Martin Mystère: L'enigma del satellite
Storia: Carlo Recagno
Disegni: Alfredo Orlandi
Colori: Daniele Rudoni, Elisa Sguanci
LA MACCHINA PER SMACCHINARE
Anche Martin Mystère, personaggio che comunque già vanta un'invidiabile carriera editoriale con pubblicazioni in diversi formati speciali, si immette nella scia delle moderne produzioni Bonelli da libreria, e quindi relativamente di lusso, mirate a un pubblico di collezionisti, decisamente più ristretto di quello che si rivolge alle edicole, ma probabilmente abbastanza facoltoso da compensare il calo numerico di copie vendute. L'edizione con copertina rigida e carta patinata, pur non offrendo alcun valore aggiunto alla storia e quindi alla lettura, funge inoltre da richiamo per una potenziale fetta di pubblico che dà importanza a questi aspetti superficiali e mondani, pur seguendo una serie e un personaggio che invece da sempre puntano sui contenuti e sulla riflessione critica (probabilmente Martin Mystère allude a questa dicotomia, affermando di essere radical e chic in momenti diversi?).
Ma questa recensione, non legittima in quanto giunge dopo l'annuncio di chiusura della sezione recensioni di questo blog, non intende occuparsi né delle politiche editoriali che Bonelli Editore deve attuare per adattarsi e sopravvivere, né della deriva demografica del pubblico di Martin Mystère, sempre più distante dal personaggio e dal suo autore (tanto da non sapere che la carriera di Alfredo Castelli include la creazione e direzione di riviste dove coesistevano diversi medium narrativi, oppure che il Martin Mystère storico affonda le sue radici nella lettura popolare d'appendice a puntate).
L'argomento che ci interessa è invece il ritorno del fumetto classico di Martin Mystère, nelle tematiche e nell'approccio, anche se si tratta di un ritorno temporaneo, semplificato e smorzato, oltre che piegato alle esigenze promozionali di una storia scritta pensando ai potenziali lettori occasionali da libreria, che non conoscono il personaggio e a cui vanno spiegate le sue caratteristiche fondamentali (tra cui non rientra la moglie Diana Lombard, si direbbe). Vale la pena di sottolineare che, grottescamente, tale ritorno avviene non dove ce ne sarebbe bisogno, e cioè sulla serie regolare, ma su un volume di lusso fuori serie.
Tale volume nasce da una nuova collaborazione tra Bonelli Editore e l'Agenzia Spaziale Italiana; dopo gli eventi incentrati sul futuristico Nathan Never, il compito di illustrare gli ultimi traguardi tecnologici dell'Italia nello spazio tocca al contemporaneo Martin Mystère, la cui serie ha fatto dell'erudizione e della divulgazione una propria bandiera. Il personaggio dovrebbe essere quindi perfettamente a suo agio, nel raccontare le meraviglie avveniristiche dei satelliti Cosmo-Skymed e del loro impiego in ambito archeologico: invece, Martin delega l'esposizione a una comprimaria creata per l'occasione, e tale esposizione risulta corretta ma abbastanza noiosetta, nella sua accuratezza puntigliosa da comunicato dell'ufficio stampa ASI. Non che l'autore non ci metta impegno nell'illustrarci con chiarezza il funzionamento dell'osservazione e analisi della superficie terrestre tramite i satelliti, ma il lettore capisce in fretta che si tratta solo di un compito da evadere il più rapidamente possibile, per poi passare al tema che davvero interessa allo sceneggiatore Carlo Recagno.
Per quanto funzionale alla trama, visto che innesca la vicenda e contribuisce alla risoluzione, l'osservazione satellitare finisce, infatti, per lasciarci un po' delusi: dovendo essere descritta in termini rigorosamente realistici, senza inventarsi funzionalità che non esistono (almeno per ora), finisce per non farsi sentire come dovrebbe a livello grafico; sì, è vero che vediamo più volte il satellite e la descrizione schematica del suo funzionamento, ma (inevitabilmente?) non c'è mai una sola occasione in cui ci sia dato di vedere le immagini elaborate dai computer in base alle osservazioni del satellite; dobbiamo, ogni volta, accontentarci di panoramiche della brutta sala informatica del Centro di Matera e della spiegazione data dal tecnico di turno. Probabilmente per lo stesso motivo, mancano inoltre il senso di meraviglia, curiosità e divertimento con cui Alfredo Castelli era solito presentare le innovazioni tecnologiche nella serie (basti pensare a I misteri di Londra, MM 85-86).
