Martin
Mystère n.332, "Il risveglio di Tiamat"
Storia di
Paolo Morales
Arte di Paolo
Morales e Fabio Grimaldi
Storia
Diretto seguito
di “Orrore tra i Sumeri” (Martin Mystère nn. 126-127) del 1992, storia
che vanta il primato di essere l’unica mai scritta da Ade "Lazarus
Ledd" Capone per il BVZM e l’ultima ristampata sulla rimpianta collana
TuttoMystère, questo Il risveglio di Tiamat è la seconda
produzione di Paolo Morales in edicola dopo la prematura dipartita dell'autore.
Ma se la prima, Gli
abitatori del sottosuolo (Martin Mystère n.327), si era rivelata
essere un convenzionale fumetto di sola azione che disattendeva le premesse del
suo preludio per sviluppare un complotto improbabile, questa volta il sequel
viene messo a profitto per ampliare la mytologia della serie.
Anche Il
risveglio di Tiamat presenta lo schema tipico della maggioranza delle
sceneggiature di Morales: il prologo con morti misteriose in una qualche
località esotica (per il pubblico italiano); la sequenza statica con un
monologo dedicato all'argomento dell'albo; la presentazione della bella
archeologa/scienziata di turno; le conseguenti frecciatine fra i coniugi
Mystère (e la consueta scena di sesso che rinsalda la coppia, a dimostrazione
che si può essere “giovani” in ogni momento, anche se nel mondo non di fantasia
tale mentalità ha portato più danni che benefici); altre morti misteriose; lo
scatenarsi della minaccia; il viaggio nel Paese esotico e la presentazione
degli altri "compagni di sventure", solitamente modellati su quelli
dei kolossal hollywoodiani; il profilarsi dell'Apocalisse; la sconfitta del Mostro;
la chiosa finale con la morale (solitamente riassumibile in "vivi e lascia
vivere").
In questa occasione, però, delle classiche figure Moralesiane sono presenti solamente lo scienziato buffo "preso dai film di Spielberg" (cit. Leo Ortolani), Mirzà, e il mussulmano ortodosso, Farid, i quali in questo caso formano una "strana coppia" stereotipata ma riuscita. Non manca anche il vegliardo detentore di un’antica tradizione (qui la resurrezione dell'āšipu), mentre alla bella archeologa viene riservato un ruolo leggermente diverso dal solito: anziché accompagnare Martin per tutto l'albo, la donna (la dottoressa Margot Jordan) scompare inaspettatamente verso metà albo, per ritornare solamente nel finale come nemica, vittima della possessione della dea Tiamat.
A fare da spalla
a Martin troviamo l'ispettore Travis: è una prima scelta insolita, che
ricordiamo solamente nel citato prequel di Capone, in Cassandra
di Mignacco-Castelli e nel gigante La sindrome di Matusalemme di
Castelli. Sempre più curiosamente, la caratterizzazione di Travis si discosta
dal serioso, e spesso cupo, ispettore visto nelle precedenti storie di Morales,
per degenerare nella versione deformed di Get a Life!, alias il
famigerato DoppioTì. Se non avete mai letto le avventure di costui, benedette
dallo stesso Alfredo Castelli, ve le proponiamo online nell’elenco a questo
indirizzo, ma vi ricordiamo che esiste anche un’edizione cartacea di
ben due di esse (“Il teatrino della memoria corta” e “Incubo nei
cieli”), come riportato anche sul sito
Bonelli.
In Il
risveglio di Tiamat, l’ispettore Travis, non pago di essere stato coinvolto
arbitrariamente nell'azione (non si capisce perché debba essere proprio lui ad
accompagnare Margot all'estero, in barba a tutte le giurisdizioni), per tutta
la storia, anche durante momenti più o meno drammatici, si produce in una serie
di battutacce degne dei "personaggi buffi" dei film di Michael Bay.
E’ gustosamente balzano vedere Travis fare battute sulla cacca (pag.126), oltre
che inusuale per lo stile della serie, coerentemente con la "voglia di
leggerezza" del recente Morales; nella mischia entra anche la coppia da
avanspettacolo di Farid e Mirzà, che contribuisce non poco a sdrammatizzare la
vicenda.
