Martin Mystère n. 383 (mensile)
"Ritorno a Slumberland"
Pubblicato nel gennaio 2022 da Sergio Bonelli Editore
Il filone dell'indagine tutta azione, con poche concessioni alle digressioni dotte, è presente nell'universo di Martin Mystère sin dai primordi, cioè da quando si prevedeva ancora di produrre un fumetto mensile da sessantaquattro pagine: basta ritornare a Il delitto di Martin Mystère per un riscontro. Con Fantasmi a Manhattan, questo filone si espanse, acquisendo una dimensione che potremmo definire metro-tecnologica, nel senso che si iniziava a esplorare l'impatto di nascenti tecnologie (opportunamente estremizzate) sulla società moderna, in un contesto abitualmente cittadino. Inizialmente esclusivo di Alfredo Castelli, questo filone ispirò poi storie di altri autori, come Contatto mentale, Schermo diabolico e Incroci mortali di Claudio Chiaverotti, e nei decenni, lo stesso Alfredo Castelli è tornato più volte a questo genere, per esempio con La sindrome di Matusalemme.
Con Ritorno a Slumberland, si insegue il suddetto filone, ma non solo. Adesso le pagine sono ottanta e la storia è in due puntate (convenientemente, come se fosse un avanzo della gestione bimestrale, anche se ci è stato detto di no, e anche se a giudicare dalla quantità di scene riempitive d'azione e dall'esilità della trama, lo sembra davvero), ma l'effetto è quello di un ritorno alle origini delle rapide avventure da 64 pagine, sebbene non si capisca quanto questo aspetto sia voluto. Tra le pirotecniche e fantasiose scene d'azione, trova spazio (tramite flashback) un'indagine con un Martin Mystère tornato a sua volta alle origini, e cioè con logorrea quasi nulla e dialoghi assai essenziali e deleteriamente chirurgici, tutti mirati al solo sviluppo della trama. Anche qui, non è facile capire se sia una scelta filologica, o solo un'esigenza di velocizzare la lettura.
Abbondano gli agganci alla mytologia della serie, ma, curiosamente, suonano stonati: è vero che si riprendono gli argomenti de La sindrome di Matusalemme, è vero che vengono citati Rama Rundjee (il Docteur Mystère) e Cigale (il vero antenato biologico di Martin) e la Città delle Ombre Diafane e il mistero in corso di Sergej Orloff (se volete sapere perchè Martin è così convinto che Orloff sia morto, leggete la recensione di Martin Mystère n. 376), ma questa erudita serie di connessioni ha l'effetto di dare maggior risalto a una mancanza già di per sè assai vistosa. In una storia che parla della mercificazione della comunicazione con i propri cari defunti, infatti, sembra impensabile che Martin Mystère non sollevi la questione dell'Aldilà oltre l'Orizzonte degli eventi de La vita segreta di Diana Lombard e di Mister Jinx ritorna!, soprattutto dato che non solo Martin ebbe contatti con le "anime" degli estinti, ma addirittura visitò quel luogo e vi incontrò la propria madre (ma forse l'omissione è dovuta al fatto che Martin ha dimenticato tutto anche questa volta?).
Parlando invece della continuità col mondo moderno, con cui la finzione di Martin Mystère si impegna a combaciare, il breve scontro digitale tra Martin Mystère e i suoi critici, tra cui l'educata medium, viene usato per contrapporre lo scetticismo di Mystère al complottismo esasperato dei frequentatori di internet, col solito risultato di demonizzare un mezzo, invece che puntare il dito contro gli interessi economici di chi ha voluto a tutti i costi dare accesso a internet anche ai più infimi esempi di ignoranza: se a una prima lettura la trovata sembra simpatica, un'analisi un po' più accorta fa purtroppo emergere un cortocircuito logico. Infatti, ci si chiede: ma lo "scetticone" Mystère non è forse lo stesso che veicola le teorie sulle civiltà antidiluviane, di cui gli Uomini In Nero nascondono con ferocia le tracce? Lo scetticone Mystère non è lo stesso che incontra visitatori extraterrestri ogni tre per due, e spiega ormai tutto a priori con vaghi riferimenti ad Atlantide, agli alieni, ai demoni? Perchè nessuno se ne ricorda? E cosa lo differenzia da quegli invasati che lo attaccano tramite internet? Oh, certo, il fatto che lui ha le prove delle sue esperienze (ma le tiene nascoste), e che nonostante ciò, non è uno che "crede a tutto": ma chi ci dice che quei tizi di internet non abbiano a loro volta vissuto esperienze analoghe, e che anche loro non credano a tutto, ma lo contestino in questo specifico ambito a causa di ciò che loro stessi esperito? Per un mysteriano abituato a riflettere a fondo su ogni dettaglio, sarebbe stato preferibile non leggere questa scena, o magari vederla trattata in modo meno superficiale (sacrificando un po' delle inutili pagine riempitive di azione e inseguimenti), soprattutto perchè, nel caso in questione, Martin sa che è possibile comunicare con i defunti, sa dove si trovano le loro anime, e lui stesso ha vissuto l'esperienza più volte. La sua posizione totalmente scettica diventa quindi quanto meno discutibile, e difficile da spiegare: è una menzogna spudorata da parte di un ipocrita opportunista e oscurantista, simile a un Uomo In Nero? E' forse un altro sintomo di rimbambimento?
