UN SALTO NEL MYSTERO
CONCORSO LETTERARIO ED ARTISTICO
Come forse ricorderete l'anno scorso AMys ha lanciato il primo concorso nazionale dedicato a Martin Mystère. Il concorso (che sarà rinnovato quest anno, perciò preparatevi) era dedicato alle donne (e quale occasione migliore della Festa della Donna per riportarne i lavori) ed era riservato sia agli scrittori che ai disegnatori. I primi classificati nelle due categorie sono stati già pubblicati nel nostro Corriere del Mystero, ma trovavamo corretto presentarveli di nuovo, assieme ai secondi e terzi classificati, come da bando del resto.
Quindi di seguito potrete gustarvi le opere di Ivan Visioli (primo classificato nella sezione letteraria), Alberto Simionato (secondo classificato) e Giovanni Gaddoni (terzo classificato con menzione d'onore per il suo lavoro di ricerca); inoltre potrete ammirare i disegni di Steve de Brevi (primo classificato nella sezione artistica) e Claudio Umana (secondo classificato).
LE DONNE OLTRE L'IMMAGINAZIONE di Ivan Visioli
Da quando lavorava al ricovero per senza tetto, Diana Lombard aveva visto arrivare gente di ogni tipo e di ogni provenienza; ma niente avrebbe potuto prepararla alle quattro donne trovate quella mattina a vagare spaesate lungo le vie della città. Erano tutte giovani e decisamente belle, non parlavano inglese ma non sembravano affatto delle immigrate clandestine, anzi avevano l'aspetto curato e vestivano abiti ricercati anche se di foggia piuttosto antiquata.
Tre di loro parlavano francese, sebbene solo una di esse dichiarasse di venire dalla Francia, mentre le altre due dichiararono di essere russe. Per comunicare con la quarta, fu invece necessario rivolgersi ad un classicista, visto che si esprimeva solo in greco antico.
“Emma Rouault, sposata Bovary, Yelena Vasilyevna Kuragina Bezuchova, detta Hélène, Anna Arkadyevna Karenina e Elena principessa di Sparta, sposata con Menelao e successivamente con Paride... così si sono presentate.”, raccontò Diana a suo marito, ancora incredula di quanto aveva visto.
“Bah, non mi pare poi così strano”, bofonchiò Martin Mystère, “in fondo è un classico: molte persone con problemi psichiatrici credono di essere Napoleone o qualche altro personaggio famoso. Saranno delle appassionate di letteratura uscite di senno.”
“Sì, l'ho pensato anch'io; ma ci sono troppe cose strane: i vestiti, la lingua che parlano, il fatto che non sappiano assolutamente nulla del mondo moderno. E tutte hanno fornito la stessa versione: erano in casa di quello che hanno definito “un bifolco” il quale voleva convincerle ad accettare le sue avances. Nessuna di loro però ricorda come è arrivata a New York ed Elena si è molto stupita di apprendere che esistono delle terre aldilà delle colonne d'Ercole. Sembrano veramente uscite dalle pagine di un libro anche se loro non lo sanno: Emma, Hélène e Anna sanno chi è Omero; ma non hanno mai sentito parlare di Tolstoj o di Flaubert. Persino i loro tratti somatici corrispondono alle descrizioni di quei personaggi!”
“Anche questo potrebbe avere una spiegazione razionale: magari il fatto di ritrovare fattezze simili alle proprie nel personaggio di un libro le ha spinte ad identificarsi con esso, tanto da volerlo imitare anche nel modo di vestire e di parlare. Tra l'altro, mi sembra di ricordare che si tratti di personaggi di donne piuttosto...ehm, libertine; forse erano in una clinica per malattie mentali e qualcuno le ha rapite per approfittare di loro...”
“Ho pensato anch’io ad un rapimento ed ho avvisato la polizia.”
La telefonata di Travis li interruppe. La polizia, dopo aver raccolto le testimonianze delle donne, era stata incredibilmente in grado di identificare l'abitazione del presunto rapitore. Con grande sorpresa di Martin, si trattava di un suo conoscente, il professor Morel, un collega dell'Università che teneva la cattedra di letteratura, un uomo solitario e un po' eccentrico ma che non sarebbe di certo stato capace di far del male ad una mosca.
Considerato che si trattava di un conoscente di Martin, Travis volle che l'archeologo e sua moglie lo accompagnassero durante il sopralluogo all'appartamento di Morel.
L'ispettore suonò il campanello senza ottenere risposta, bussò più volte con energia ma senza risultato. Dall'interno, sembrava giungere solo un flebile lamento. Rotti gli indugi, Travis ordinò a due robusti agenti di abbattere la porta.
Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era impressionante: il povero Morel giaceva insanguinato sul pavimento. L'uomo respirava ancora; ma presentava una ferita da arma da taglio che Travis, grazie alla sua esperienza, riuscì fortunatamente a tamponare. Chiamata immediatamente un'ambulanza, Morel fu trasportato al New York Hospital dove i medici riscontrarono che la ferita non era profonda e che, sebbene avesse subito un forte shock, l’uomo non era in pericolo di vita.
La perquisizione dell'appartamento non diede grandi risultati: si trattava della tipica abitazione di uno studioso, stracolma di libri come quella di Martin. Su di un tavolino, vennero trovati alcuni volumi evidentemente presi di recente dagli scaffali della biblioteca: L' Iliade e l’Odissea, Guerra e Pace, Anna Karenina, Madame Bovary e i Tre Moschettieri. Fu rinvenuto anche un curioso apparecchio elettronico di cui, nonostante le analisi della scientifica, non fu possibile comprendere la natura o la funzione. Con successive indagini, si scoprì inoltre che Morel, pur conducendo una vita parca e ritirata, poteva contare su una notevole disponibilità di denaro, avendo ricevuto di recente una grossa eredità. Il professore aveva inoltre effettuato pochi giorni prima un bonifico per una grossa somma su un conto cifrato svizzero di cui fu naturalmente impossibile risalire all'intestatario.
Neppure l'interrogatorio di Morel riuscì a fornire elementi utili: l'uomo non seppe identificare il suo aggressore e dichiarò che si trattava di uno sconosciuto che si era presentato alla porta; del resto, non vi erano segni di scasso né risultava rubato qualcosa per cui la faccenda venne presto archiviata come l'opera di un pazzo. Anche l'indagine a suo carico venne rapidamente archiviata in quanto, sebbene le donne riconobbero in Morel il “bifolco” che aveva tentato degli approcci nei loro confronti, tutte confermarono che l'uomo non aveva in realtà compiuto violenze né le aveva forzate a fare alcunché. La polizia concluse quindi che si trattasse semplicemente di un gruppo di squinternate provenienti da chissà dove che Morel doveva aver ospitato a casa sua senza tuttavia ottenere ciò che evidentemente lui sperava.
Dal canto loro, le quattro donne si adattarono in fretta alla vita del ventunesimo secolo: Hélène e la sua omonima greca riuscirono facilmente ad essere ammesse nei circoli più esclusivi del Jet set dove si accompagnavano ai personaggi più ricchi ed influenti; mentre Anna ed Emma trovarono un’occupazione come insegnati di lingue. Si mantennero in contatto e spesso si incontravano per fare lunghe chiacchierate il cui argomento principale era la gioia inesprimibile che provavano all’idea che i rispettivi mariti non potessero raggiungerle in alcun modo.
Fu solo più di un mese dopo che Morel, dimesso dall'ospedale, si decise a far visita a Martin per raccontargli come erano realmente andate le cose.
“Non potevo certo dire la verità”, ammise il professore, “sarei certo finito in una clinica psichiatrica e avrei perso il posto all'Università.”