Questa
propensione a non prendersi sul serio, rivelatadall’autore ai tempi del trentennale, segnava un netto cambiamento
di rotta rispetto alla precedente gestione che prevedeva il dramma a ogni
costo, quasi in modo paradossale. E’ facile riscontrarla nelle ultime prove di Morales,
caratterizzate da una crescente improbabilità e bisognose di una elevata
sospensione dell'incredulità. Senza bisogno di scomodare l’Orizzonte degli
Eventi, si possono citare la fortuita infiltrazione di MM nel party
blindato di Progetto cyborg, il traffico di vite umane raccontato dal
cattivo per mezzo di diapositive ne Gli abitatori del sottosuolo, o la
(strumentale!) commedia degli equivoci che chiudeva Il tesoro di Didone.
Se normalmente
il “mystero” convenzionale ha sempre avuto scarsa presa su Morales, Il
risveglio di Tiamat invece ripropone il tema dei culti sumero-babilonesi di
Marduk e Tiamat, confermando la sua predilezione per i classici delle mitologie
mediorientali, dalla Regina di Saba alle piaghe d'Egitto, passando per il
Necronomicon di Abdul Alhazred e gli intrighi del Mossad. Da appassionato di
simbolismi quale Morales era, il serpente e il cerchio sono in questo caso la
figura più adatta per rappresentare la chiusura di un ciclo, e ci pare che
questo albo sia proprio il commiato del miglior Morales, del narratore che
abbracciava il passato mysteriano e lo utilizzava in modo spontaneo per
guardare avanti.
In questo albo,
infatti, Morales prende il paletto fissato da Capone nella remota storia di
ventidue anni fa (trasformati in “alcuni anni” dalla redazione) e lo espande
sapientemente, raccontandoci retroscena che non conoscevamo e che derivano
dalla "vera" mitologia (presumibilmente con l’aiuto di Carlo Recagno,
come Morales aveva spiegato quando la storia era ancora in lavorazione).
Così, quando ci
racconta dell'eterna sfida fra Tiamat e Marduk, ci racconta contemporaneamente
la storia dell'Uomo (Uomo contro Donna, Figlio contro Genitore, Creatura contro
Creatura, dato che Marduk è "maschile" e Tiamat
"femminile", Marduk è "figlio" di Tiamat ed entrambe sono
due creature che vogliono sopravvivere) e quella della serie (con tutte le sue
diramazioni).
Perché la guerra
senza tempo fra le due creature di puro Male (due Grandi Antichi di generazioni
diverse o, come ipotizzato in mailing list, una divinità primordiale e
una secondaria, o forse entrambe le cose) non può che rammentare l'assurdità
dell'altra guerra senza tempo, quella fra Atlantide e Mu, fondamento
della serie ("anche se avevano altri nomi e svolgevano altre funzioni,
all'epoca... i miti si evolvono [...]", dice Sana'I a pag.113) e quindi
l'assurdità di tutte le guerre.
E perché
l'energia primordiale costituita dai Cento Me, un male che si propaga da
persona a persona, richiama in modo molto forte l'immagine lasciataci a suo
tempo dal Male sclaviano (Dylan Dog n. 51), forza negativa che
sempre prevale e dalla quale non è possibile sfuggire se non per pochi
prescelti. E chi altri può essere uno di questi pochi se non
l'eroe/protagonista/eletto/Terzo Occhio/probabile Campione Terrestre Martin?
Il finale
dell'albo, in realtà, con la rinascita di Margot suggerisce che sia la persona
comune quella veramente dotata della possibilità di fare la cosa giusta: è la
classica morale, che funziona in quanto morale per definizione. Tuttavia, a ben
vedere, nel corso della vicenda Margot non fa altro che essere posseduta,
perdere i sensi ed essere immersa nel liquido rigenerante. Martin, invece, è un
"uomo eccezionale" (come afferma pure Mirzà a pag.98) ed è lui ad
accedere alla propaggine del Mondo del Sogno ove incontra Sana'I. La camera
rigenerante, poi, con le sue particolari peculiarità, pare fatta apposta per
fornire un'ulteriore alternativa a disposizione dell'autore che volesse
risolvere una volta per tutte la secolare questione dell'età del protagonista.
