Testi: Alessandro Mainardi
Disegni: Franco Devescovi
Il nuovo corso mysteriano, improntato su semplificazione dei contenuti e revival della desueta formula del 'mystero non risolto', ma riconducibile a due-tre archetipi generali (Atlantide, UFO, civiltà classica a turno), si arricchisce di un nuovo episodio, che ne mette perfettamente in mostra pregi (pochissimi) e difetti (molti).
Il revival classicistico ci offre nuovamente un Martin che ragiona e sulla scia dell'entusiasmo si lancia all'avventura, la quale nei tempi moderni non può che tradursi in una gita turistica, alla scoperta del mystero "dietro l'angolo di casa". Ma il pregio, di fatto, è tutto qua.
Non è mai facile descrivere esattamente quali siano i difetti strutturali del Martin Mystère odierno: se vadano imputati ad autori non realmente interessati alle tematiche di cui la serie si occupa e quindi svogliati nell'impiegarli in un'ottica avventurosa; o se siano da attribuire a imposizioni redazionali calate dall'alto (e se questo "alto" sia la redazione, il Direttore Editoriale o l'editore stesso o tutti loro di comune accordo).
L'impressione nel leggere una storia di Martin Mystère, ormai, indipendentemente da chi sia lo sceneggiatore in gioco, è di uno scarso interesse di chi lo scrive (e di chi lo revisiona e adatta) verso ciò che i lettori dovrebbero trovare stimolante leggendola.
Difficile dunque inquadrare nella giusta ottica l'ennesimo autore esordiente nel gruppo degli sceneggiatori. Da un lato, la storia sembra essere scritta da qualcuno che ha letto almeno i classici della serie; dall'altro lato pare che lo abbia fatto per "preso nota" e poter, così, presentare un soggetto alla redazione.
Ancor più complicato, se non impossibile, è distinguere il lavoro dello sceneggiatore (in questo caso Alessandro Mainardi) dalla mano redazionale, esplicitamente presente in tutte le uscite degli ultimi anni: i risultati sono talmente scombinati da rendere incredibile l'idea che al giorno d'oggi si possano mandare in edicola prodotti simili, e inutile ogni conseguente tentativo di analisi appassionata.
Ci limiteremo, dunque, ad osservare i grossi limiti che La catena del potere presenta agli occhi dell'autore di queste righe. Sono sostanzialmente due, ma rappresentano le fondamenta dell'albo e ne mettono in discussione la veridicità e la credibilità.
Il primo è l'inserimento sleale del Trismegisto, personaggio di sicuro fascino e capace di attirare l'attenzione del lettore con il solo nome, ma del tutto ininfluente nell'economia della storia. Tant'è che terminato il lungo ragionamento e partiti alla volta della Grecia, Martin e soci se ne dimenticano completamente e nessuno ne parla più.
Ma se il "suggestivo" collegamento (è lo stesso Martin a parlare di "suggestioni") tra il Trismegisto e l'episodio mitologico della catena può, nella sua totale aleatorietà, essere considerato mysteriano (ma non lo è in quanto non castellianamente comprovato durante o al termine della storia), è invece del tutto campato in aria il sillogismo illogico di pagina 39, prima vignetta: il motivo per cui la frase "come in alto così in basso" debba rappresentare proprio la capacità di conoscere il futuro (e non altre capacità divinatorie) e il motivo per cui Martin debba automaticamente pensarlo ci sfuggono (non a caso lo stesso Martin si pone il dubbio, alla fine della storia, come si vede a pagina 146, vignetta 6). Stante la premessa della vignetta precedente ("come in basso così in alto" indica il contatto con la sfera divina, anche se a noi sembra che sia pertinente all'altra frase), un possibile trait d'union avrebbe potuto essere proprio il termine "divinazione", con le sue diverse accezioni linguistiche - indica sia la vicinanza al divino che la predizione del futuro sic et simpliciter. E, infatti, la vignetta 2 della stessa pagina 39 menziona gli aruspici, e il ragionamento del detective dell'impossibile conduce poi all'oracolo di Delfi e ad Apollo, facendogli riannodare le fila del discorso nonostante il "salto logico". "Salto" che ci appare fastidioso, in quanto aggravato dalla ponderosità cercata nella lunga chiacchierata di venti e passa pagine, così ben illustrata da un Devescovi tornato ad alti livelli, e così premurosa invece nel descrivere elementi poco attinenti al tema di partenza.
