissi chi era meno fortunato di me. Ricordo che la notte dopo averlo letto sognai quella che ora so essere stata Eve. Non solo colpita alla nascita da un pesante handicap ma anche prematuramente morta a causa di persone malvagie che l'hanno bruciata viva. Lei fu felice quando, nel sogno, le restituii il suo adorato libro. Al mio risveglio il libro di fiabe era sparito. Al suo posto il libro che ti ha portato. Avermi fatto riavere il mio di libro perduto penso sia il suo modo di ringraziarmi per averle riportato il suo.

Diana posò il libro sulla sedia davanti alla scrivania, per stringersi forte fra le braccia di suo marito.

Pochi istanti dopo, entrambi si volsero a guardare la sedia col libro che girava lentamente e le ombre della sera che dipingevano lo studio.


MARTINO MISTERO
Dodici metri sotto il golfo e la magia della Sfera Metidrica.

di Davide Tarò 

Il Docteur Mystere arrivò come figura in nero nell'ora indefinibile tra la fine della notte e l'alba nel piccolo e dimenticato paese di Rueglio, Italia, a fine ottocento, sul finire della sua esistenza terrena.
Per restare.
Lì erano forti gli influssi del 'Vril' e, per quanto ne avesse ancora la forza e l'umore, doveva stare proprio in quel luogo, perché in quelle vallate apparentemente chiuse e abbandonate doveva esserci qualcosa di Mysterioso, o doveva ancora accadere, solamente non doveva solo cedere agli sbalzi umorali che lo facevano diventare sempre più apatico ormai da anni.
Doveva completare il suo intento.

Vide in una notte di veglia nella cantina del villaggio un giovane:
Pietro Corzetto Vignot.
Gli fece un cenno con la mano, un invito ad avvicinarsi.
Per Pietro Corzetto Vignot, figlio di contadini ma assai portato per la scienza, quel personaggio, cioè il forestiero in tunica, che avrebbe imparato a chiamare nei mesi successivi Martino Mistero o zio Martino, fu una folgorazione in vita.
Il ragazzo aveva frequentato per un po' di  tempo la regia Università , la facoltà di Fisica dell'Ateneo di Torino tramite i sacrifici di sua mamma e delle sorelle, nei campi.
Lì ebbe i primi rudimenti di base tecnologica per realizzare qualcosa che aveva solo nei sogni.
Una Sfera, una sfera Metidrica ...
Il termine Metidrica, neologismo coniato da Corzetto stesso, ricavato dalla fusione dei vocaboli greci meta (assieme a) ed hydor (acqua) cioè insieme all'acqua, che “respirasse l'acqua” come l'aria attorno, venne alla mente con prepotenza al giovane ragazzo, una mattina di marzo davanti alla titanica costruzione dell’opera monumento di ingegneria mondiale, Il Canale Cavour nella lontana Chivasso, in pianura, era il 1866, terzo e ultimo anno di edificazione del fantastico Canale, doveva deviare il corso d’acqua e portare i fiumi nelle pianure dove acqua non c’era.

Quella era un opera che rasentava la magia per Pietro.

Quando Corzetto vide quella figura nascosta, quel signore sempre avvolto in una tunica pensò per qualche tempo che fosse un mago, uno stregone.
E ne fu sempre più convinto fino ai tristi giorni della sua morte.
Non c'era troppo da sorprendersi in fondo, in quelle valli circolavano, insieme a creature magiche di ogni tipo raccontate nelle veglie e nei racconti popolari, strane leggende ed enormi potenzialità dell'esistente, potenzialità che si traducevano in realtà grazie alla forza del Vril che scorreva potente e non imbrigliata in quei luoghi, quasi magia si sarebbe detto in quel secolo.
Poi il ragazzo capì che il forestiero doveva essere un vecchio professore dal nome francese.
La guida, il sapiente, il cicerone che cercava da una vita.
Martino Mistero era il suo nome, tradotto in italiano.
Prese ad andare tutte le sere alla veglia dove la figura sedeva sempre proprio accanto al focolare.

