Quello che abbiamo appena letto è un classico incipit della narrazione mysteriana di Alfredo Castelli, con sequenze di altre epoche in cui si muovono personaggi storici e/o di fantasia le cui gesta finiranno per ripercuotersi sul presente di Martin Mystère, il quale probabilmente non saprà mai della loro esistenza, ma risolverà l'enigma di cui essi fanno parte. Vittorio Leoni è quindi un avventuroso personaggio creato da Alfredo Castelli, al pari di altri predecessori (come l'atlantideo Adam)?
No. L'agente segreto V.T.7., recentemente comparso nel Maxi Martin Mystère n. 10: "L'abisso del male", era uno dei personaggi del giornale Audace, che Gianluigi Bonelli acquistò nel 1940, trasformandolo nel mensile del 1941 e gettando così le basi per ciò che sarebbe poi diventata la Sergio Bonelli Editore. Tutto ciò accadeva quindi ottanta anni fa, e nelle celebrazioni in corso da parte della casa editrice, l'onore di festeggiare direttamente l'evento e l'uomo non poteva spettare che a Martin Mystère, avendo questa testata ciò che manca ai suoi "cugini" (anche quelli che vendono molto di più), e cioè Alfredo Castelli, una solida tradizione filologico-letteraria e la capacità di restare se stessa durante le sue abituali incurioni metafumettistiche.
Ecco quindi che, nelle pagine dell'albo, Martin Mystère presenzia alle celebrazioni milanesi della Sergio Bonelli Editore, e si vede regalare da uno sconosciuto un impossibile numero dell'Audace, uscito durante il periodo del cambio di editore e ospitante le inesistenti avventure a fumetti di Martino Mistero, il grande archeologo (e del suo insolente e mordace assistente, l'ascaro Tomi). Tra accurata ricostruzione storica dell'epoca e speculazioni su progetti folli come l'Altantropa, Castelli conduce Martin fino in Libia, inconsapevolmente sulle tracce dell'Inafferrabile, per giungere a un nodo narrativo di matrice atlantidea che causa ineluttabilmente l'impossibile, quando il detective dell'impossibile finalmente incontra l'inafferrabile, e gli araldi di due epoche dell'editoria italiana si stringono la mano.
La sceneggiatura, agile e scattante, ma anche audacemente (!) intellettuale nel suo virtuosismo, è una summa delle caratteristiche del poliedrico Martin Mystère che Castelli ha delineato negli anni, dalle già citate caratteristiche "serie" a quelle più maniacali (come il collezionismo di fumetti), senza dimenticare la beffarda e signorile ironia che spesso caratterizza queste avventure speciali in cui Martin Mystère irrompe in altri universi narrativi.
Ebbene sì, i lettori fedeli lo sanno: non solo non è la prima volta, ma è quasi scontato che Martin, da quando è entrato nell'universo di Wold Newton grazie ad Affari di famiglia (Martin Mystère nn. 174-175) e a L'ombra di Fantômàs (Almanacco del Mistero 2012), scopra che gli eroi della letteratura sono realmente esistiti e incontri loro o i loro discendenti. E quindi in che modo Alfredo Castelli conferisce un quid inedito a questo albo commemotativo, in cui le passioni note dell'autore coincidono esattamente con l'argomento da celebrare? La risposta è nell'ultima vignetta, in cui si svela il volto di chi ha consegnato quel numero impossibile dell'Audace a Martin: un momento in cui anche i lettori più navigati sono colti dalla vertigine dei secoli (be', delle decadi) che li separano eppure li uniscono al padre di questa impresa che dura da ottant'anni.
