Martin Mystére 311
"L’orizzonte
degli eventi”
Di Paolo Morales
e Giancarlo Alessandrini
Ottobre 2010
Ottobre 2010
Pur vantando l’arte di
Giancarlo Alessandrini, per di più poco addomesticata dalla redazione, questo
albo si rivela deludente. La storia ruota intorno a una leggenda
metropolitana, se così la si può definire, ma è sviluppata ignorando gli
aspetti più noti della fisica dei buchi neri, nonostante si vanti l'apporto di presunti
consulenti universitari esperti del tema (consulenti a cui farebbe bene partire dai rudimenti, magari guardando un mini-documentario di Kurzgesagt).
In questo fumettone, il mini-buco nero che un esperimento del CERN genera, lungi dall’essere a-dimensionale, si rivela invece simile a una massa spugnosa in rapida espansione, che "inzuppa" la Terra, allargandosi a macchia d’olio, proprio come se si trattasse di inchiostro su carta assorbente. E ancora peggio, questo "buco nero", lungi dall’avere un pozzo gravitazionale spaventoso, coesiste col paesaggio circostante, coi veicoli umani, con ogni cosa. Questo "buco nero", òungi dallo sprofondare al centro della Terra per inghiottirla progressivamente, si mantiene apparentemente in superficie, dilagando senza causare sconvolgimenti geologici a catena.
Sembra quasi che gli unici effetti che esso causa siano quelli compatibili col film 2012 di Roland Emmerich, come se l’unica ragion d’essere di questo fumettone sia replicare qualche scena catastrofista (opportunamente modificata per evitare querele per plagio) di quel film, inserendovi a forza una selezione innocua e puramente presenzialista del cast di Martin Mystère. A parte le facce e i nomi di costoro, infatti, non c’è molto altro che giustifichi l’appartenenza di questa storia alla serie di Martin Mystère: citiamo per esempio Agarthi, Altrove e l’organizzazione degli Uomini In Nero: qualche loro rappresentante c’è, ma nessuno sembra capace di affrontare questa emergenza planetaria, nonostante la vastissima messe di risorse a loro disposizione. Non diciamo che la debbano sconfiggere, ma potrebbero "controllare i danni", per esempio organizzando un esodo di massa della popolazione (e non serve spiegare dove, vero?). Questo aspetto è totalmente assente dalla trama, confermando la superficialità dell’approccio al concetto di base, già clamorosamente annunciata con l'infantile raffigurazione del buco nero (tanto che sarebbe stato opportuno dargli un nome diverso, almeno per salvare la faccia di un fumetto che vorrebbe lottare a fianco del CICAP e smontare le bufale pseudoscientifiche).
Superficiale è anche la soluzione della catastrofe: non tanto per il tema stra-abusato del viaggio a ritroso nel tempo per evitare che l’evento si verifichi, quanto per il metodo scelto. Alcuni astronauti, miracolosamente scampati al disastro, trovano casualmente alla deriva nello spazio alcune barre composte di un materiale più denso del buco nero: gettandole nel buco, riescono a farle tornare nel passato per fungere da avvertimento. Se finora avevamo elencato idiozie da bar, ora l’assurdità della fisica descritta va oltre ogni limite, perchè ignora anche la logica più banale: le barre in questione, per essere più dense di un buco nero, dovrebbero essere a loro volta buchi neri; e invece vengono manipolate senza problemi dagli astronauti. La Terra, divenuta un unico buco nero a tre dimensioni e di volume invariato, dovrebbe avere un’attrazione gravitazionale capace di devastare l’intero sistema solare; invece non interferisce nemmeno col volo dello space shuttle della sequenza finale. Ci piacerebbe sorvolare su qualcosa, ma un conto è una leggera forzatura, per la quale esiste la suspension of disbelief; un altro conto è stravolgere radicalmente la definizione stessa di un classico della fantascienza (per ottenere cosa, esattamente? Una brutta copia di un film catastrofista?).