Morel raccontò che, poco dopo aver ereditato quella grossa somma, aveva ricevuto la visita di un tipo bizzarro con un sorriso inquietante che portava un pizzetto che gli dava una vaga aria mefistofelica. L'uomo, accendendosi un grosso sigaro con un semplice schiocco delle dita, gli aveva spiegato come in un luogo del multiverso non percepibile dai sensi umani, calibrati solo per tre dimensioni, esistesse una sorta di databank universale, che alcune tradizioni chiamano Akasha o dimensione eterica, in cui era contenuto non solo tutto lo scibile di coloro che avevano vissuto in quello che comunemente veniva definito il mondo reale; ma anche l’essenza di tutti gli universi immaginabili che, seppure presenti su altri piani di realtà, erano tuttavia altrettanto reali. Alcuni individui dotati di particolare sensibilità, come artisti e scrittori, avevano potuto rappresentarli nelle loro opere grazie ad un parziale accesso spontaneo al databank. Quel tizio gli aveva quindi proposto, in cambio di una cifra ragguardevole ma che lui aveva dichiarato essere assolutamente irrisoria al confronto al valore della sua invenzione, di fornirgli un apparecchio che gli avrebbe consentito di portare in questa dimensione personaggi provenienti dalla dimensione immaginaria. Ovviamente, Morel aveva dapprima pensato ad un buontempone e ad uno scherzo elaborato; ma quando l'uomo gli aveva fornito una dimostrazione pratica del funzionamento della macchina, aveva dovuto abbandonare ogni scetticismo. Il professore non era certo un uomo di bell'aspetto e non aveva mai riscosso alcun successo con il gentil sesso, dedicando tutta la sua vita solitaria agli studi letterari; aveva quindi ceduto alla tentazione di realizzare il sogno proibito di ogni appassionato lettore: quello di poter incontrare realmente i personaggi conosciuti sulle pagine dei libri. Morel aveva dato quindi a quell'individuo la somma richiesta; ma, come ogni patto faustiano che si rispetti, anche quello non era andato a buon fine e le donne evocate si erano dimostrate molto meno disponibili di quanto accadesse nei suoi sogni. Con una di esse era anche accaduto un “incidente” che il docente si rifiutò assolutamente di precisare che lo aveva convinto a sbarazzarsi dell'apparecchio, consegnandolo al detective dell'impossibile. Nel ricevere l'ordigno, Martin ebbe un brivido al pensiero degli orrori che esso avrebbe potuto materializzare in mano ad un folle e, quando Morel se ne fu andato, avvisò immediatamente “Altrove” perché venissero a ritirare quella che senza alcun dubbio era l'ennesima diabolica trovata di Mister Jinx. All'udire quella storia, Chris Tower non fu troppo sorpreso, ricordando che già il loro fondatore, Thomas Jefferson, si era trovato a dover affrontare una creatura che pareva partorita dalla fantasia di Lovecraft.
Chris si presentò accompagnato dalla sua nuova assistente, una splendida giovane sui 25 anni, i cui lunghi riccioli biondi, la pelle chiarissima e gli occhi di un azzurro intenso facevano un indefinibile contrasto con le ciglia e sopracciglia di un nero corvino.
Martin non poté trattenersi dal rivolgerle un'occhiata compiaciuta e Chris, notato il suo interessamento, gli confidò all'orecchio che nessuno sapeva chi fosse in realtà e da dove venisse; ma si trattava di un'agente di eccezionale capacità che gli era stata raccomandata da un pezzo grosso dei servizi segreti.
Martin le fece un galante baciamano. “Lieto di fare la sua conoscenza, signorina...”
La giovane increspò le labbra in un sorriso indefinibile: “Anne de Beuil, ma potete chiamarmi Milady”.
IO SONO LEGGENDA di Steve de Brevi
LA NOTTE DELLE SIRENE di Alberto Simionato
Erano nervosi come non mai.
La vittima sacrificale, invece, era serena.
Vestita solo con un paio di occhiali, per esigenze "di copione", si sdraiava sull’altare fiduciosa che il film in presa diretta, a cui credeva di partecipare, sarebbe stato un successo.
“I canti salmodianti degli astanti avevano fatto levare uno strano vento.”
O almeno così diceva il copione che Angie aveva riletto per tutta la notte, in attesa della sua unica battuta.
“AAAARGH!” urlò, quando il sacerdote cadde sopra di lei.
Morto.
Un preciso colpo di pistola aveva ucciso il noto predicatore televisivo mentre stava per violare il suo procace seno.
Subito le guardie del corpo dei negromanti si precipitarono a proteggere i loro padroni con armi rubate agli Uomini in Nero.
Ma fu inutile.
Il Ranger evitava i laser radioattivi, mentre le sue due Colt, mai scariche, facevano “ricongiungere a Satanasso” i suoi adoratori.
Un oncia di secondi dopo era tutto finito.
"Martin-Caro ..." sussurrò la bionda, svenendo.
Il Ranger la prese in braccio e con lei si allontanò come un aquila della notte.
-
Martin Mystère aveva preparato la cena riparatrice alla perfezione.
Doveva, visto che si era dimenticato il compleanno di Diana, neanche fosse una scadenza per il suo Editore!
Le ricette sumere erano le preferite da Miss Lombard e l'iPhone diffondeva nell’aria una melodia celtica che Martin aveva trovato gironzolando sul web.
Mentre si dedicava alla “cosa” che cresceva nel forno con la stessa attenzione che dedicò al primo Teschio di Cristallo sentì arrivare la pioggia. Ma fù il rumore di zoccoli che battevano sulla strada a spingerlo ad aprire la porta d'ingresso dove si trovò di fronte il Ranger che lo guardava tetro in sella a Dinamite.
Tuoni, fulmini, e la musica old age in crescendo.
Angie continuava a fare il suo nome in una sorta di trance.
