A cura del presente blogger
Martin Mystère, il celebre conduttore televisivo, si trova a Prato, ospite della kermesse Dal populismo al Pop Ulivo organizzata da Walter Veltroni. Lo abbiamo incontrato in una afosa mattina di fine inverno e, di palo in frasca, ne è venuta fuori una intervista sincera, franca, vera, ma anche un po' jolanda.
Intervistatore: Buongiorno. È strano vederla ad una rassegna così apertamente politicizzata.
Mystère: Buongiorno a tutti. Sono rassegnato: ogni volta mi dite la stessa cosa. L'essere apartitico non equivale ad essere apolitico. Al massimo ad essere apollo, visto che ogni volta credo a questa agente. In effetti sono molto bello, quasi come...vediamo, chi è rimasto? Tom Hanks? È brutto, ma fascinoso, può andare.
I.: Non ho capito bene. Come ha conosciuto Veltroni?
M.: È stato durante la campagna democratica per le presidenziali del 2008. Ricorda? Sì che possiamo. Lui però non poteva, accedere dico, e allora l'ho introdotto di nascosto. Aveva una macchina fotografica.
I.: Cosa intendeva fare?
M.: Pescare? Che razza di domanda. Negli anni successivi l'ho incontrato più volte. Durante la famosa cena del 2016 ho conosciuto anche Renzie.
I.: Senza la 'e' finale.
M.: Ah sì? Deve dirlo ai giornalisti americani, allora. Ebbene, dagli e dagli siamo rimasti tutti in contatto, essendo tutti democratici, e così, ogni tanto, vengo qui a trovarli. Una vacanzetta fa sempre piacere.
I.: Renzi non è qui presente.
M.: È il passato. Dobbiamo guardare avanti.
I.: Perché?
M.: Sennò sbattiamo.
I.: Su cosa?
M.: Non so. In Italia parlate così, mi stavo adeguando.
I.: Teme il populismo?
M.: Io? Mah. Questi vogliono fare il Pop Ulivo, faccia Lei... io facevo controcultura, un tempo, non posso certo sputare nel piatto in cui ho mangiato per anni. Più che il populismo in sé, temo qualcos'altro.
I.: Il fascismo?
M.: Non estremizziamo subito. No...
I.: Il razzismo?
M.: Sì, quello lo depreco, certo. Stavo facendo un altro discorso...
I.: Le bufale?
M.: Mmmah non proprio le bufale... sì, ci sono anche quelle, per carità. Ne abbiamo già parlato due anni fa, no?
I.: Complimenti per la memoria.
M.: Grazie. Una volta sono stato in Sardegna.
I.: Pure io.
M.: Bella, eh? Ho ammirato molto i Giganti di Mont'e Prama. La loro storia è molto curiosa. Pare che fino al 2012 non esistessero, poi tutto ad un tratto...PUFF!... sono ovunque, amati e riveriti.
I.: Come in quella sua avventura con gli Yahi. Alla fine scopriva che erano un'arma di distrazione di massa atlantidea.
M.: Complimenti per la memoria. Una volta sono stato a Otranto.
I.: Non mi ha ancora detto cosa teme del populismo.
M.: E chi se lo ricorda. Forse la reazione avversa uguale e contraria.
I.: Invece Pop Ulivo...
M.: È un dibattito organizzato da persone competenti. Ci vuole competenza anche nell'organizzazione di dibattiti. Volevo dire: anche nel populismo.
I.: Non ha partecipato alla Festa della Famiglia.
M.: I famigli erano i leccapiedi adottati dal feudatario, o, secondo altre tradizioni, gli schiavi puri e semplici. O, ancora, i demoni. Rospi e cornacchie. Oggi queste tradizioni sono confluite in un ibrido sociologicamente rilevante. Comunque, no: nessuno degli invitati ha detto una sola parola sugli uomini di neanderthal. Come sa, nella mia famiglia ce n'è uno. Anche lui ha dei diritti (beh, fino a un certo punto; deve pure contribuire).
I.: E negli USA?
M.: Tutto bene, grazie.
I.: Mi chiedevo se nel Suo Paese si fosse schierato apertamente.