Altro fattore rinomato di Martin Mystère è la propensione a rendere memorabili gli eventi grazie alla concomitanza di celebrazioni e accadimenti: nel caso in questione, Ottant'anni fa non si limita a commemorare la svolta che G.L. Bonelli diede al fumetto italiano otto decadi or sono, ma ne inaugura anche una nuova, grazie al cambio di periodicità e di formato di Martin Mystère stesso, che (grafica modernizzata e ariosa a parte) torna a essere un mensile di 96 pagine, ma lo fa in modo inatteso, senza ripetersi, e nello stesso tempo rende omaggio ai diversi modi italiani di fare fumetto e intrattenimento negli anni (non dimentichiamo che Castelli è uno dei creatori di questi modi, essendo in attività dagli anni 1970, nonchè una delle menti più vulcaniche del panorama). Come spiega l'introduzione dello stesso Castelli (nella rubrica "la macchina per leggere"), il fumetto passa da 96 a 76 pagine (e le storie potranno quindi essere serializzate, come ai vecchi tempi), per fare spazio alle rubriche mysteriose, ai fumetti comici di Zio Boris e Bonelli Kids, e soprattutto al romanzo a puntate di Carlo Andrea Cappi (Il potere del falco), strutturato in dodici racconti autonomi, collegati da un fattore comune: ognuno di essi è ambientato in un'epoca diversa, e si inizia proprio con un epilogo alle vicende di Martin Mystère n. 1, trattando del Il Falcone Maltese di Dashiel Hammet, ricostruendo i retroscena dei tre film ad esso dedicati, scomodando i Cavalieri Templari e gli Ospitalieri, sfodernda un'altra loro divinità oltre al Bafometto, aggiungendo un Uomo In Nero posseduto da un ente arcano...il tutto senza mai uscire dal bar romano dove Martin si scola un vinello per dimenticare i traumi vissuti a Luxor. Come il tema del fumetto di questo albo è l'opera di Bonelli (e infatti c'è anche un fumetto dentro il fumetto, visto che Martin Mystère legge le pagine dell'Audace con l'avventura di Martino Mistero), così il tema del rinnovo della testata è radicato nella storia delle pubblicazioni italiane e non: per quanto moderna, la grafica che accompagna il romanzo a puntate ci riporta alla collana di Urania di un tempo, per esempio, e le strisce comiche in appendice sono a loro volta un classico di un'infinità di riviste per ragazzi e lettori meno giovani che andavano per la maggiore qualche decennio fa (e abbiamo già detto chi era uno degli autori di dette riviste).
La nuova direzione della testata di Martin Mystère prevede anche un altro tipo di ritorno alle origini, questa volta nell'ambito della tanto detestata continuità (che però ha compiuto meraviglie per Incubi! e che si può tranquillamente chiamare "continuità", in italiano, perché se si usa il termine anglofono esprimiamo comunque il medesimo concetto, e in aggiunta otteniamo solo di rendere noto il nostro scarso spirito critico, in quanto ripetiamo i termini sentiti da altri, o letti sul web, senza neanche chiederci perché in una frase in italiano non vengano impiegati gli equivalenti termini italiani). Lo scopo è naturalmente quello di attirare i lettori storici fuggiaschi che si erano allontanati, delusi dalla direzione artistica degli ultimi dieci e passa anni della serie, costellata da affermazioni quali "non mi interessa niente di Atlantide e dei misteri" oppure "non mi interessa spiegare il perché delle cose" (ma se ne potevano scorgere vari allarmanti prodromi già quindici-venti anni fa).
Il problema è che detti lettori, a differenza della nuova generazione accuratamente selezionata col tipo di storie autoconclusive e riciclate senza tanto sforzo da film più o meno popolari, hanno certe esigenze e si aspettano il Martin Mystère certosino che ricostruisce tutto (anche a insaputa del personaggio) e spacca il capello in quattro per far quadrare ogni cosa: ma Castelli non ce la fa più (o non ne ha voglia, il che è lo stesso) e Recagno è stato rovinato dalla "critica" su internet (più equiparabile a una tifoseria calcistica, visti i modi e i doppi pesi), per cui la ricerca storica e la ricostruzione della continuità interna della serie, seppur sempre presenti, vengono esposte nei fumetti con un'essenzialità che le riduce ai minimi termini. Citiamo per esempio il recente Le ombre di Camelot (Speciale Martin Mystère n. 35): dietro la vicenda c'è di tutto, ma dovete arrivarci da soli, perché il fumetto non ve lo spiega. E chi si è accorto che lo Scheletro di Cristallo de Il ritorno della dea normalmente è percepito come un dio, al maschile? Eppure la spiegazione storico-religiosa c'è, ma non nel fumetto (ve la presenteremo su Get a Life!).
