copertina di Martin Mystère n. 377 |
Martin Mystère n. 377 (mensile)
"Il vampiro di Vienna"
Pubblicato nel luglio 2021 da Sergio Bonelli Editore
Pubblicato nell'agosto 2021 da Sergio Bonelli Editore
Scrittore, sceneggiatore (anche per Dylan Dog e Nathan Never) e storico del fumetto, Davide Barzi arriva anche su Martin Mystère, con una vicenda dalla natura ibrida che in rete ha ricevuto una preponderanza di commenti negativi o indifferenza.
Seguendo le indicazioni del "ritorno alle origini" date dalla redazione, Barzi riesuma un elemento delle storie più classiche della serie, e cioè il defunto vampiro Hermann Strauss di Un vampiro a New York (Martin Mystere nn. 13-14), avendo l'accortezza di lasciarlo morto e di attenersi alle regole scientifiche con cui Alfredo Castelli aveva razionalizzato il vampiro nell'universo mysteriano, escludendone gli elementi soprannaturali. Nella prima parte della storia, quindi, Strauss rientra in scena tramite flashback, preceduti da indizi che permettono facilmente ai lettori storici di coglierne immediatamente l'identità, e la sua vicenda si arricchisce di nuovi dettagli piuttosto logici e anche ben trovati (nella sua carriera di scrittore, Strauss è stato anche librettista e sceneggiatore cinematografico, nonchè letterale artefice della cinematografia vampiresca europea e hollywoodiana). A questa componente storico-cinefila si aggiunge il mistero del film perduto Il fantasma del castello (London After Midnight, 1927), che coinvolge Martin Mystère in un'indagine insolita e piuttosto intrigante, collocata com'è in un mondo abbastanza moderno, ma nello stesso tempo per niente estraneo al meta-universo del detective dell'impossibile.
Barzi ambienta la vicenda a Los Angeles, sfruttando anche il luogo dove andò bruciata l'ultima copia del film perduto, e coinvolge appunto il moderno mondo degli appassionati, con abbondanza di nerd e convention, elementi estremamente tipici delle grandi città californiane (ma non solo: infatti Scream Jean esiste ed è italiana) e indissolubilmente legati alle tecnologie moderne, qui presenti in modo pervasivo. Inevitabilmente, una certa fetta della narrazione prende quindi una piega "sopra le righe", piuttosto buffonesca e solare, quando non apertamente beffarda, e i pittoreschi personaggi di contorno rifiutano allegramente i loro stereotipi (il più ovvio è il capitano di polizia Choi, che non manifesta mai la minima ostilità verso Martin, accetta di armare i suoi uomini con surreali armi vampiricide e finisce per insabbiare l'intera vicenda). Martin e Java si adeguano alla situazione carnascialesca, sfoggiando un comportamento brillante e scanzonato che fa pensare più agli Speciali che alla serie regolare, e Java si esibisce in un'acrobazia quasi senza precedenti, giusto per dimostrare di essere entrato nello spirito caciarone della vicenda (quando si arrampica sulla parete per raggiungere il primo piano e togliere il telefono dalle mani dell'insopportabile organizzatore della convention). Il culmine giunge con l'idea sguaiata (ma innegabilmente logica) di utilizzare tisane al frassino e fucili a spruzzo per combattere scientificamente questi vampiri razionalizzati, trasformando la pettoruta esperta di documenti in una versione femminile di Rambo. Barzi sembra quindi essersi rifatto a telefilm statunitensi come Supernatural (dove gli spaventosi Leviatani sono vulnerabili al borato di sodio, cioè un detergente per pavimenti) nel non volersi prendere sul serio (vale la pena di ricordare come le trasferte losangeline di Supernatural siano state caratterizzate da un analogo tono beffardo, in sintonia con la levità californiana).