M.: Assolutamente no. Sono un personaggio pubblico, lì. Sono amico dell'ex presidente, di quello attuale e di alcuni attori, ma la cosa rimane in un ambito personale. Se devo schierarmi, vengo qui, dove la mia fama è di molto ridotta.
Martin Mystère e Donald Trump salvano il mondo |
I.: Credevo che gli italiani La amassero.
M.: Ha visto le vendite della mia serie a fumetti? Toninelli ha pubblicato i dati (e poi dicono che è un pessimo ministro). Sa che rischia di chiudere ogni due mesi (la serie a fumetti, ma anche Toninelli)? Naturalmente i siti che ne parlano vengono quotidianamente screditati agli occhi dell'opinione pubblica, la quale, peraltro, è impegnata a guardare il cellulare.
I.: Le solite polemiche all'italiana. Altre armi di distrazione di massa.
M.: Sì, beh, questo è ovvio. Ma è pur vero che gli italiani sono quelli che credono che i buchi neri si espandano come dei 'blob' e nascondano dimensioni parallele identiche alla nostra eccetto che per un particolare; o che si possa sintetizzare dell'oro puro tramite l'energia atomica. Ma non credono che Re Mida abbia avuto per le mani uno dei sette Graal e che il Bafometto me ne abbia parlato. Non accettano che io abbia 80 anni, ma se mi vedono parlare con un cristallo con le zampette non hanno nulla da recriminare.
I.: Tuttavia, Lei sa come stanno realmente le cose. Non pensa debba essere Suo compito informare la cittadinanza?
M.: Lo sa che i sasquatch sono yeti importati clandestinamente negli USA? Sa cosa accadrebbe se lo raccontassi in diretta tv? Si comincerebbe a parlare di muri sul confine mongolo. E se il mondo sapesse che - veramente - molte creature leggendarie sono imprigionate in Romania in alcune cavernette con le sbarrette, gestite da due sette di rettiliani? Si chiederebbe l'espulsione della Romania dall'UE, e orde di bambini svedesi marcerebbero chiedendo la liberazione dei poveri animaletti, con tutto il corredo di foto shock di cui i media si nutrirebbero per settimane. Si immagini la situazione: l'ecosistema, invaso da queste ultracentenarie bestie incattivite, ne sarebbe stravolto, e i poveri imprenditori delocalizzati, che in Romania vivevano da nababbi, dovrebbero tornare a frodare il fisco in patria. Crede che qualsiasi governo, di qualsiasi colore politico e nazionalità, resterebbe a guardare?
I.: Uno scenario inquietante.
M.: In francese scénario equivale a sceneggiatura.
I.: E quindi?
M.: E quindi niente (cit.). È tutto già scritto. Mi ascolti bene: sulla luna ci sono due angeli, a casa del mago Malagise, e c'è tutta una città di nephilim da qualche parte, e per la Terra si aggirano il Re Rosso, una divinità, e Der Amerikaner, il Conte di Saint-Germain, maestro di un mio amico immortale che lavora per una base segreta, che conserva il segreto del libero arbitrio, oppure lo sta cercando, adesso non ricordo i dettagli. Tutti costoro manovrano segretamente i fili dell'umanità. Ebbene, come definirebbe tutto questo?
I.: Non so. Indigestione?
M.: Anche. Ma non potremmo chiamarla Sinarchia? Dica di sì, se no mi devo interrompere.
I.: Prego, faccia pure.
M.: Immagini cosa accadrebbe se mi mettessi a raccontare seriamente, con piglio scientifico, prove alla mano (ne ho, a casa mia), che gli angeli seleniti e gli immortali ci governano segretamente. Sarebbe la fine del mondo conosciuto. Intendo il mio, perché mi chiuderebbero la trasmissione. E il mio produttore è un Uomo in Nero! Sarebbe troppo anche per lui.
I.: Ricordo queste rivelazioni nella sua serie a fumetti. Quindi c'è qualcosa di vero. Pensavo si trattasse soltanto di una sorta di novelization di eventi realmente accaduti, dalla portata molto amplificata per finalità narrative.