L'altra enorme voragine narrativa dell'albo è rappresentata dal disastroso spiegone-non spiegone conclusivo, talmente confusionario e inintelligibile da far rimpiangere il terrore (nostro) de La minaccia di Allagalla (con il quale ha tratti in comune su cui torneremo). Sorvolando sull'ennesimo ricorso agli "alieni" e sull'idea piatta e triste di "mystero" che autore o redazione o editore (ribadiamo che la nostra è una denuncia a carico di ignoti, non sapendo a chi attribuirla) esige per terminare quasi tutti gli albi allo stesso modo; sorvolando volutamente sulla suggestione (nostra, questa volta) che la massiccia presenza di extraterrestri d'ogni foggia e colore negli ultimi albi sia un preludio a qualcosa che non sappiamo (ma ne dubitiamo); non possiamo non chiederci per quale motivo Atena e Apollo parlino fra di loro con espressioni allusive e volutamente contorte.
Soprattutto, la moltitudine di "resoconti nei resoconti" dalle vignette tonde che si sussegue nelle ultime pagine è ai limiti della comprensibilità (se non oltre). Basti pensare che vi troviamo: Martin che scrive al computer; il flashback del viaggio di ritorno in aereo; il racconto che il professor Foster fa a Martin durante il flashback; le visioni di Foster; le visioni di Martin; infine assistiamo ai fatti "come dovrebbero essere andati realmente". Dulcis in fundo, a tutto questo segue un ulteriore epilogo dai toni disneyani (Omero bambino fa il paio col piccolo Crockett nell'ultimo Storie da Altrove), il quale però non ha i "contorni tondi" e dovrebbe essere reale, rendendo dunque reali anche le pagine precedenti (almeno gli eventi "realmente accaduti").
Ora, sfrondati dagli orpelli narrativi, i fatti sembrano essere i seguenti: ciò che è raccontato nei poemi omerici (e virgiliani? l'albo sorvola anche su questo) è un ricordo indotto creato da "Apollo" con la complicità di "Atena", decisi a sfruttare a proprio vantaggio, all'insaputa di "Ares" e soci (ma "Ares" li sente parlare fra di loro, perché i cospiratori, com'è noto, cospirano ad alta voce) la potente arma preveggente costituita dall'antenna staccatasi dall'imponente astronave (non proviamo nemmeno a chiederci il motivo che ha spinto una civiltà avanzata ad adottare un design militare così obsoleto) e precipitata sulla Terra, dove ha assunto la forma di una catena fusasi nel terreno ma visibile a pochi eletti (da chi? per una volta lo stesso Martin se lo domanda).
Se questo riepilogo vi ha confusi, potete capire come si è sentito il lettore mysteriano classico che ha voluto fare ciò che una volta era scontato in un albo di Martin Mystère veramente mysteriano, e cioè ricombinare i pezzi del puzzle narrativo, scoprendo che tutto combaciava.
Invece, raccontata in questo modo, appare evidente come l'impalcatura su cui si sorregge l'albo sia decisamente esile e comprendiamo forse la decisione di presentarla al lettore in modo da lasciargli l'idea di non avere capito appieno quello che ha letto, secondo un'altra delle definizioni di "mystero" del nuovo corso mysteriano.
Come avrete notato, non stiamo nemmeno prendendo in considerazione la necessità di commentare il consueto svolgimento del versante dell'azione, datata e con criminali stolti e colpi di scena telefonati, dato che i problemi che affliggono la serie a nostro parere sono ben più stratificati.
Per lo stesso motivo, evitiamo ogni sarcastico riferimento a ciò che titolo e copertina beffardamente (e involontariamente?) evocano.
In termini di continuità c'è poco da segnalare: chi siano questi alieni e le motivazioni che li spingono a studiare la Terra o ad attaccarla (nelle pagine caotiche di cui sopra affermano di fare entrambe le cose) non è chiaro; ma del resto lo stesso si può dire degli alieni del recente Storie da Altrove o dei redivivi e rintronati Kundingas de Le dieci tribù e di altri visti negli ultimi anni. Sono anelli della stessa catena di eventi? Le nostre capacità divinatorie ci dicono di no, ma speriamo non siano reali.
Comunque avevamo già visto delle sfere tecno-mistiche inviate da consorterie extraterrestri e regolate su individui con determinate caratteristiche. E precisamente in Get a Life! n.14, “La musica delle sfere”, che guarda caso introduce un Consorzio Cosmico dell'Inseminazione, cioè un'adunanza di civiltà extraterrestri eterogenee in collaborazione e conflitto, la quale ha proprio lo scopo di spiegare come mai la Terra sia un crocevia galattico.