In questo fumettone, il mini-buco nero che un esperimento del CERN genera, lungi dall’essere a-dimensionale, si rivela invece simile a una massa spugnosa in rapida espansione, che "inzuppa" la Terra, allargandosi a macchia d’olio, proprio come se si trattasse di inchiostro su carta assorbente. E ancora peggio, questo "buco nero", lungi dall’avere un pozzo gravitazionale spaventoso, coesiste col paesaggio circostante, coi veicoli umani, con ogni cosa. Questo "buco nero", òungi dallo sprofondare al centro della Terra per inghiottirla progressivamente, si mantiene apparentemente in superficie, dilagando senza causare sconvolgimenti geologici a catena.
Sembra quasi che gli unici effetti che esso causa siano quelli compatibili col film 2012 di Roland Emmerich, come se l’unica ragion d’essere di questo fumettone sia replicare qualche scena catastrofista (opportunamente modificata per evitare querele per plagio) di quel film, inserendovi a forza una selezione innocua e puramente presenzialista del cast di Martin Mystère. A parte le facce e i nomi di costoro, infatti, non c’è molto altro che giustifichi l’appartenenza di questa storia alla serie di Martin Mystère: citiamo per esempio Agarthi, Altrove e l’organizzazione degli Uomini In Nero: qualche loro rappresentante c’è, ma nessuno sembra capace di affrontare questa emergenza planetaria, nonostante la vastissima messe di risorse a loro disposizione. Non diciamo che la debbano sconfiggere, ma potrebbero "controllare i danni", per esempio organizzando un esodo di massa della popolazione (e non serve spiegare dove, vero?). Questo aspetto è totalmente assente dalla trama, confermando la superficialità dell’approccio al concetto di base, già clamorosamente annunciata con l'infantile raffigurazione del buco nero (tanto che sarebbe stato opportuno dargli un nome diverso, almeno per salvare la faccia di un fumetto che vorrebbe lottare a fianco del CICAP e smontare le bufale pseudoscientifiche).
Superficiale è anche la soluzione della catastrofe: non tanto per il tema stra-abusato del viaggio a ritroso nel tempo per evitare che l’evento si verifichi, quanto per il metodo scelto. Alcuni astronauti, miracolosamente scampati al disastro, trovano casualmente alla deriva nello spazio alcune barre composte di un materiale più denso del buco nero: gettandole nel buco, riescono a farle tornare nel passato per fungere da avvertimento. Se finora avevamo elencato idiozie da bar, ora l’assurdità della fisica descritta va oltre ogni limite, perchè ignora anche la logica più banale: le barre in questione, per essere più dense di un buco nero, dovrebbero essere a loro volta buchi neri; e invece vengono manipolate senza problemi dagli astronauti. La Terra, divenuta un unico buco nero a tre dimensioni e di volume invariato, dovrebbe avere un’attrazione gravitazionale capace di devastare l’intero sistema solare; invece non interferisce nemmeno col volo dello space shuttle della sequenza finale. Ci piacerebbe sorvolare su qualcosa, ma un conto è una leggera forzatura, per la quale esiste la suspension of disbelief; un altro conto è stravolgere radicalmente la definizione stessa di un classico della fantascienza (per ottenere cosa, esattamente? Una brutta copia di un film catastrofista?).