M.: Non lo è mai stata del tutto. Diciamo che fino a qualche anno fa si alternavano biografia romanzata e avventure inventate di sana pianta, per confondere un po' le acque. Adesso sono rimaste le seconde, d'altronde ormai sono anni che faccio solo il conduttore, non c'è più nulla da romanzare. Ma credevo fosse facilmente intuibile: le pare che una base atlantidea che funziona soltanto in un determinato luogo, a causa delle solite correnti sotterranee eccetera, possa essere trasportata in un altro continente e funzionare lo stesso? Passino le formiche parlanti, c'é stato pure il delfino, ma le sembra logico che gli squarci nelle altre dimensioni siano, così, alla portata di chicchessia? Il reality show? Seriously? (in inglese, ndr)
I.: E quali sono le storie realmente accadute?
M.: Sa perché il mio umile biografo (che in realtà non esiste, ce ne sono diversi) tiene molto alla rubrica informativa, "cosa c'è di vero e cosa di inventato nella storia che avete appena letto"? È stata una mia richiesta esplicita, frutto di un lungo colloquio con l'editore, il curatore e l'Uomo in Nero di cui sopra. In realtà non c'è nessuna distinzione: sia i libri di Storia, o di divulgazione scientifica, che le leggende e le mitologie riportano eventi romanzati, più appetibili da leggere. Nessuno può conoscere nel dettaglio ogni singolo evento accaduto dall'alba dei tempi, diventa come Funes el memorioso, ha presente? C'è l'archivio degli Uomini in Nero, è vero, io ne ho letto il primo volume, poi mi sono stancato. Bastano i riassunti. Se tutto è in parte fiction, ne consegue che tutto è sia vero che falso, ecco perché condivido la caccia alle bufale, non perché sono un fanatico, ma perché spostano l'asse su uno solo dei poli, spezzando l'equilibrio. In realtà la Storia non è andata esattamente come è raccontata nei libri scolastici, altrimenti sarebbe durata un paio d'ore. È evidente che ci sia di più. In un certo senso, viviamo in un grande romanzo, che taluni chiamano Akaschi. Nel cuore di ognuno di noi si cela, segretamente, questa sensazione. Ne sono certo. Ma io naturalmente questo non lo posso dire seriamente, o faccio la fine dei conduttori di Rete4 dopo le elezioni.
I.: Non ha risposto alla domanda.
M.: Stavo premettendo. Le storie che sono realmente accadute sono quelle apparentemente più frivole, Atlantide, i poligoni, i cavalli telepati. La maggior parte sono ibridi. Ad esempio, sono stato veramente nel Bilderberg, e sono amico di Giovanni, quel signore che fa da consigliere ai potenti (un altro sinarca). Ma non è che mi ci sono introdotto come James Bond, con Diana a farmi da palo, con i capelli tinti e i baffi finti, e nessuno mi ha riconosciuto. Ma le pare? Pensi a Piero Angela con i capelli scuri e i baffi finti. Non lo riconoscerebbe? È l'equivalente degli occhiali con le pupille disegnate. Che trucco è? No, al Bilderberg con Giovanni ci sono andato, ma semplicemente sono stato invitato. Nel fumetto la situazione è stata movimentata e resa più fruibile.
I.: In quella storia il Presidente degli Stati Uniti aveva impiantato, nel cervello, un chip capace di renderlo un assassino.
M.: Una metafora, neanche tanto originale. I governanti e i politici sono marionette, è vero, lo sanno loro e lo sappiamo noi, ma non puoi fare un fumetto sulla lobby che dà le mazzette, o fa chissà quale promessa al politico, visto uno visti tutti, che noia. Gli Uomini in Nero, anche se si chiamano così, sono, di fatto, Uomini in Bianco, perché sappiamo tutti chi sono e cosa fanno. Quando abbiamo deciso di creare una serie a fumetti basata sulle mie gesta, il mio produttore è stato ben lieto di lasciare che i suoi confratelli fossero dipinti come dei cialtroni interessati soltanto a far crollare grotte, evidenziando un aspetto che, nella realtà, è un'attività secondaria del gruppo. Anzi, oggi le scoperte archeologiche o scientifiche sono ottime come riempitivi mediatici, dunque non si sforzano neanche tanto di scoraggiarle, a meno che proprio non vadano a toccare interessi economici ingarbugliati.