Lo stesso discorso vale per Ottant'anni fa: anche se un simile fumetto celebrativo difficilmente può essere considerato esemplare della nuova direzione artistica, ha già un elemento di continuità storica che viene inaspettatamente ripreso (il modello del carro armato atlantideo Voyager di Martin Mystère Gigante n. 3), con le suddette caratteristiche del "non spiegato". Succede con la presenza nello spazio adimensionale di un drone assistente (il "ragioniere") che ricorda i droni de L'eredità dei Teutoni ( Martin Mystere nn.160-161) situati in un'analoga tasca dimensionale e sempre illustrati da Filippucci. Succede col cattivo di turno, cioè Sua Eccellenza Rylech il Senza Nome, il quale dichiara di essere un tardigrado mutante (Carlo Recagno in persona ci ha confermato che non è una sua idea per citare Star Trek: Discovery), rimandando quindi potenzialmente a Korg (il mutato buono di Martin Mystère Gigante n. 3), quasi si trattasse del suo opposto incarnato, ma si comporta come il Brucaliffo di Lewis Carroll, richiamando quindi anche le insensate creature della dimensione di Ibez, vista ne La sfera di cristallo (Martin Mystere nn. 28-29-30); in seguito, Rylech valica il confine scienza/fantasia quando, esplodendo, rigurgita un immaginario fumettistico collettivo che si estende per millenni, e così facendo si accoda ai recenti Il barone di Munchausen e Le porte dell'immaginazione, dove il primo fumetto parla di una tecnologia che potrebbe aver generato i particolari talenti del tardigrado, e il secondo fumetto potrebbe aver descritto gli effetti del suo vampirismo psichico ai danni dell'umanità.
Non va neppure trascurata l'attuale tendenza degli autori a semplificare e alterare l'impalcatura esistente: nel succitato Le ombre di Camelot, i Kundingas e i Tuatha De Danaan vengono descritti come la stessa specie (una rettifica dura da accettare), e Martin si ricorda di aver visitato la tomba di re Artù (ma questo fatto era stato cancellato dalla sua memoria ne Il cavaliere verde); analogamente, nel presente Ottant'anni fa, Martin crede che l'atlantideo Adam fosse il comandante del veicolo Voyager (Adam era un superstite del disastro, tratto in salvo dal comandante del Voyager; certo, il contesto in cui Martin apprese questa vicenda gli dava poco spazio per annotare/memorizzare tutti i dettagli, ma noi sappiamo benissimo che la spiegazione extradiegetica è che gli autori storici non ce la fanno più a stare dietro ai dettagli e scelgono la scorciatoia delle rettifiche improvvisate; d'altro canto, anche gli autori giovani non sembrano generalmente impegnarsi oltre la scorsa sbrigativa a qualche storia famosa del passato).
Che speranze ha un simile approccio di trattenere il lettore storico che, tentato dalla promessa di tornare agli antichi fasti, darà una nuova possibilità alla testata? Non si otterrà invece l'effetto di allontanarlo definitivamente? Ma, lo ribadiamo, Ottant'anni fa non può essere usato per giudicare il nuovo corso, a causa della sua natura metafumettistica: potremo farci un'idea più attendibile di cosa ci attende davvero dopo aver letto Come ai vecchi tempi (Martin Mystère n. 376), fra un mese, quando Carlo Recagno metterà in scena Amaterasu (la dea?) e Susanoo (detentore di una Spada sacra molto importante), risvegliando quindi l'attenzione di Martin Mystère per il Giappone (dato che forse Sergej Orloff è prigioniero a Yonaguni).
Filippucci e l'arte di "Ottant'anni fa" |
L'operazione di rievocazione di Castelli e Filippucci per Ottant'anni fa è meticolosamente filologica, e non poteva essere diversamente, data la profonda competenza di entrambi gli autori e la cura maniacale con cui, da sempre, Castelli esplora i propri poliedrici interessi nelle pagine della testata. A certi lettori, cui è sfuggito il livello di ricostruzione dell'epoca in esame e dei suoi fumetti (ma non solo), non sono andati a genio i disegni, definiti "affrettati" o peggio. Approfittiamo di un intervento dello stesso Filippucci sulla pagina Facebook di AMys per fare chiarezza in merito, riportandolo nell'immagine qui di fianco (e cosa credete, che solo C. A. Cappi possa arricchire il suo romanzo di illustrazioni?).
Spiegato il finale di "Ottant'anni fa" |
La distruzione di Rylech causa il rilascio dell'immaginario fantastico che accumulava da millenni, e logicamente essa avviene all'epoca di V.T.7. nonostante il coinvolgimento di Martin: ma dove si riversa, tutta quella fantasia così liberata? Castelli sembra voler dire che essa è all'origine dell'età dell'oro del fumetto italiano (e non solo italiano?). Va anche notato che teoricamente l'evento avviene anche nel 2021, per cui l'immaginario rilasciato da Rylech potrebbe anche essere destinato a innescare una simile rinascita nel presente.