Metabolizzato quindi il satellite come una scusa narrativa, il lettore passa all'altro versante narrativo, e cioè il viaggio con esplorazione di sito archeologico dove Martin Mystère sfoggia una cultura storico-letteraria esposta in modo ben più stimolante, mentre il mistero si addensa intorno a lui, e figure arcane e mitiche emergono dalle nebbie del tempo, per rivelargli una verità storica dimenticata, relativa a un famosissom oggetto mistico e leggendario, e interagire con le sue fondamentali caratteristiche (non solo di caratterizzazione del personaggio, ma anche di peculiari attributi esterni che lo rendono unico). A causa del ridotto numero di pagine della storia, la narrazione giunge con l'acceleratore a un doppio apice risolutivo, che svela non solo il mistero, ma risolve anche il dramma personale e umano dei personaggi coinvolti, dando una appagante sensazione di chiusura del cerchio per quel che riguarda la storia in esame, e di ampliamento della visione narrativa generale della serie per quanto riguarda invece l'argomento mysteriano affrontato.
La storia è illustrata da Orlandi, i cui disegni sono immutabili dagli
anni 1990, e di cui non possiamo che ripetere le
solite cose: il mondo contemporaneo gli è congeniale, quello
passato un po' meno, per un lavoro comunque dignitoso. La colorazione è
competente e di grande supporto nel valorizzare la spoglia staticità
ripetitiva dei disegni.
LA MACCHINA PER APPROFONDIRE
Questa vicenda segna il ritorno di un filone tra i più affascinanti e vasti della saga mysteriana, pesantemente trascurato da anni nella serie regolare, e per di più vittima anche di un paio di tentativi apocrifi di ammazzarlo o di ridurlo tramite rettifica a una interpretazione superficiale e tecnomodernista. Si tratta del filone della materia arturiana, e quindi del Graal, innestato nel più ampio quadro dei doni degli dei spaziali chiamati inizialmente Tuatha De Danaan (con grafia variabile).
Dandoci l'impressione di aver tenuto in serbo questa particolare trama per anni (decenni?), Carlo Recagno esplora e amplia la tematica avendo l'accortezza di non banalizzarla o spiegarla a tutti i costi; ecco quindi che il termine "Esagono" non viene mai utilizzato ("aveva un'altra forma", ci dice l'evanescente custode onirica Kundry) e che la natura di questi Doni resta sfuggente (per alcuni sono macchine, per altri sono esseri viventi; di certo sanno sognare, e i loro sogni prendono vita quasi autonoma), garantendo così la preservazione di quell'aura di mistero e inconoscibilità di cui Alfredo Castelli aveva saputo ammantare le fondamenta del cosmo mysteriano, ricordandoci che l'uomo può solo comprendere parzialmente la grandiosità dell'universo di cui è parte (come d'altra parte ci insegna la storia della scienza stessa, le cui teorie devono costantemente essere rivedute, ridiscusse, verificate, approfondite, ampliate, man mano che nuove evidenze vengono raccolte).
Mentre costruisce e ci fa riscoprire questa atmosfera arcana e immensa, Carlo Recagno produce anche indizi di nuovi elementi atti a svelare inediti dettagli della vasta e ignota storia mysteriana degli Esagoni. Ecco quindi che l'autocoscienza di questi oggetti-entità viene messa in discussione, quando Kundry, "figlia" del Graal arturiano giunto da Sarraz, descrive il Graal come un oggetto unico sin dal suo arrivo sulla Terra; Martin Mystère sa che quest'ultimo fu invece diviso in sette parti, e quindi noi dobbiamo chiederci se l'Esagono sappia di questa divisione, oppure se consideri se stesso comunque un oggetto unico, anche se fisicamente diviso. Ecco, inoltre, la descrizione di un processo inedito, e cioè la genesi di un nuovo Esagono a partire da un "seme" creato da uno di essi, cosa che ci spingere a chiederci come le analoghe Sette Spade furono generate in epoca atlantidea (e da chi); Recagno vuole forse dirci che fu così che accadde? Ed ecco, infine, la capacità di sognare degli Esagoni, che rimanda non solo al potere dell'Esagono-Anello, ma anche all'unificazione degli alieni Tuatha De Danaan con gli alieni Kundingas, che sono gli araldi del Tempo Del Sogno della mitologia australiana mysteriana.