Come è approssimativa la
gestione della (debole) trama, altrettanto dozzinale è la gestione
dell’universo di Martin Mystère e, soprattutto, del motivo per cui la salvezza possa provenire solo dal protagonista: solamente il Murchadna di Martin può far evaporare il mini-buco nero. Per soddisfare i requisiti minimi, Orloff viene messo in scena (e poi scaricato), ma si omette del tutto di spiegare perchè non possa essere utilizzato un qualsiasi altro Murchadna in mano a una qualsiasi delle numerose organizzazioni presenti nella serie: in più di un caso sono comparsi personaggi a conoscenza dei Murchadna, per non dire di un certo deposito con numerose armi di questo tipo. E' difficile credere che, di colpo, tutte queste risorse siano inaccessibili (e ancor peggio, non ve ne siano altre). Sempre a proposito di gruppi di potere, organizzazioni tentacolari e popoli segreti, la serie ne contempla moltissimi: eppure, nessuno di essi interviene per combattere una minaccia che li spazzerà via tutti. O forse è meglio dire che la storia non è interessata a metterli
in scena o anche solo a considerarli: preferisce invece dipingere un universo
totalmente non-mysteriano, come se in verità Martin fosse uscito dal "suo" mondo
per entrare in quello “normale” di 2012, dove il paranormale non esiste. Esaurite le scene catastrofiche riempitive, nelle pagine che avanzano, si sceglie di concentrarsi su scene simil-piccanti e
voyeuristiche, oppure di calcare il piede sul pedale della retorica
strappalacrime.
Nel finale della
storia, anche il “tema sociale”, inserito smaccatamente a forza, viene risolto
con la stessa superficialità con cui è stato gestito: il “poliziotto cattivo”,
stereotipo vivente così spudorato da essere ridicolo, si auto-denuncia durante
il processo, dichiarando cose abominevoli che egli sa benissimo causeranno la
sua rovina. Con buona pace delle forze
dell’ordine e del vero problema di chi sorveglia i sorveglianti, dato che l’epilogo regala la falsa illusione che la giustizia si ottenga attendendo che i pesci piccoli si rovinino spontaneamente dopo essere stati convocati in tribunale.
E ora che abbiamo
completato la critica all’albo, segnaliamo la discussione sul forum di
Agarthi e ci esibiamo in una variante buffonesca e sghignazzante della
recensione stessa, basata su una trama parodistica che era stata ideata per la
saga a fumetti di Get A Life!
Non tutte le
storie riescono col buco
Strilli di copertina!
Annunci in piazza! Questa storia si avvale della consulenza di alcuni tizi che
si intendono di fisica e ci campano, tipo dottoroni di un qualche non meglio
precisato ente con sede a Roma, oppure anche no, che forse invece passavano
solo lì davanti ben vestiti e qualcuno li ha scambiati per luminari dell'oscura materia (ma non della materia oscura).
Embè, comunque sia,
che c’è di strano? E’ Martin Mystere, mica Soldino: l’ampia
documentazione è all’ordine del giorno. O forse lo era, visto che adesso lo si
annuncia come una nouvelle extraordinaire. D’altra parte, excusatio
non petita… sarà mica un tentativo di mettere le mani in avanti e di pararsi
il buco nero (quell’altro)?
Per cercare di
scoprirlo, uno si cimenta nel leggere la storia, facendo attenzione a quello
che c’è nelle didascalie, che però non ci sono. Ma come, non era questa la
serie famosa per le sue spiegazioni noiose? Mah, si vede che la consulenza
degli insigni non poteva essere condensata in poche righe, e quindi è stata omessa in toto.
E così, Martin Mystere
si fa stirare da un taxi durante una faccenda di impegnata riflessione sociale sul
degrado urbano da poster delle belle intenzioni, che non si vede cosa
c’azzecchi con il resto della storia, ma che c’entra? E’ come infilarci tre
pagine di Shakespeare scelte a caso per tirare la quota obbligatoria e dire che
è cultura, quindi va bene – ehi, ma eccola, la cultura! Solo che è quella
sbagliata.
Ed ecco che, nel
mentre, succede qualcosa che non c’azzecca nulla né con la denuncia sociale, né
con il bardo immortale né con niente: sarà mica proprio questo il tema
dell’albo?
Non si sa, ma intanto
quei simpatici pasticcioni del CERN ne combinano un’altra delle loro. E cosa
mai sarà? Dimenticano un lattina sui binari invalidando sei mesi di
esperimenti? A Luigi si è rotto l’orologio e quindi credono che i neutrini
corrano più veloci della luce?
