giovedì 16 agosto 2018

Hernàn Cortès alla conquista dell'isola di Califerne: la storia mai narrata

Laputa di Hayao Miyazaki
Nell'albo "Le ombre di Camelot" (Speciale Martin Mystère n. 35) esordisce un nuovo luogo impossibile della variegata geografia Mysteriana: tratta dalla letteratura cavalleresca (per la precisione da "Las sergas de Esplandián", e citata anche nella "Chanson de Roland"), l'isola volante di Califerne si manifesta sopra l'Oceano Pacifico solo una volta ogni settantasette anni, è raggiungibile tramite un varco di Ley che si apre nello Huey Teocalli (Tempio Maggiore) di Città del Messico sorvegliato dal lapideo Serpente Piumato Quetzalcoatl, è governata dalla sovrana Khalifa IX, è abitata da alte amazzoni nere, dispone di tecnologie così avveniristiche da poter di ripristinare la forma originale dell'Excalibur (cioè un frammento di uno degli Esagoni degli alieni  Tuatha de' Danaan).

"Le ombre di Camelot" interpreta la Califerne romanzesca a modo suo, trasformandola in un regno volante fortemente ispirato alla Laputa di Jonathan Swift, tanto che lo stesso Lemuel Gulliver l'avrebbe visitata.
Lo Speciale Martin Mystère in questione intende però radicare Califerne nella letteratura cavalleresca, ed ecco che non solo le affida Excalibur, ma la affligge anche con la Desolazione di arturiana memoria (cioè Califerne sta diventando Wasteland, Terra Morta).
Tale degrado, tanto materiale quanto spirituale, è stato causato dal conquistador Hernàn Cortès, che (proprio traendo ispirazione da "Las sergas de Esplandián") localizzò l'isola e la invase, causando il "danno".
Nei dialoghi dell'albo si afferma anche che l'isola deperisce in quanto priva del contatto con la Madre Terra, e quindi impossibilitata a riceverne in benefici.Purtroppo al riguardo non vengono forniti altri dettagli, probabilmente per via del numero limitato di pagine messo a disposizione dallo Speciale (centosei), e anche per l'esigenza di non rendere troppo laboriosa la lettura di quella che è tradizionalmente una collana estiva dal tono leggero e umoristico.

Ma tra i lettori mysteriani, noti un tempo come "tantissimi lettori speciali" e "incolte moltitudini" per via della loro eclettica e vivace curiosità, sopravvivono ancora quelli che non si accontentano degli indizi e delle idee accennate e, forti della ricchezza di elementi di un corposo universo narrativo ormai vecchio di sette lustri e passa, possono porsi domande, speculare e approfondire.

Un ritratto di Hernàn Cortès
L'elemento che più spicca per la sua assenza ne "Le ombre di Camelot!" è la fumosa natura del "danno" che Cortès ha inferto a Califerne, mai esplicitata nè testualmente nè graficamente.
Considerando che, già prima dell'arrivo di Cortès, l'isola non godeva del contatto fisico con la Madre Terra, ma era comunque fertile, bisogna ipotizzare che tra le due esistesse un collegamento di natura non fisica.
E deve essere questo collegamento che Cortès ha interrotto, magari sottraendo un oggetto che ne garantiva il funzionamento, oppure corrompendone una componente spirituale (vedremo in seguito perchè un comune umano come Cortès dovrebbe poter corrompere un costrutto mistico).

L'ipotesi che il collegamento tra l'Isola e la Terra avvenisse tramite il solo reticolo di Ley è da accantonare, perchè Califerne non avrebbe difficoltà a ricostruirne uno andato perduto: infatti, ancora oggi, Califerne è accessibile tramite un varco che ha tutte le caratteristiche di una linea di Ley; è quel varco sorvegliato dal Serpente Piumato (a sua volta simbolo divino di questi varchi mistici, nonchè delle stesse Ley Lines, spesso paragonate a serpenti sotterranei) che si apre nel tempio "Huey Teocalli" di Città del Messico.