E Martino Mistero una sera, proprio come uno zio, gli porse sulle sue mani sudanti per l'emozione una edizione in francese del romanzo di Giulio Verne 'Ventimila Leghe sotto i mari', edizione pregiata del novembre 1871 edita da Hetzel.

E per Corzetto quest'altra opera rasentava la magia, nuovamente.
Ora toccava a lui rasentare la magia, finalmente.
Con la tecnica.
Con la sfera metidrica ancora, per poco, dei suoi sogni.

Zio Martino raccontò a Corzetto molte cose.
E molte cose nella ancor giovane mente di Corzetto presero ordinatamente e magicamente posto.
Cose, nozioni che pochi potevano avere.
Martino Mistero, zio Martino, era un raro sapiente di cose ancor più rare e sconosciute ai più, anche tra i sapienti.
Raccontò al ragazzo una notte davanti ad un fuoco crepitante:

“‘Vril ‘ è un titolo di un romanzo di pura finzione del 1871 di Edward Bulwer Lytton, nella finzione il soggetto del romanzo è una forma di energia anche tecnologica e magica allo stesso tempo denominata ‘Vril’ che possiedono segretamente gli abitanti del centro della terra.
Però La parola ‘Vril’ è già usata “veramente” in strumenti scientifici veri di questo secolo, probabilmente successivi al romanzo, ma non possiamo davvero dirlo con sicurezza.
Nel romanzo ‘Vril’ inoltre le lampade inventate dal romanziere appartenenti a questo centro del mondo assomigliano tantissimo ai ‘tubi di Crookes’ per la fosforescenza davvero esistenti negli anni immediatamente successivi al romanzo ideati dal fisico e chimico William Crookes che si occupò dei gas e della fisica del plasma, spettroscopia e radiometria.
Da notare che
verso la fine della vita dello scienziato, Crookes ebbe stretti contatti con la 'Society for Psychical Research'.
Ebbe rapporti di ricerca, inoltre, con la giovane medium Florence Cook, alla quale si legherà e studierà scientificamente i cosiddetti fenomeni paranormali: le sedute spiritiche con evocazioni di gas e sostanze oltremondane, tanto di moda in questi anni tra l'altro
.
Non dimenticare inoltre che il cosiddetto 'Tubo di Crookes' utilizzato come ‘Rocchetto di Ruhmkorff’ ad induzione e i tubi di gas permettono tra l’altro proprio nella finzione agli eroi di Jules Verne nel romanzo ‘Viaggio al centro della Terra’ di salvarsi dai gas infiammabili, sostanze oltramondane del centro di Pangea dove regna sovrano il Vril".
" Davvero tutte coincidenze? Decidi tu Corzetto ..."

"Detto tutto questo, secondo te il Vril esiste?" chiese Martino.

"No ... " rispose Corzetto, pensoso.

"Tutto quello che apparentemente non esiste, ma in potenza è, per riuscire a distruggerlo veramente sarebbe sufficiente farlo incarnare in qualcosa di concreto, dare ad esso un corpo e poi distruggere quest'ultimo, ecco come si può indebolire il Vril, indebolire un'idea...
 "Transustanziazione magica" continuava a parlare Martino, ma pareva più rivolto a sé che al ragazzo.
"Tu creerai qualcosa di straordinario Corzetto, vedrai!" concluse Martino.
E gli diede un plico arrotolato di vecchie carte e papiri.
Di una vita prima.

Come i vecchi sapienti con i loro più promettenti allievi, pensò Corzetto con un pizzico di orgoglio.
Erano i fogli di progettazione antichi e ingialliti dal tempo di un enorme e spettacolare veicolo cigolato, una piccola città semovente.
"L'Hotel Elettrico si chiamava... potresti imparare davvero qualcosa da queste vecchie carte ormai inutili "
aggiunse con un moto di tristezza che non pensava neanche più di avere, Martino.