Macchè: questa volta
riescono a mandare in porto un esperimento. Roba mai vista, da fantascienza, da
futuri alternativi, da puro fantasy con pegasi, folletti e rane magiche.
E cos’è che succede, guarda un po’ te? Ma naturalmente, succede quello che da
anni rimbalza sulle rubriche scientifiche estive dei quotidiani a corto di
notizie e in cerca di emozioni facili per i lettori. Persino Valerio
Evangelisti ci aveva fatto un pensierino, ma poi ha preferito scrivere un
romanzo vero.
Ma tant’è: succede che
l’esperimento genera un mini-buco nero nel CERN (o lo apre? I buchi neri si
aprono? Si scavano?) che gli scienziatoni provvedono con grande solerzia a
mettere al sicuro.
Al sicuro? E come lo
si mette al sicuro, un buco nero? Ma semplicemente gli si assegna una stanza e
gli si dice di stare lì dentro, e magicamente questo cugino It in versione
svizzera obbedisce.
Curioso, verrebbe da
dire: un buco nero che non assorbe niente, nemmeno le molecole dell’atmosfera
circostante: non c’è risucchio, non c’è alterazione della gravità, non c’è
niente. E’ proprio come una nuvoletta fantozziana che se ne sta lì a incombere
non-minacciosamente. Ma è un fantolino, deve ancora crescere e farsi le ossa,
no? Dategli tempo, poverino: deve fare con comodo, mica subire pressioni per correre di qua e di là.
C’è la consulenza dei
dottoroni dietro questa storia, per cui sarà così che funzionano le cose. Io
non ne ho mai visto uno di mini-buchi neri, per cui mica posso dire che non è
vero. E voi?
Di certo questi
signori, rimasti rigorosamente anonimi (sicuramente per preservarsi il
cadreghino statale), forniscono consulenze di qualità, roba da tunnel del Gran
Sasso, da mandare in estasi gli addetti stampa (silurati) della ex-ministra
Gelmini e candidarli al Nobel per la Fisica (che almeno loro avevano fatto
tutto da soli).
Sicuramente c’è la
scusante. Troppa coda alla vaccinara? Una pajata pesantina, seguita da polenta
e luganeghe per celebrare qualche comunione geografico-politica stile
Bossi-Polverini? E chi mai avrà imboccato chi, questa volta?
Non si sa, ma si spera
che almeno lì il buco giusto l’abbiano infilato, perché sarebbe l’unico di
tutta la vicenda.
Curiosamente, il nostro mini-buco
nero si espande ovunque, senza che nessuna delle n-mila potenze mondiali
mysteriose muova un dito: Agarthi, Altrove, gli Uomini In Nero, la setta di
qui, gli alieni di là, i maghi, i santoni, il piccolo popolo, i mostri,
Cthulhu, le cartomanti unite e chiunque altro. Guardavano tutti dall’altra
parte quando è successo.
E crescendo, il buco
nero inzuppa la carta circostante, ma continua a non risucchiare un bel
niente. Ops, abbiamo detto carta? Volevamo dire che è una macchia d’inchiostro
che si stende sulla Terra (sarà mica una metafora ardita del fumetto stesso?
Meta-auto-referenzialità?). Ma no, volevamo dire che è sicuramente così che
funzionano i buchi neri: si allargano senza risucchiare l’atmosfera, senza
sconvolgere la gravità, senza causare devastazioni nelle faglie sismiche.
Sicuramente, vista la consulenza dotta, questo è verbo incarnato: si spandono, come
macchie d’olio sull’acqua, ma senza scendere in profondità e senza turbare i
meccanismi della narrazione stile episodio riempitivo di telefilm.
Non che importi: come
dice Altan, “Emozionatemi che sennò mi tocca pensare”. E Martin Mystere è
morto, no? Quindi è il momento di darci dentro con la retorica e la commozione,
distraendo il lettore dal nonsense dell’impianto narrativo con una bella
sfilata di amici al funerale. Ma guardate te, Chris Tower, Sergej Orloff, Kut
Humi (?). Allora ci sono! Quei tipi che controllano le dimensioni, saltano nel
tempo, combattono demoni, salvano il mondo. Ma nessuno di loro sa gestire il
buco d’inchiostro a espansione ultra-rallentata e semi-innocua. Così va la
vita. O non va, se lo chiedete a Martin.