Per un ulteriore approfondimento, Alfredo Castelli racconta i retroscena dell'albo e C.A. Cappi parla de "Il potere del falco" sul bollettino AMys n. 58.
COS'E' SUCCESSO AI LETTORI SPECIALI?
Da molti anni, ormai, bersagliare Alfredo Castelli (e Carlo Recagno) per partito preso va di moda in rete, specialmente da parte di presunti esperti che si sono autoconferiti la licenza di stroncare con la massima violenza verbale ogni loro opera. Si tratta degli stessi "esperti" che, quando invece leggono
critiche oggettive al loro autore preferito (per esempio, il fatto che le sue storie siano palesemente copiate da film e telefilm), si indignano e scatenano campagne di protesta perchè sarebbe stato oltraggiato il nome del loro
idolo, in quanto sottolineare che le sue opere usano la stessa trama di film e telefilm è offensivo. Ma a queste groupies apertamente faziose siamo abituati, tanto che ormai è possibile predire le loro stroncature (basta prendere l'intervento precedente e sostituire il titolo dell'albo). Quello che invece non si riesce a comprendere è l'astio cieco e rancorso dei lettori di Martin Mystère, specialmente di quelli che si dichiarano seguaci della prima ora e che quindi, per definizione, dovrebbero conoscere e comprendere l'ecletticità di Alfredo Castelli, e di conseguenza della testata, molto meglio dei presunti esperti, e sicuramente con maggiore onestà. Invece accade il contrario: i seguaci della prima ora sembrano totalmente dimentichi delle numerose escursioni metanarrative della serie, degli incontri letterari impossibili (La sfera di cristallo), dello sconfinamento fantastico/orrorifico (Il libro degli Arcani, Necronomicon!), dei sogni mai accaduti (Ritorno a Lilliput, I guerrieri venuti dal nulla), e di fronte di un chiarissimo e annunciatissimo albo commemorativo come Ottant'anni fa si gettano in ferocissime critiche sulla mancanza di approfondimenti di continuità, sulla "bruttura" della soluzione sopra le righe (che per di più non hanno capito, ma solo in tre hanno avuto l'onestà intellettuale di ammetterlo e di rivedere la propria opinione), sul fatto che loro avrebbero scritto una storia coi nazisti che spiegava meglio le origini del carro armato eccetera eccetera (e non si accorgono che ciò avrebbe comportato la completa rimozione dell'elemento celebrativo, nonchè di quello filologico di ricostruzione del fumetto Audace d'epoca, vanificando lo scopo di questo albo, unico in tutta la produzione Bonelli ad aver avuto l'incarico di salutare l'anniversario in modo così diretto). E, a fronte del'astio riversato nelle loro parole per questa occasione mancata, è impossibile non chiedersi dove fossero questi lettori così puri e oltranzisti, così letterali e monomaniacali nella loro visione di un modo di fare univoco di Martin Mystère, quando ben più di dieci anni fa nella serie prese il sopravvento la già citata linea editoriale del "fregarsene di Atlantide e Mu, fregarsene della continuità, non citare mai le storie vecchie se non in modo superficiale e arbitrario, accantonare gli approfondimenti storici che rendono la serie unica nel panorama mondiale e denigrarli con l'umiliante etichetta di 'spiegoni', infarcire la serie di plagi di film e telefilm, andare avanti a suon di colpi di scena da dimenticare subito dopo come nelle serie televisive statunitensi": com'è possibile che il loro sdegno emerga solo adesso, e ciosì completamente fuori luogo? Non avevano dure parole di sprezzo per ciò che fu scientemente operato ben dieci anni fa e che si ripetèper anni? Che hanno fatto in tutto questo tempo? Solo adesso, fuori tempo massimo, e contro un albo di natura palesemente atipica, devono levare la loro voce di protesta? Che ne è stato dell'apertura mentale e del "pensiero laterale" che hanno sempre ispirato Martin Mystère, e che di conseguenza dovrebbero essere non una seconda ma una prima natura di lettori così fedeli? Per una volta che Alfredo Castelli torna a scrivere da solo (senza l'apporto di imbarazzanti scrittori capaci solo di discettare per pagine e pagine sulle pubblicità delle merendine), l'unica accoglienza che i suoi lettori più fedeli sanno offrirgli è quella della completa incapacità di comprendere il suo lavoro?
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