“Diavoli dell’Inferno, Angie!” disse Martin.
-
“Diavoli dell’Inferno, Diana!” disse Martin.
E ricevette per tutta risposta un sonoro schiaffone!
Era disteso per terra vicino alla porta d'ingresso.
La schiena appoggiata al divano.
Diana, furiosa, in piedi davanti a lui, lo guardava più minacciosa di Orloff quando aveva provato ad ucciderlo in Belize.
“Ma perché mi hai ...” tentò di dire Martin, ma si fermò quando vide il vestito preferito di Diana irreparabilmente strappato!
Le musiche degli antichi drudi, in sottofondo, aiutavano il reboot della sua memoria.
Diana gli disse che non credeva ad una sola parola di quello che Angie le aveva raccontato.
Giunta di fronte alla casa del suo fidanzato, lo aveva trovato disteso per terra con la sua ‘amica attrice’ che, completamente nuda, gli stava facendo la respirazione artificiale perché il pistolero, che l'aveva salvata da dei satanisti l'aveva portata a casa di Martin-Caro ma lei aveva i piedi bagnati e ...
“...e cadendoti addosso lei ti avrebbe fatto scivolare all'indietro e tu avresti battuto la testa! Ma io te la spacco la testa!”
Fu in quel momento che Angie, puntando una forchetta, disse candidamente “Diana-Cara, scusa se mi sono aggrappata anche al tuo vestito quando ti ho aperto ma avevo i piedi bagnati e stavo per scivolare di nuovo sopra Martin-Caro.”
Al sentire ciò, Diana si voltò verso quella che doveva essere la sua cena e maledisse il giorno in cui aveva deciso di lasciare uno dei suoi accappatoi a casa di Martin.
Per Angie, invece, fu una cosa positiva trovarlo così poté coprirsi, anche se non aveva ancora imparato a chiuderlo, come notò Diana, ormai alle soglie del DEFCON 4.
Miss Lombard se ne andò sbattendo la porta mentre l’antica versione della Cavalcata delle Valchirie era al massimo dei tamburi.
"Ora sto sognando vero?" disse Martin rivolto ad Angie.
Ma la bionda si era versata del vino sull'accappatoio e si guardava indecisa.
Martin si fece forza e si alzò per dire ad Angie dov'era lo smacchiatore.
Ma davanti a sé quasi vedeva una taverna con antichi scudi vichinghi.
E fu così che, su sua imprecisa indicazione, Angie si spruzzò addosso della panna montata spray mentre Diana rientrava a recuperare la borsetta dimenticata.
Solo la porta sbattuta da una Diana inferocita ebbe l’effetto di liberare Martin dallo stato di confusione che lo aveva preso.
L’iPhone aveva terminato la canzone celtica e si stava apprestando a ricominciarla in loop.
L'apparizione fra la pioggia di poco prima aveva ora, finalmente, l’attenzione del Detective dell’Impossibile.
La cosa più ovvia ora sarebbe contattare Chris Tower ad Altrove.
Ma Martin si girò a guardare Angie ancora alle prese con la panna spray nel sottofondo delle trombe scozzesi sussurrate e tornò ad imbambolarsi.
Ad un certo punto questa passò accanto a lui per raggiungere il bagno dove una doccia, a suo dire, l'avrebbe rimessa in sesto. Martin, non vedeva nulla da ‘rimettere in sesto’ e stava per dirle qualcosa ma decise che prima di tutto doveva chiarirsi con Diana.
Di nuovo, qualcosa (!) aveva fatto passare in secondo piano il Ranger e Mefisto.
Stava per cercare il numero di Diana ma il suo cellulare squillò prima che potesse chiamarla.
Era Travis e proprio in quel momento Diana rientrò in casa per la seconda volta.
Consapevole di non poter girare per NY, di notte, con un vestito in quelle condizioni, si diresse verso il bagno, dove aveva lasciato qualcosa per ripararlo, incenerendo con lo sguardo Martin che le spiegava a gesti che c’era già Angie!
L’esplosione di bolle di sapone all’apertura della porta convinse Martin a dire a Travis un “Arrivo subito!” fiondandosi fuori dalla porta.
In salvo!
-
Travis informò Martin che, stando alle informazioni raccolte, Java, all'uscita dalla partita di Basket era stato aggredito da ‘numerose persone armate’.
Martin prese meccanicamente il cellulare per chiamare Java ma vide che la batteria era scarica.
“Tutta colpa di quella musica celtica, Diavoli dell’Inferno!”