Il mito di Cassandra ricorda a Martin di avere già aver avuto a che fare con un'omonima. Naturalmente non è Cassandra Gold-Chester, al centro di una storia intitolata Cassandra (Martin Mystère nn. 113-114) e basata sullo stesso mito, perché questa è una storia troppo vecchia per poter essere ricordata. “Le porte dell'immaginazione” è invece un'avventura recente (è l'albo precedente a questo) e nella memoria del 73enne Martin è ancora ben chiara la giovane ragazza proveniente da Faerie, la quale a parte il nome nulla ha a che spartire con la mitologia greca.
Naturalmente Martin non può rivelare di avere scoperto, più di trent'anni fa, come il monte Olimpo fosse la sede di un laboratorio atlantideo che ha originato parte della mitologia ellenica (di comune accordo con La montagna degli Dei, la prima storia realizzata per Zagor da Tiziano Sclavi), anche perché l'episodio non gli sovviene. E comunque questa volta si reca a Delfi e Apollo è più importante di Zeus.
Ermete Trismegisto e Devescovi ci riportano alla Città dei maghi, ambizioso tentativo di tirare le fila di molte storiche linee narrative, abbandonato suo malgrado da Vincenzo Beretta nell'ormai remoto Martin Mystère Gigante n.9 del 2003. Siamo certi che se fosse stato portato a termine, Martin se ne sarebbe ricordato.
Anche questa volta l'albo porta a domandarci cosa ci sia di vero e di onirico negli eventi appena letti. Anche questa volta è inutile tentare di discernere realtà e fantasia: quanto raccontato nell'Iliade omerica è un ibrido tra una base reale (una guerra di Troia è avvenuta realmente, la "catena" era il Python) e il ricordo indotto creato da "Apollo". Ma se questo ibrido è stato a sua volta riplasmato da Omero, la base reale è stata a sua volta annacquata, e il caos di "contorni tondi", racconti nei racconti e flashback e visioni oniriche sembrano togliere credibilità a tutto quel che si legge nelle ultime pagine.
Sic stantibus rebus, non proviamo nemmeno a chiederci cosa rappresentino invece i flashback (reali? fasulli?) delle pagine 26-27, 42-45, 72-81 e lo pseudo viaggio nel tempo di Martin (un altro?) delle pagine 140-144. E se pure, per amor di svago, prendessimo per buona una visione sincretistica in cui tutto è vero e falso allo stesso tempo, faremmo comunque fatica a credere che la sceneggiata di Apollo e Atena (pagine 133 e 148, prima vignetta) sia bastata a giustificare i loro contrasti tramandati dalla mitologia.
L'idea dei ricordi indotti su scala globale è simile a quella vista nell'episodio La minaccia di Allagalla (Martin Mystère n.329), ma in quel caso il ricordo era tratto da una realtà parallela. Curiosamente anche quell'albo spiegava gli eventi in modo più confuso del necessario.
Infine: cosa rappresenta il mancato spoiler parzialmente metanarrativo delle pagine 11-13?
Ancora "meta" è l'aneddoto di Fred (che è un editore) sullo scrittore carismatico che ha azzeccato la storia "giusta" (quella che abbiamo letto? Abbiamo dei dubbi).
La rubrica conclusiva si occupa di scontri fra divinità, che è soltanto uno dei temi dell'albo, e lo fa dilungandosi su mitologie estranee agli eventi del fumetto e con toni insolitamente trancianti quando si evoca il testo sacro ai cattolici italiani in contrapposizione ad altri consimili.
L'arte di Franco Devescovi sembra aver messo da parte alcune leziosità viste nelle sue ultime prove e non appare affatto differente dal suo stile pulito e compatto degli anni 1990, ricercato nelle riproduzioni storiche quanto nel graphic design dei personaggi, verosimili e "umani" nelle loro forme "provinciali" (con l'eccezione degli dèi: vedi Atena modellata su Lynda Carter/Wonder Woman). La gita sulla Via Sacra per il monte Parnaso delle pagine 90-96 è un momento gradevole per l'occhio e per la mente.
Una nota che ci fa sorridere: nell'episodio Le dieci tribù (Martin Mystère n.350) Martin si reca in un museo e vi trascorre diverso tempo, ma né lui né gli sceneggiatori colgono l'occasione per farne una piccola panoramica da regalare al lettore. In questa storia, invece, Martin il museo lo vede solo dall'esterno e si limita a passarci davanti eppure Mainardi riesce comunque a elencarne mysterianamente i principali reperti.
Per concludere, ci auguriamo che al corso di Martin Mystèriologia della Scuola Holden di Baricco (se ne occupa l'ex "Posta Mysteriosa") le domande che ci siamo posti possano ottenere risposta e che i futuri autori diplomati sappiano raccontarcelo come si deve.
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