I.: Mi risulta - e lo ha ammesso Lei stesso, prima - che, a quei tempi, Lei credeva ancora nella cosiddetta controcultura, nel dovere civico di dire come stanno esattamente le cose. Facendo della psicologia spicciola, forse anche con il fumetto, seppur romanzato, sperava che qualcosa del suo "messaggio" trapelasse e spronasse qualcuno a seguirla.
M.: Avevo quarant'anni, ero giovane, almeno nello spirito (ma anche nel corpo: facevo molta attività fisica). La cosiddetta guerra fredda durava già da trent'anni, sembrava non dovesse finire mai, e ci si divertiva con poco. A posteriori, tutte sensazioni campate in aria. Rileggendo i giornali di allora, ci si accorge come fossero uguali a quelli odierni, anche nel linguaggio, che molti ritengono essersi imbarbarito. Oggi parliamo di analfabeti funzionali, come fossero extraterrestri spuntati dal nulla; invece c'erano anche prima, solo che non li notavamo, oppure ci andavano bene così, forse perché erano anch'essi giovani e rampanti e, credendo di poter cambiare le cose, pendevano dalle nostre labbra. Io avevo la Ferrari, tradivo Diana, fumavo come un turco e pretendevo di combattere il Potere Costituito! E Lei si meraviglia se oggi sono qui.
I.: Quindi niente messaggio.
M.: Ma no, il "messaggio", come lo chiama Lei, forse impropriamente, c'era, per carità. Ma è durato quel tanto che è durato. La guerra fredda è finita, gli Uomini in Nero hanno vinto, sono stato ad Atlantide, nel passato...
I.: Ci è stato veramente?
M.: Non glielo dico. Però, immagini, per un progressista come ho sempre ritenuto di essere, che effetto può aver fatto scoprire che i megaliti, queste antichissime e affascinanti distese di rocce, immerse nel verde, capaci di stimolare la fantasia, non fossero altro che distributori di benzina. O scorgere nella guerra senza tempo tra Atlantide e Mu un riflesso della guerra fredda che ho vissuto personalmente - senza particolari patemi, devo dire. Passo anni ad ammonire la società e tutto si risolve a tarallucci e golpe da un giorno all'altro. Che beffa. E non è l'unica. Qualche tempo fa, alcuni Uomini in Nero, molto cortesemente, mi hanno spiegato che quasi tutti i creepypasta e i misteri contemporanei, come le scie chimiche, sono inventati a tavolino da un gruppo di sceneggiatori. Io cosa dovrei fare, a questo punto? Pochi mesi fa sono stato nel futuro; non dovrei ricordarmelo, ma non dovrei ricordare nemmeno di aver visto la tomba di Artù, per cui... (è sempre così: quando ti serve una cosa, non sai mai dove cercarla; quando non serve, eccola ben chiara nella tua mente)... ebbene, nel futuro sono transumano, sono un robot, gli Uomini in Nero hanno vinto, e i miei unici amici sono uno che piange sempre e uno che per finire una frase ci mette due ore. Infatti mi sono isolato. Per carità, sono dell'idea che il futuro sia sempre nelle nostre mani, almeno nella forma (non nella sostanza) - e addirittura gli autori del mio fumetto ritengono si possa cambiare anche il passato, ma sorvoliamo su questo. Ma è evidente che quel futuro si sia già realizzato, è oggi.
I.: Lo scenario (rieccolo) che sta dipingendo sembra essere senza speranza.
M.: Diavoli dell'inferno! Non lo vorrei mai. In una delle ultime stagioni di The Big Bang Theory vediamo per la prima volta gli altri inquilini del palazzo (o Palazzo, con la P?) e, venuti a sapere dell'esistenza di una fantomatica Associazione Inquilini, scopriamo che essa è costituita dal solo Sheldon Cooper, che, unico votante, si è proclamato Presidente e indice assemblee di condominio nella sua doccia. Ebbene, con un cavillo legale (Sheldon ha intestato l'appartamento alla sua fidanzata e non è più formalmente inquilino, dunque non può essere eletto), Leonard e Penny riescono a destituirlo dalla carica.