Vide poi le auto bruciate, la dozzina di cadaveri con abiti paramilitari e quello che probabilmente era il taxi preso da Java che era parcheggiato dentro un bar in fiamme.
Rimase con Travis una buona mezz’ora e poi se ne tornò verso casa, pensieroso.
Stavano succedendo troppe cose tutte assieme.
Prima Angie portata da un ranger leggendario.
Salvata da un sabba dove doveva ritornare in vita un mitico satanista.
E ora Java che viene rapito.
E lui che si sentiva stanco.
-
Rientrato in casa vide la dama che sedeva sul suo divano.
“Olimpia...”
Un sorriso appare sul viso della bionda ginoide.
Lei lo osservava attentamente mentre lui, quasi a fatica, andava a sedersi sulla poltrona di fronte.
La sua famosa parlantina oramai azzerata.
“Ha chiamato Diana sul telefono di casa. Sembra che tu abbia il cellulare... scarico?”
Martin guardò sconsolato il segnale di batteria a zero.
Olimpia sorrise ancora e proseguì.
“Quando sono arrivata lei ed Angie stavano uscendo ma Diana mi ha detto che avrebbe cercato di contattarti perché avevate una questione da chiarire al più presto e...”
Olimpia si fermò perché non vide Martin imprecare in aramaico come logica dettava. Cambiò discorso e tono.
“Stasera si sono messe in moto diverse forze intorno a te, Martin. E sono molto più pericolose di una fidanzata gelosa.”
La ascoltava senza interrompere, raro per lui.
“Credo che a rapire Java siano stati gli stessi che hanno architettato quel diversivo al Circolo Mefisto. Dimenticavo di dirti che Angie, prima di andarsene, mi ha raccontato tutto.”
“Diversivo?”
Chiese finalmente Martin, ma la voce era bassissima.
“Si. Ho aggiornato Chris e pensiamo che si sia trattato di un espediente per distrarci mentre Java veniva rapito.”
“Ma com'è possibile che il mio terzo occhio non mi abbia avvertito del pericolo che Java correva?” disse Martin toccandosi la fronte mentre un mal di testa tanto improvviso quanto feroce si faceva avanti come un lupo affamato nelle fredde valli d’Irlanda.
Olimpia esitò un istante e disse:
“Ti senti bene Martin?”
Lui parlò, tremando.
“Certo... che mi sento bene... voglio dire ... sono scosso per quello che mi stai raccontando, ma sono tutte cose che... non è la prima volta che mi accadono...”
“E' proprio questo il punto, da almeno due ore qualcosa ti sta tenendo fermo. Il tuo terzo occhio è stato messo offline. Qualcuno si è dato molto da fare perché tu non reagissi come fai di solito.”
Martin la guardava ammutolito.
Olimpia si alzò in piedi di scatto.
Avrebbe voluto imitarla, ma quella taverna con le valchirie era così invitante.
Olimpia gli prese la testa fra le mani e, avvicinatasi abbastanza da rendere gelosa Diana, gli parlò in un orecchio.
“ZA-GOR-TE-NAY!”
Un fulmine attraversò la mente di Martin!
Nei suoi occhi tornò la luce.
Soprattutto nel terzo!
Si alzò in piedi e preso dall'impeto la baciò!
Mentre la sbalordita agente di Altrove si lasciava cadere sul divano, Martin stava già passando in rassegna tutto quello che era successo fino a quel momento. A ritroso verso l'istante in cui tutto aveva cominciato a farsi lento.
Quando aveva accesso l'iPhone con la musica per Diana!
Un rapido controllo sul MacBook con un software anti hacker che gli aveva passato Tower e...
“Messaggi subliminali quantici!”
Quasi urlò, contento come la prima volta che aveva terminato l’Eneide.
Olimpia, appoggiata alla porta dello studio, guardava l'uomo di fronte a lei che si era svegliato come da un lungo sonno. Tower le aveva suggerito di usare il nome indiano dello Spirito con la Scure per il reboot del terzo occhio perché era l'unico modo conosciuto per riattivare la connessione con Agarthi.
“Solo una persona può aver manipolato quella musica per isolarmi.” disse Martin mentre fissava, scuro in volto, una foto fatta molti anni prima, a Firenze.
“Uno studioso che sa come comunicavano millenni fa.”
“Un imprenditore visionario che domina gli attuali sistemi di comunicazione.”
“Un iniziato in Arya Samaj che ha un terzo occhio.”
“Sergej Orloff!” disse Olimpia guardando il nome sull’iPhone di Martin che mostrava una videochiamata in arrivo.
Anche se era scarico..
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