Il danno causato da Cortès potrebbe essere anche la causa del comportamento bizzarro, irriverente e anarchico del Serpente Piumato che sorveglia il varco di Città del Messico (sebbene la caratterizzazione di quest'ultimo sia tale perchè eminentemente comica, in stile Speciale nonchè Castelliano): forse un varco di Ley da solo non è sufficiente per stabilire il legame mistico tra la Terra e Califerne, ma è comunque necessario, e se il Serpente faceva parte del meccanismo in questione, magari incarnando letteralmente il flusso di Ley, allora la compromissione dello stesso, causata dalle azioni di Cortès, potrebbe averlo fatto impazzire.
(E' da notare che l'albo non menziona apertamente due celebri elementi, storicamente considerati un falso costruito a posteriori, che però si collegano ai dettagli della trama: il bianco Cortès fu scambiato dagli Aztechi proprio per il dio Quezalcoatl, e secondo gli Aztechi questa divinità si manifestava tornando da oltre il mare ogni 52 anni).

Secondo la versione mitologia azteca, il bianco Quetzalcoatl ha un gemello nel nero Tezcatlipoca: come Quetzalcoatl è associato alla luce e all'aria, così Tezcatlipoca è associato alla notte, e alle cose terrene. E' possibile che il guardiano nero umano dell'ingresso inferiore di Califerne (rimasto senza nome per tutto l'albo) sia quindi l'equivalente del Quetzalcoatl di pietra di Città del Messico (che invece concede un ingresso  a Califerne che avviene "dall'alto").

Un altro nesso avvolto nel mistero è quello tra Califerne e Città del Messico: da quanto tempo esiste? E che scopo ha? E perchè proprio Città del Messico?

Città del Messico non dista molto dalla California: è possibile che l'isola di Califerne, prima di diventare un'isola volante, fosse un tempo parte della terraferma, e occupasse proprio la regione dove ora si trova Città del Messico. Sarebbe così logica la permanenza di un legame (il varco di Ley) col luogo da cui si è poi distaccata, molto simile a un cordone ombelicale. (Un simile distacco comparve anni fa in Fantastic Four #240, dove la città segreta di Attilan abbandonò le nevi del Tibet, levandosi in volo, per trasferirsi sulla Luna).

Esaminiamo ora la faccenda delle origini di Califerne e del suo popolo, che lo Speciale non affronta apertamente: partiamo da alcuni indizi che sembrano disseminati nella storia proprio per consentire di arrivare a una risposta tramite varie deduzioni, e che andiamo qui a elencare.
Khalifa XI, imperatrice di Califerne, è palesemente molto longeva, dato che si ricorda dei John Dee ed Edward Kelley storici, vissuti nel 1500. Non è però immortale: il suo nome di regno con numero ordinale implica una dinastia. E non si può escludere che siano esistite anche imperatrici con un altro nome di regno: è possibile quindi che Califerne esista da decine di migliaia di anni.
Come già osservato, il danno inferto da Cortès a Califerne è tanto materiale quanto spirituale. Eppure, Cortès era un comune essere, umano, per quel che ne sappiamo: cosa mai gli ha permesso di avere un effetto tanto letale?
La risposta va forse cercata nel fatto che questo Speciale ha cura di menzionare l'epoca della decadenza dell'umanità, che passò dal suo stato semidivino dell'Età dell'Oro a quello mortale, avido e distruttivo, dell'epoca materialistica chiamata Kali Yuga.
Si può ipotizzare che Califerne ospiti una comunità di umani incontaminati dell'Età dell'Oro (rimasti molto longevi, ma non immortali, per cui capaci di originare una dinastia), la quale si distaccò letteralmente dalla Terra (portando Califerne non solo nei cieli, ma anche in un altro spazio dimensionale), per evitare il contagio della corruzione materialista e cedere alla decadenza del Kali Yuga. Se così fosse, il solo atto dell'invasione di un umano della attuale stirpe corrotta come Cortès, che per di più ne incarna tutti gli aspetti negativi in quanto conquistador, avrebbe facilmente causato il danno rappresentato dalla Desolazione, infettando Califerne col materialismo (evento rappresentato dalla morte della vegetazione).