copertina di Martin Mystère n. 378 |
Il comportamento della comunità di vampiri, stigmatizzato da certi lettori per la sua mancanza di logica, sembra scritto volutamente così. Infatti lo sceneggiatore, che a giudicare dal citazionismo e dai rimandi di ogni genere dell'albo ha una certa competenza della narrativa vampiresca, sembra voler riprendere quella componente letteraria popolare che è una costante di Martin Mystère, e si impegna quindi per ricalcare lo stile del feuilleton dell'orrore in cui i vampiri impazzano da sempre (basti pensare all'interminabile Varney The Vampire). E quindi, per questa peculiare comunità non-Amish di succhiasangue, afflitta da un contraddittorio dominatore che non sa bene ciò che vuole, Barzi produce una sottotrama in stile "polpettone": convulsa e macchinosa, con ripetuti colpi di scena, situazioni esagerate, crisi melodrammatiche che portano a un nulla di fatto, personaggi volubili che cambiano idea o fazione, passioni torbide che sopraffanno la razionalità e portano ad azioni folli, segreti amorosi inconfessabili che vengono spiattellati nei momenti cruciali (a spese dell'azione), svolte inattese e anticlimatiche, conflitti con una tipologia di forze dell'ordine adeguatamente adattatasi alla minaccia, azioni teatrali e grottesche: letteralmente l'armamentario che ha fatto la fortuna della narrativa d'appendice ottocentesca.
Proprio come nei romanzi d'appendice fluviali, il fumetto si dimentica le cose: del malvagio Colonnello viene inizialmente fornito un retroterra storico che lui stesso cerca di nascondere, ma l'argomento viene poi abbandonato; Diana Lombard, che mai entra in scena, viene però nominata lasciando intendere che le sia accaduto qualcosa, e la copertina del n. 378 si spinge addirittura a mostrarla in pericolo, nelle mani del suddetto Colonnello. Si tratta di correzioni di rotta avvenute quando era troppo tardi per sistemare il n. 377 (che fra l'altro si conclude annunciando il titolo Dopo mezzanotte per l'albo successivo, sebbene l'anteprima mostri una copertina intitolata Gli Uomini In Rosso)?
Analoga trascuratezza è presente nella rubrica Fantasmagoria del n. 378, dove ancora una volta un paragrafo è stato in parte tagliato e involontariamente fuso col paragrafo successivo, privandolo di senso.
Da segnalare le usurate apparizioni dei personaggi del dipinto American Gothic di Grant Wood, una delle opere d'artre più stracitate del mondo, e quella dell'Uomo dei Fumetti (Comic Book Guy) di The Simpsons nel ruolo di scorbutico epositore bostoniano della convention.
L'arte di Walter Venturi, abbastanza precisa e pulita nelle matite, ma a volte un po' incerta nelle chine affrettate (ben diverso è il livello di cura che ha dedicato a Il grande Belzoni sulla collana Le Storie), si impegna come può nelle ambientazioni, nelle minutiae collezionistiche e nella ridda di personaggi da mettere in scena (comprese le folle di spettatori della convention con il loro abbigliamento a tema), e raccoglie dignitosamente la sfida di conciliare i due volti della sceneggiatura, che contrappone (come già detto) la svagata solarità godereccia della costa Ovest statunitense alla cupezza notturna e macabra della comunità di vampiri (ulteriormente sottolineata dalla fusione con i morigerati Amish).
Se questa storia fosse stata presentata come uno Speciale annuale, avrebbe forse riscosso più successo, proprio per via del suo tono leggero e divertito. Invece, suddivisa in due puntate nella nuova serie mensile, ha finito per attirarsi le ire del chiassoso segmento di mysteriani che sono tornati all'ovile solo perché attratti dalla promessa del ritorno alle origini. E' stato un grosso errore, da parte della redazione, non capire che questo tipo di pubblico non si accontenta di riferimenti agli albi storici, ma esige anche un trattamento rigoroso, in cui sia compreso il senso di grandiosa scoperta della storia segreta del mondo che a quell'epoca era una cifra fondamentale di Martin Mystère, corredato di una coerenza che in realtà forse non è mai stata così ferrea come dicono i loro ricordi, ma che tuttavia è il loro desiderio più forte (e ingannevolmente, forse, è stato fatto loro credere che sarà realizzato).
Recensione del romanzo serializzato in appendice a questi due albi: Il potere del Falco (3) & (4).
Grande recensione!
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