I.: Capisco.
M.: Ma se ne pentono subito, giacché, all'opposizione, Sheldon è persino più assillante di quando era governante. Se questo esempio Le appare troppo frivolo, guardi all'Italia.
I.: Non sono sicuro che sarebbe meno frivolo del primo. Qui da noi siamo soliti dire che moriamo tutti democristiani per indicare che, stringi stringi, ogni estremismo finisce per annacquarsi nel solito compromesso, in una perpetua stasi.
M.: Come in Germania. Ogni Paese ha la sua Stasi. Beh, con i potenti c'è poco da fare. Vincono sempre loro. Voglio dire, la base di Altrove esiste, non è il manicomio che compare nei fumetti, ma esiste davvero, così come il mio amico Tower. Io sono pappa e ciccia con Chris, vado ed entro ad Altrove quando mi pare. Eppure sono sempre sorvegliato, scortato, non mi è permesso portare via nulla, né raccontare nulla. E anche Chris, poveraccio, è nella stessa situazione. Non vede l'ora di andare in pensione, aveva pure fatto domanda una dozzina di anni fa. Ma non possiamo, pur avendone potenzialmente i mezzi, prendere e fare la rivoluzione mysterica. A volte - sempre più di rado - mi capita ancora di imbattermi nel vecchio fan che mi dice "dottor Mystère, perché non utilizza tutte le informazioni che ha raccolto nel corso della Sua lunga carriera, tutte le prove che ha accumulato, tutta l'esperienza e le conoscenze, anche personali, di cui può, ora, disporre, dopo decenni di scrupolosa e metodica attività d'inchiesta, di casi risolti con acume da detective?". Al ché io rispondo: "Ma... mio caro Gebedia... o come ti chiami... me lo chiedi soltanto tu". La sua obiezione è sempre la stessa: "Sono tutti dementi?". La verità è che, chiunque entrasse nella base di Altrove, e vedesse le cose che ho visto io, non potrebbe fare a meno di porsi degli scrupoli, di dubitare che il mondo, al di fuori di quella base, saprebbe utilizzare nel modo giusto le novità che vi avrebbe appreso. O vogliamo le spiagge olografiche ovunque? C'è da dire che, a volte, ho l'impressione che le vorremmo.
I.: Ritorniamo, comunque, a Canossa, al pessimismo cosmico. Che facciamo, allora?
M.: Il libero arbitrio, come ho già detto, non esiste. Ma possiamo non arrenderci a questo. Perché nei fumetti e nella cinematografia odierni si tirano sempre in ballo il multiverso e gli universi paralleli e i viaggi nel tempo? I giovani d'oggi cercano il modo di piegare la realtà. Ingenuamente, perché la finzione non può prevalere sulla realtà, né può accadere l'inverso, ma ci si prova. E comunque è più comodo copiare storie vecchie che farne di nuove. Io la chiamo scherzosamente Quarta Legge della Termodinamica: maggiore è la gravità dell'errore commesso, maggiore è il calore profuso nel ripeterlo. E questo spiega molte scelte editoriali recenti.
I.: Anche Lei, come Sclavi, non condivide la nuova filosofia dell'editore?
M.: Fabiano Sclavi scrive ancora? A me piaceva Giuseppe Berardi. Non so nulla di come si sia evoluto il fumetto in Italia, per questo l'ho criticato.
I.: Remake, reboot, ristampe non filologiche, tanto colore.
M.: Eh, di questi tempi i colori fanno la differenza (che frasona mi è venuta).
I.: Può la tecnologia essere di supporto ai giovani d'oggi, autori e non?
M.: Sì, non a caso si parla di supporto fisico.
I.: Lei si è specializzato in cibernetica applicata al linguaggio al MIT.
M.: Ero un MATT. Sono stato uno dei precursori, ho aperto una pista che ha condotto ai Bonelli Kids. L'unico inconveniente è che ora sono pieno di floppy disk che non leggo più.