Il moderno biancospino di Glastonbury
Il leggendario biancospino di Glastonbury piantato da Giuseppe di Arimatea, o meglio una "copia" prodotta con la scienza nei laboratori di Altrove, ma selezionata tramite le conoscenze occulte di John Dee, è sufficiente per far rifiorire Califerne, annullando la Desolazione, e quindi ripristinando la purezza materiale e spirituale dell'isola.
Per via delle ipotesi precedenti, il biancospino di Glastonbury, in qualità di ibrido di scienza e occultismo, farebbe parte del meccanismo che mantiene attivo il contatto tra Califerne e la Madre Terra. Si può ipotizzare quindi che il danno causato da Cortès a Califerne consistesse anche nel sottrarre una pianta analoga: la supposizione è sostenuta anche dal trono arboreo di Khalifa, che suggerisce un fortissimo legame tra il suo regno e la natura.
(In un poema di lord Tennyson, Viviana addormenta Merlino sotto un biancospino, simbolo di confine tra i mondi; ecco quindi un altro motivo per Merlino di non agire mai in prima persona, in questa faccenda: il biancospino è una pianta pericolosa, per lui).

Se così fosse, però, perchè questo biancospino è così potente?
Ancora una volta, ci vengono in aiuto gli indizi inclusi nella narazione: lo Speciale cita il biancospino di Glastonbury, ma cita anche lo "zodiaco di Glastonbury", cioè una presunta alterazione del paesaggio della contea di Somerset atta a replicare le forme delle costellazioni della volta celeste. Si sa però che lo zodiaco replicato non è quello canonico, e le figure in questione sono state arbitrariamente desunte da fotografie aeree degli anni 1920, anche a partire da elementi del tutto transitori. Per quale motivo l'esoterista Katharine Maltwood volle vedere uno zodiaco in quella zona, stabilendo che esso ebbe origine cinquemila anni prima, quando il Somerset era un'impraticabile distesa di paludi e torbiere?
Forse perchè Maltwood era venuta a conoscenza di antichi segreti collegati ad elementi storico-culturali a noi ben noti: Glastonbury è sacro alla Dea della Luna, cioè a Morrigan; e la Luna è il Tredicesimo Segno dello Zodiaco, poi soppresso per ridurne il potere.
In ossequio a questa struttura di potere cosmico, si può allora ipotizzare che il territorio di Glastonbury rifletta la configurazione celeste della Luna con la sua corte, e sia quindi simbolicamente circondato da uno zodiaco naturale, intimamente impresso nel paesaggio, e capace di rivelarsi occasionalmente, nelle forme temporanee del paesaggio stesso.
Di conseguenza, quando il legno di biancospino del bastone di Giuseppe d'Arimatea fu piantato nel suolo di Glastonbury e tornò a fiorire, avrebbe quindi attinto alle forze vitali latenti del suolo, riprendendo vita.

Non a caso, il biancospino è tradizionalmente considerato il guardiano di tutte le fonti e le sorgenti (cioè dei flussi dell'energia delle vita); i romani lo avevano consacrato a divinità femminili associate proprio alla nascita/rinascita, tra cui Flora, dea della primavera e della vegetazione, e Cardea, dea del parto e protettrice dei neonati.

Si può quindi ipotizzare che la proprietà intrinseca di questo biancospino, e cioè quella di attingere alle energie della Madre Terra (coinvolgendo Morrigan perchè nei tre volti della Dea c'è anche la Madre), sia ciò di cui aveva bisogno Califerne per ricevere nuovamente i "benefici" di Gea, tramite il serpentino varco di Ley che conduce a Città del Messico.
Ed è il ritorno di questo flusso vitale a interrompere e cancellare la Desolazione.

Una raffigurazione di
Giuseppe d'Arimatea che

associa la rinascita del
biancospino al Graal
contenente il sangue
del Cristo
Da dove proveniva il biancospino portato da Giuseppe d'Arimatea a Glastonbury?
Secondo i Vangeli cristiani, ma con metodi storicamente dubbi, il ricco Giuseppe d'Arimatea si occupò del recupero del corpo di Gesù Cristo e della sua sepoltura. Leggende di epoca medievale sostengono che Giuseppe si sia recato in Britannia per diffondervi il cristianesimo, divenendone il primo vescovo. Giuseppe avrebbe anche raccolto il sangue di Gesù Cristo nel Graal, portando poi con sè il calice fino in Britannia, ed inserendolo quindi nel Ciclo Arturiano.
"Il segreto di san Nicola" (Martin Mystère Gigante nr. 1) rivela che il Calice di un tale Joshua era però uno dei frammenti dell'Esagono-Graal (o Calderone di Dagda): se tale Calice avesse anche contenuto il sangue di Joshua, avrebbe potuto alternarne le proprietà, e se tale sangue (che secondo alcune varianti della leggenda fu sepolto a Glastonbury) fosse poi stato usato per far germogliare il bastone di biancospino di Giuseppe, pianta le cui bacche secondo un'altra leggenda rappresentano proprio detto sangue, ecco che il cerchio si chiude.
Sorge quindi spontanea una domanda: chi era veramente Giuseppe d'Arimatea, per disporre delle conoscenze necessarie per la sua impresa? Era forse un iniziato dell'antica religione?
Ma si tratta di una questione più legate ad altri filoni della saga mysteriana, che quindi qui ci limitiamo ad accennare.