Poi le cose
peggiorano: il buco fa sparire lo strato di ozono (che è più in alto), ma il resto dell'aria (che è più in basso) invece no, e infatti i personaggi respirano (sarà un buco schizzinoso, anzi choosy, che sceglie cosa assorbire? Sicuramente,
la Fisica dei consulenti della pajata ce lo insegna), il pianeta resta sul suo asse, la gravità resta
immutata. E' poesia pura, sciocchi, mica scienza: è il Nulla di Atreyu e de “La Storia Infinita” che
inghiotte lentamente le cose ma nessuno ci fa caso: ci sarà mica Ende tra i
rigorosi consulenti scientifici?
Ma la fantàsia non si
ferma mica qui, perché dopo che la Terra (e solo quella) è stata inghiottita
(con altre scene strappalacrime di gente che si suicida evitando di mettersi la
protezione solare), ecco che gli astronauti-ex-machina salvano capra e cavoli trovando il
nemico naturale dei buchi d’inchiostro: sbarre di materia più densa dei buchi
neri! Ma come, trasecoliamo: non è mica la densità assoluta a caratterizzare i
buchi neri? Si vede che nel tunnel tra qui e il Gran Sasso ci sono più cose di
quante la filosofia di Orazio ne contempli.
Gli astronauti
prendono questi lingotti (saranno mica gessetti? Carta assorbente a cubetti?) e
li buttano nel buco nero, alle cui forze (ma allora esistono!) sopravvivono,
perchè sono più densi. Ma, se la logica non è finita nel cesso anzi nel buco,
non sarebbero allora questi lingotti i veri buchi neri? E se sono così densi,
non hanno una attrazione di gravità micidiale? E basta con queste domande sulla scorciatoia disperata, la
storia deve finire fra poche pagine!
Come in tutti i futuri
alternativi già visti sette miliardi di volte, il balzo nel tempo permette di
tornare nel presente e sventare quel futuro sgradito (ma chi lo dice qual è il
presente? Deve essere per forza il 2010? Non poteva essere il 1997?). Martin
risponde al telefono e così facendo evita di essere stirato dal taxi, usa la
sua pistola magica quasi-unica-salvo-quando-ne-saltano-fuori-interi-magazzini-ricolmi per spegnere l’inchiostro prima che tracimi sull’Europa e
occluda il tunnel Gelmini-Gran Sasso, ci regala un flashback inutile e tutti
festeggiano per un pericolo che non sanno di avere scampato perché loro la
storia non l’hanno letta (fortunati).
Non è finita: non c'era spazio per rendere credibile la storia o per le didascalie dei consulenti, ma per il fumo negli occhi che poi farà innalzare gli osanna alla "storia impegnata" (due pagine su duecento), lo spazio c'è sempre. Ed ecco che arriva il trionfo della
consolazione consolatoria e della riflessione sociale da bar (che non c’azzecca nulla, ma era già lì); ed ecco anche che il malvagio e bieco poliziotto razzista si rivela un tale stereotipo
da essere anche incredibilmente stupido e senza avvocato, visto che nel bel
mezzo del processo si esibisce in omicide invettive razziste che lo farebbero
condannare anche se avesse l’entourage di legulei parlamentari di Berlusconi a
difenderlo.
E così la bontà e la
giustizia trionfano nella rassicurante fiaba fantasy per bambini al di sotto dei cinque anni, con buona pace della realtà,
dove i malvagi non si auto-denunciano in tribunale e i buchi neri a orologeria
non esistono.
Ma dopotutto, chi di
voi ne ha mai visto uno? E allora state zitti.
Nessun commento:
Posta un commento