Se è quindi un sollievo che la
sceneggiatura sia dignitosamente sviluppata e articolata, almeno in termini di
sviluppo del soggetto e dei dialoghi (sebbene ci sia pochissimo di
mysteriano), purtroppo questa nota positiva, di questi tempi assai rara, è compromessa della scarsa
originalità del soggetto. Non si tratta di orginalità in termini generale naturalmente, ma ristretta al contesto della saga
mysteriana, che, come osservato, ha già fatto ripetutamente i conti con
l'idea di fondo della faccenda.
Gli sviluppi della storia sono abbastanza prevedibili, almeno per ora (alzi la mano chi credeva che i "fantasmi" fossero davvero quelli dei cari estinti), ma resta la curiosità di sapere che specie di creature siano quelle che si annidano in Slumberland, quale sia l'esatta natura della partecipazione del Mondo del Sogno a questo inganno, chi sia la mente che lo ha ordito e come faccia a "sentire" tutto ciò che dicono i personaggi (ma non a vedere cosa fanno, apparentemente), visto che la telepatia sembra essere stata esclusa e lo stesso vale per l'onniscienza dei defunti: al netto dell'ulteriore sequenza di azione sfrenata a cui parteciperà l'ottuagenario Martin insieme al misterioso Firthmore, e alla porzione di flashback che giustificherà il coinvolgimento di costui, il lettore si augura di andare incontro a sorprese fanta-tecnologiche nella seconda parte. Sarà davvero così, o il nostro approccio possibilista sarà annientato dall'avverarsi dei sospetti di inconsistenza della trama e di artificiosità gratuita dei riferimenti mysteriani? (Purtroppo, chi ha letto Martin Mystère n. 384 sa che la seconda ipotesi è quella corretta).
Il comparto artistico è purtroppo una sofferenza atroce, con una grafica legnosa e incostante, fisionomie improbabili, straniante costruzione digitale di vignette afflitte da sfondi che si ripetono in serie nella stessa immagine, alberi compresi, e dalla goffaggine delle inquadrature e delle pose di un videogioco di venti anni fa, in un opprimente formato digitale che spersonalizza totalmente la narrazione, togliendo ogni piacere visivo alla lettura. Ci erano sembrati agghiaccianti i "lineamenti miniaturizzati" sulle teste enormi di Martin Mystère n. 376, ma dobbiamo ora prendere atto che era possibile fare di peggio. Nota di imbarazzo per la raffigurazione di Diana, che in certi momenti sembra (non) abbigliata con i residui di un catalogo di biancheria intima, per di più in contesti del tutto incoerenti (come la camera d'ospedale).
Martin Mystère n. 383 (mensile)
Ancora una volta tematicamente affine alla storia principale, anche il romanzo serializzato Il potere del falco ci offre una sequenza newyorkese, ambientata però nel 2006 (questa datazione, comunque, viene rivelata solo nella parte 10). L'affinità è però solo apparente: se da un lato c'è un'azione riempitiva, fine a se stessa e spesso sconfinante nel ridicolo involontario, da quest'altro lato c'è invece l'arguta e plausibile narrazione di un dettagliato furto (senza) scasso, condita dalle sorprese di un intrigo degno di questo nome. La lunga sequenza mette in scena molti dei personaggi principali, dando spessore a un intreccio già corposo, e qualche nodo finalmente giunge al pettine, producendo un colpo di scena e uno sviluppo apparentemente inattesi ma che si riagganciano al mistero che aleggiava sin dalla prima parte della serie, appagandoci finalmente chi sta usando la statuetta di Anubi per frugare nei ricordi delle persone che ebbero a che fare con Martin Mystère e le Statuette.
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