A questi mysteri se ne aggiunge un altro: l'arma muviana di Martin, il Murchadna, si dimostra ancora una volta capace di atti sorprendenti, spropositatamente potenti rispetto a quella che, in definitiva, dovrebbe essere "solo" un'arma in dotazione agli antichi soldati di Mu; è sempre più chiaro che la lunga permanenza in Agarthi, nelle mani di Kut Humi, custode dell'Akaschi e quindi della conoscenza raccolta dagli Esagoni, ha cambiato profondamente questo specifico Murchadna, fornendogli una connessione impensabile con i Doni dei Tuatha De Danaan.
Queste rivelazioni, fondamentali per il lettore mysteriano storico, occupano un numero limitato di pagine, e scaturiscono da un altro argomento della materia arturiana primordiale che in Martin Mystère non era mai stato affrontato, ma che i lettori di Jean Markale conoscono bene, e cioè l'evoluzione narrativa del Graal, che divenne "calice" solo dopo essere stato il calderone o il catino ripieno di sangue delle leggende celtice, nel quale galleggiava una testa mozzata (nel nostro caso, Recagno riprende la leggenda celtica di Bran Bendigeidfrân, "il corvo benedetto"). In questo argomento si innestano le peripezie di Parsifal e del figlio Lohengrin, ampliando ulteriormente un filone che latitava dai tempi de Le ombre di Camelot (Martin Mystère Speciale n. 35), altra vicenda che curiosamente (e casualmente?) inserisce incongrue donne negre nell'impianto narrativo delle leggende celtiche o affini. Non può mancare il personaggio cruciale di Morgana, che qui compare senza nome e senza dialoghi, in una sola vignetta, mentre usa i suoi poteri per neutralizzare i poteri del Graal-Bran. (Altrettanto silenzioso, nel presente, è un canuto ispettore Bloch di Dylan Dog, che fa una comparsata mentre supervisiona l'arresto di alcuni ladri.)
Nella storia si fanno sentire anche sequenze più rassicuranti per i lettori meno esigenti, come l'inutile schermaglia tra Martin Mystère, Java e alcuni saccheggiatori di siti archeologici (il cui unico scopo è spiegare ai nuovi lettori che Martin è un uomo d'azione e che possiede un'avveniristica ed enigmatica arma dai poteri mysteriosi), oppure le citazioni alla serie televisiva di Doctor Who (che per una volta hanno senso, vista l'ambientazione inglese della vicenda).
Per finire, non è la prima volta che Recagno si impegna per inserire un tocco di umanità e vita privata per i personaggi storici (o letterari) dei flashback della saga, ma questa volta vi introduce anche un dettaglio autobiografico personale molto esplicito, che ci fa ripensare al vero significato implicito di certi dialoghi comparsi nelle sue opere degli ultimi anni.
Non possiamo evitare, immancabilmente, di sottolineare come il nostro fumetto Get a Life!
abbia ancora una volta anticipato di anni le rivelazioni della serie ufficiale.
Gli Esagoni, intesi come esseri viventi e senzienti, capaci di usare il Sogno,
compaiono già in Come prisma, più di Prisma. La capacità degli Esagoni di riprodursi o sdoppiarsi risale invece a Un Martin per tutte le stagioni.
LA MACCHINA PER CONCLUDERE
Andando oltre i tecnicismi per specialisti, cosa ci lascia la lettura di questo albo? Ci lascia un senso di nostalgia per un modo di fare fumetto mysteriano ormai perduto e per un potenziale narrativo che non si realizzerà mai pienamente, specialmente adesso che il personaggio di Martin Mystère è diventato un ologramma di se stesso, e ha subìto una strampalata rettifica temporale che ha post-datato la sua nascita e la sua giovinezza, negando quindi tutte le esperienze storiche che lo hanno definito come persona.
Per dirla con Morando Morandini, nel leggere questa storia si ha la sensazione assai triste di assistere a "la dialettica tra mito epico e la sua fine dolente", di porgere un ultimo saluto a un mondo che viene soppiantato da una modernità dozzinale e superficiale, nell'indifferenza di un pubblico che si fa andar bene tutto il peggio più facilone e respinge l'approccio filologico e complesso, dopo aver ignorato (o peggio, disprezzato) per anni tutte le perle della produzione mysteriana.
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