I.: Cosa significa, esattamente?
M.: Che ho cambiato il Mac, e comunque ormai uso solo l'iPad, mentre tutti i resoconti delle mie avventure sono rimasti nei floppy disk a cui non accedo più da una vita. Ecco perché ogni tanto dimentico qualche dettaglio. Teoricamente potrei ancora leggerli, ma a quale pro.
I.: Intendevo la cibernetica applicata al linguaggio.
M.: Ah, ecco. Significa che il linguaggio è una continua mutazione. Petaloso, ha presente? Applicarvi la cibernetica vuol dire studiarne le possibili implicazioni tecnologiche, multimediali, informatiche. I big data. Conversare con una intelligenza artificiale che dice frasi senza senso e risponderle petaloso, tiè. Battute a parte, significa molte cose. Ad esempio, ho studiato le stampanti tridimensionali prima degli altri.
I.: Ho letto il libro che ne parla. Complimenti.
M.: Grazie. Irma!
I.: Chi è?
M.: Il telefonino di Dylan Dog. Altra cibernetica applicata al linguaggio. Ma non è opera mia. È un campo di studi che, cogli anni, ho messo un po' in disparte per dedicarmi ad altri progetti, come dicono i disoccupati. Tanti anni fa ho scritto un racconto di fantascienza, in cui paragonavo il viaggio nel tempo ai canali televisivi: cambiando canale, cambiavi epoca; con la sovraimpressione ottenevi i pastiches che vanno di moda oggi. Conserva una certa attualità, mi pare. E cos'è, la cronotivù, se non cibernetica applicata al linguaggio? Insomma, mi sembra di aver reso l'idea.
I.: Indubbiamente. Lei è anche laureato in antropologia ad Harvard e specializzato in archeologia alla Sorbona e storia dell'arte a Firenze.
M.: Amo molto Firenze. In modi che neppure io sono riuscito a spiegarmi, l'affitto del mio appartamento di via dell'Anguillara continua ad essere regolarmente pagato. Può darsi che se ne occupi il mio consulente finanziario. Leonardo, Donatello, Raffaello, Michelangelo: sono nomi mitici in America. Quest'anno ricorre il cinquecentenario della morte di Leonardo: stiamo preparando un paio di speciali da non perdere, guardando le cose da una prospettiva inedita. Chi era realmente la Gioconda? Forse Leonardo stesso, travestito, spaventato dal possibile diffondersi della tecnica impressionista in anticipo sui tempi? O un'attrice porno, impegnata nel primo spot pubblicitario della Storia? Sono molte le teorie elaborate nel corso dei secoli, ma io mi sono occupato di queste. Parleremo anche di molte altre cose, ma non sto qui ad elencarvele. Vi lascio però un piccolo teaser, un curioso enigma su cui spremervi le meningi durante il weekend: la parola Firenze può essere letta come FI + Renze. Solo un caso?
I.: Ovviamente sì.
I.: Promesso. Solitamente, quando l'intervistato pubblicizza il suo lavoro più recente, l'intervista è da considerarsi conclusa.
M.: Per me possiamo andare avanti fino a domani, tanto il mio intervento è già stato steso e riveduto dai collaboratori a cottimo. Tuttavia, ritengo molto improbabile che qualche lettore sia sopravvissuto sino a questa riga, e andando avanti rimarremmo a parlare in due, come persone normali.
I.: Sarebbe decisamente inopportuno.
Qualcuno invoca il professor Mystère sul palco. Mi accomodo fra il pubblico. Scatta un applauso caloroso. Bravo, Mystère, bravo!, grida qualcuno. Il professore non ha ancora preso la parola.
Prato, un giorno afoso di fine inverno, 2019
OPINIONI IN NERO SU BIANCO
Martin Mystère, John Hunt, Komehini e il populismo |
OPINIONI A COLORI
Martin Mystère e George Bush Senior (!) |
In collaborazione con la rivista "Chi, Io? Davvererissimo?"
Massimo D'Alema posa (senza audio) per Martin Mystère |
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