Concludiamo quindi ponendoci le ultime domande, altrettanto spontanee ma più attinenti all'argomento dell'articolo: cosa ne fece Cortès del biancospino rubato? A quali altre energie terrestri voleva attingere? Aveva forse a che fare con la sua ricerca dell'oro leggendario delle Americhe?
Probabilmente tutto ciò, come si suol dire, è un'altra storia ancora in formazione nella testa dello sceneggiatore, e della quale "Le ombre di Camelot" ci fornisce sibillinamente gli indizi che abbiamo qui tentato di interpretare e collegare.

2 commenti:

  1. Non posso che lodare la tua erudizione.
    Riesci a incastrare ogni dettaglio e per di più molto coerentemente. Tra l'altro l'estirpazione del biancospino che causa il WasteLand è più che paragonabile alla ferita inferta al Re Pescatore che causa la Terra Desolata. Tutto torna benissimo.

    Unico dubbio (posso non averne uno ogni volta? ;) ) nasce da Esplandian (Esplandiano o Splandiano): come fece a giungere a Califarne?
    Il suo racconto ispirerà Cortes, ma questo implica che Espledan (nonostante dica di essere giunto li grazie ad un serpente) non possa esservi giunto da Tenochtitlan (Colombo arriva nei caraibi nel 1492, Nunez arriverà nel Pacifico nel 1513, lo Yucatan sarà scoperto nel 1517, ma l'invasione di Cortez comincia solo nel 1519. Del resto non sappiamo in che epoca sia vissuto il prode Esplandian, ma del suo romanzo si parla già dal 1496 e la sua prima edizione scritta è del 1510: sicuramente visse prima della scoperta di Città Del Messico e quindi non ha potuto sicuramente usare quel varco per arrivarci. A dire il vero nel romanzo Califerne sarebbe un isola dell'oceano indiano).

    Quindi la domanda è d'obbligo: quali e quanti altri varchi portano a Califarne? protetti da un serpente, perdipiù?
    Non è difficile arrivarci con un po' di fantasia.
    Il serpente è simbolo Norreno che cinge la terra e rappresenta l'albero sacro su cui si regge l'universo; ma anche simbolo Ebraico ove anche qui cinge la terra ed è associato all'albero della conoscenza, ma anche al diavolo tentatore. Senza contare che il serpente cinge la terra in molte altre culture (vedi i "nostri" Dogon) o riveste grande importanza in molte altre (in India è venerato in mille modi ed è associato a mille dei; non vi è cultura che non possegga un esemplare di uomo-rettile; e persino gli australiani lo venerano).
    Ma limitandoci ai luoghi che sembrerebbe aver visitato il nostro cavaliere, posti prevalentemente in Europa, io opto per un ben noto serpentone, rappresentato in molti bassorilievi, simbolo addirittura di una città: il biscione Visconteo di Milano, mai analizzato sui nostri albi, ma che non lasciò -stranamente- mai la città neppure ai cambi dinastici. E se Espendian arrivò a Califerne da Milano?

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    1. C'è anche da considerare che nell'universo di MM non è vietato aver raggiunto le Americhe prima di Colombo: "L'uomo che scoprì l'Europa" pone come data il 1140.
      Certo, l'epopea cavalleresca arturiana si svolge qualche secolo prima, per cui è sicuramente preferibile la soluzione di un serpente collocato in Europa, e ancor meglio se si tratta del biscione milanese, di cui l'universo di MM non è ignaro.

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