 

Tanti anni dopo:

Tra Palmaria e Portovenere, Liguria primi anni del ‘900, data precisa mai acquisita:

Quello che ormai vedeva il vecchio Pietro, in quella tragica notte illuminata a giorno da fulmini vividi e danzanti, era una piccolissima parte della sua sventurata e fantastica creatura odiata dal presente.
La Sfera Metidrica che era riuscito a costruire e a far funzionare perfettamente.

La sua meccanica creatura galleggiante, in acqua ancora per poco, era riuscita perfettamente a funzionare in immersione per dodici metri sotto il golfo, più volte, funzionante tramite la forza Vril, pareva in quel momento dannato essere ormai non più grande di una capocchia di spillo però, che provava ancora ritmicamente contro natura e contro ogni possibilità fisica oggettiva di rimanere a galla, contro la fredda corrente, al largo, che la trascinava sempre più giù, negli abissi.
Era stata sistemata con tutte le cure e le attenzioni, quello era ben più che un sabotaggio.
Era un tentativo di distruzione della sua opera.
Della sua magia.
La magia che per una volta nella vita era riuscito a realizzare Corzetto.

Qualcuno la aveva colpita con violenza, con un qualcosa, qualcosa di invisibile, di terribilmente potente e sconosciuto ai più.
Qualcosa come il Vril.
Un uomo ritto sulla scogliera, eccolo! Quei raggi luminosi azzurrognoli arrivavano proprio da quel punto, un bagliore fulmineo poi più nulla.
Frzzzaaaap!

La corrente stava ormai portandosi via l'amata “Bala D'Acciaio”, come veniva chiamata in dialetto ruegliese, giù nelle profondità abissali marine che fino ad un istante prima avrebbero potuto essere esplorate proprio dall'invenzione e che invece in quel momento divennero per sempre i liquidi sepolcri della sua Sfera Metidrica dimenticata per sempre dal futuro.

Uomini in nero osservavano la sua rivoluzionaria creazione affondare per sempre.

Una figura, quella stessa figura di poco prima, sul picco più alto del promontorio osservava, non con la rapace soddisfazione delle figure in nero, alle quali pur assomigliandovi in fondo non apparteneva certamente, ma con un moto di triste fatalismo offuscato forse da genuino e potente senso di colpa.
A Corzetto che spostò gli occhi piangenti, per un secondo solamente, dalla fine della sua Sfera Metidrica a quella figura, fu subito chiaro chi fosse.

Martino.

E seppe, in cuor suo, che Martino aveva desiderato proprio quello sin dall'inizio, voleva la distruzione della Sfera Metidrica, ricordava il suo discorso, la 'Desustanziazione Magica'... aveva senso, tutto.
Qualcosa di concreto e costruito per imbrigliare e poi per distruggere o indebolire gli influssi del Vril.
Aveva ancora il libro di Giulio Verne, tutto annotato di intuizioni fulminee, improvvise, geniali talvolta, tutte destinate a sparire nell'incendio di casa sua che avvenne qualche anno dopo.

Il volto di Martino fu l'ultimo volto che vide il vecchio Corzetto prima di morire di polmonite solo nel suo letto qualche anno dopo.
"Non tutto muore mio povero Corzetto, ricordatelo, non tutto. Verrai ricordato, di questo almeno non ti crucciare, me ne occuperò io non ti preoccupare mio sfortunato amico "
Sembrò a Corzetto di sentire queste parole sussurrate al suo vecchio e stanco orecchio.
Corzetto spirò e gli sembrò di vedere ancora Martino Mistero salutarlo e prendersi commiato da lui, non sembrava più di tanto invecchiato, come invece era successo a lui, in mano aveva ancora i progetti della Sfera Metidrica che negli anni si era scritto ed appuntato, il suo nome compariva vergato in chiare e grandi lettere.
Corzetto capì e l'anima sua, in pace, come acqua di fiume andò a raggiungere l'oceano.
Dove il relitto dimenticato della Sfera Metidrica avrebbe regnato per sempre.

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