Per auto-citarci ancora, alla correlazione fra il ritorno di Marduk, la
cosmogonia dualistica dell'universo mysteriano e il ruolo "salvifico"
di Martin avevamo dedicato parte della nostra "Storia Segreta del
Mondo" (in particolare la seconda
e la terza
parte) e ci ha fatto molto piacere ritrovare certi elementi in una storia di
Morales.
Sempre nelle
“cifre” dell’'autore, e scendendo più nello specifico, si nota una certa
forzatura in alcune situazioni. Travis, il quale è pur sempre un ispettore di
polizia di NY e non un federale con competenze internazionali, svolge un
viaggio in Iran su semplice richiesta della Jordan, senza contare che in Iran
la giurisdizione passa al commissario Abbar (i cui agenti si fanno ovviamente
sfuggire la protetta). Morales deve essersene accorto a cose fatte, e forse per
questo motivo da quel momento Travis, diventato inutile ai fini della trama, si
trasforma in un elemento comico.
Deludentemente,
la "furia degli elementi" che si scatena su tutta l'area dell'antica
Mesopotamia (pagg.104-105) non ci viene mostrata in modo esaustivo, ma viene
solamente relegata al telegiornale, in un dejà vù da disaster movie
televisivo.
Il ruolo
"salvifico" di Martin e del Mondo del Sogno rientrano nell’ambito del
deus ex machina, ma come la serie ci ha insegnato, l’alternativa è ormai
solo quella di avere Martin semplice spettatore, per cui è meglio non
lamentarsene. Inoltre, come ricorda il sagace articolo di Castelli in appendice
al fumetto, c'è un che un metanarrativo in tutto ciò che è epico, e quando
mitologia "storica" e serialità del fumetto si fondono con
naturalezza non si sta facendo altro che aggiungere un tassello a quella grande
soap opera che è la Storia (se ci passate la poetica espressione).
Il meccanismo
utilizzato da Martin e soci per accedere al Mondo del Sogno si basa su una
scienza “di confine”, o fringe science, come si direbbe in inglese: si
tratta di un ritorno alla più pura tradizione Castelliana dei primordi, quella
che mescolava l’elemento mysterioso dell’autocombustione alla spiegazione
scientifica collegata a esperimenti di quel precursore transumano che era Mr.
Jinx. Certo, al giorno d’oggi, dopo i telefilm The X-Files ed eredi, è
difficile avere la stessa carica di originalità del lavoro di Castelli, e
infatti la tecnica usata nel caso in questione è ormai stratificata
nell’immaginario comune e notissima al grande pubblico grazie a telefilm come Fringe,
ma comunque si tratta di una scelta narrativa importante, che si spera stimoli
gli autori a riprendere il tema delle tecnologie avveniristiche e a
rilanciarlo, tornando a fare di Martin Mystère una serie vivacizzata
dalla curiosità per il potenziale delle nuove idee in circolazione.
L’arte
Ottimo il lavoro
svolto da Fabio Grimaldi, ancora una volta a fianco del Morales disegnatore. Il
duo conferma uno stile ligne claire "all'americana" in grado
di conferire una costante espressività ai vari personaggi e una profondità di
campo sempre attenta. Ottimi gli sfondi, che dovrebbero essere opera proprio di
Grimaldi. Ci si augura che l’autore rimanga nello staff mysteriano anche
"a solo".
La copertina di
Giancarlo Alessandrini mette in scena una Tiamat poco somigliante a quella
mostrata nel fumetto, ma nel complesso il gioco di colori orchestrato da
Alessandro Muscillo e il Martin in posa da eroe offrono un disegno godibile.
Da segnalare come
i risguardi interni siano firmati Carlo Velardi (sviluppatore dell'App per IPad
dedicata a MM).
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